Brasile. La solitudine del manifestante

[author] [author_image timthumb=’on’]https://fbcdn-profile-a.akamaihd.net/hprofile-ak-ash4/c154.33.413.413/s148x148/223998_100840483341372_4767208_n.jpg[/author_image] [author_info]Alberto Riva. Sono nato a Milano nel 1970. Ho scritto la biografia di Enrico Rava «Note Necessarie» (minimum fax, 2004); il reportage su Rio de Janeiro «Seguire i pappagalli fino alla fine» (Il Saggiatore, 2008); nel 2011 è uscito il mio primo romanzo, «Sete», per Mondadori. Ho curato l’edizione de «Il mondo è ingiusto» di Oscar Niemeyer (Mondadori, 2012) e di «Parliamo di musica» di Stefano Bollani (Mondadori, 2013). Dal 2005 al 2009 ho fatto il corrispondente da Rio per Apcom/TmNews. Dal 1997 al 2003 ho condotto la trasmissione «Jazz Anthology» su Radiopopolare di Milano. Nel 2006 ho ideato il disco «Carioca» di Stefano Bollani uscito nel 2008 per Universal Music. Tra l’Italia e il Brasile, continuo scrivendo, leggendo e ascoltando. Il mio blog personale ha lo stesso nome, L’Osservatore Carioca http://albertorivablog.wordpress.com/ Su Twitter sono @albertux_riva [/author_info] [/author]

Io dico che sono stati bravi quei brasiliani che hanno approfittato dell’ultimo, surreale aumento del costo del biglietto dell’autobus per mettere alla prova gli ingranaggi  democratici del paese più chiacchierato e meno conosciuto del nostro universo. Inutile perderci tempo: io ci ho provato per anni. Non si riesce a capire perché del Brasile non si riescano a divulgare normalmente cose che per altri paesi sono ormai passate in giudicato. Esempio: la poesia. In Brasile ci sono due poeti, uno morto e uno vivo, che sono senza alcun dubbio della statura di Neruda, di Octavio Paz, della Szymborska. Quello vivo si chiama Ferreira Gullar e quello morto Mario Quintana.

Due immensi, due voci sublimi: quei grandi poeti di versi moderni, che funambolizzano nella tragedia e nell’ironia, stanno tra la Storia e i loro dormiveglia e parlano della nostra vita e dei nostri risvegli. Allora Quintana, di Porto Alegre, non è mai stato tradotto qui, tranne forse eccezioni su riviste e in corsi universitari, e così pure Gullar, che per altro vive tutt’ora a Copacabana.
Non volevo però parlare di poesia, era solo un esempio. Volevo parlare del tempismo, ottimo, con cui le manifestazioni brasiliane contro il carovita aleggino intorno alle partite di calcio della Confederations Cup. Un modo come un altro per attirare l’attenzione, visto che le randellate della polizia brasiliana hanno molto meno appeal delle medesime randellate della polizia turca. I brasiliani, in fondo, sono allegri, non devono essere presi molto sul serio.
Se le medesime randellate le avessimo viste svolazzare intorno a partite di calcio turche, o siriane, o birmane, le avremmo prese molto più sul serio. Ma in Brasile c’è Copacabana, c’è il Cristo Rendetore con le sue belle braccia spalancate, ci sono Zico e Junior che palleggiano 76 minuti con un piede, e così i simpatici bambini denutriti delle favelas del Complesso da Maré, a 25 minuti di strada da Ipanema, che però sorridono e palleggiano, e quindi, in Brasile, le randellate…
Schermata 2013-06-17 alle 23.21.45
Che poi, le randellate, sono le stesse che la polizia militare dedica quotidianamente a neri, poveri, disoccupati e qualche volta ai banditi delle periferie, favelas e latifondi brasiliani. In quei casi non c’è alcun smart-phone filmando, i colpi e il sangue evaporano nel buio, i nomi dei morti finiscono su verbali falsificati e chi si è visto si è visto. Sono migliaia ogni anno. Eppure nulla. Ormai siamo abituati a vederlo così, il Brasile, una simpatia di paese, dove il trasporto pubblico si prende il 25% del salario di un facchino. Il quale facchino ha tutta la stampa contro che volentieri lo taccia di vandalo, perché il Brasile non è pronto per una protesta del genere. Questo è il punto. Il manifestante urbano brasiliano è solo. E’ una figura che inquieta i brasiliani, non lo conoscono. Il manifestante brasiliano è un indio, massacrato dai fazendeiros armati di fucile. Il manifestante brasiliano è un nero di favela, ucciso (come scrissi in articolo anni fa) perché stava aggiustando una grondaia e il trapano sembrava, alla polizia di shock (già il nome…) un Uzi 9mm e dunque pam-pam, l’hanno seccato, e stava rattoppando la grondaia. Il manifestante brasiliano è solo come Chico Mendes e come la suora Dorothy Stang, i cui assassini sono in libertà. Il manifestante brasiliano è un fantasma.
Alberto Riva
Una poesia di Mario Quintana

 

Se il poeta parla di un gatto

Se il poeta parla di un gatto, di un fiore
di un vento che soffia per lande desolate e disvii
e non ha mai raggiunto la citta’…
se parla di un angolo mal illuminato…
di un’antica scala… del gioco del domino…
se parla di quegli obbedienti soldatini di piombo
che morivano sul serio
se parla di una mano tranciata in una scala a chiocciola
Se non parla di nulla
 e dice semplicemente tralala’…
Cosa importa?
Tutte le poesie sono d’amore!

(Traduzione A.Riva)

 



Lascia un commento