Oggi, secondo Hurriyet ,a Istanbul sono state arrestate 193 persone, di cui 22 fermate con l’accusa di appartenenza a organizzazioni violente e per proteste non autorizzate. L’ora dei conti è arrivata.
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/06/Schermata-2013-06-09-alle-20.48.03.png[/author_image] [author_info] di Sara Chiodaroli, da Istanbul. Milanese, dopo un Dottorato di ricerca sulla letteratura dell’immigrazione in Spagna e in Italia, dal 2012 è docente di Lingua Italiana e Spagnola a Istanbul[/author_info] [/author]
Dopo lo sgombero di Gezi Park sabato sera, le proteste della popolazione continuano no stop, non solo a Istanbul, ma ad Ankara, a Izmir e ad Adana.
Ma il tono delle proteste è mutato così come anche i toni del governo. Con la fine dell’occupazione del Parco e con la proposta risolutiva del referendum, per decidere le sorti dell’area verde a Taksim, il governo ha iniziato ad adottare un atteggiamento fermo nei confronti di ogni genere di manifestazione. Ascoltando le parole del Primo ministro Erdogan le proteste degli ultimi giorni non sono più “innocenti”, e non hanno ragione di essere, considerato l’atteggiamento democratico di ascolto mostrato dal governo – ricordiamo i ripetuti incontri tra Erdogan e i rappresentanti dei movimenti di Occupy Gezi la scorsa settimana. Insomma, la causa ecologista, a detta del premier, è stata ampiamente accolta e ascoltata, quindi a che pro portare avanti un movimento di resistenza che non fa che nuocere al Paese. I toni del primo ministro, in realtà mai morbidi nei confronti delle proteste sin dai primi giorni, si stanno però strutturando e rafforzando nelle ultime giornate.
Giro di boa, il meeting AKP tenutosi a Istanbul nella serata di domenica sera, a ventiquattro ore dallo sgombero di Gezi. Un meeting di partito strategico e fondamentale. La folla – si parla di più di un milione di persone – accorsa a Kazlicesme, alle porte di Istanbul, ha giocato mediaticamente a favore di un premier che crede ancora nel supporto massiccio dei suoi elettori e sostenitori, e che in questi giorni ha profondamente bisogno di mostrarlo al paese.
Il discorso, durato due ore, si è imperniato su una retorico del “noi” e del “loro”, un’opposizione già visibile, ma ancora più evidente da quando la voce di quella che lui definisce “minoranza” si è fatta sentire nelle piazze di tutto il Paese. Il volto di quella piazza raccolta intorno al proprio leader è stata presentata come sinonimo di democrazia pacifica, rispettosa del partito eletto democraticamente per ben due volte. Dall’altro si descrivono le proteste di strada come manifestazione di una violenza volta alla destabilizzazione di un equilibrio politico vincente. Quello delle proteste è un disegno politico, quindi, all’interno del quale, sostiene ancora il Premier, alcune lobby interne al paese e media internazionali hanno giocato un ruolo fondamentale. Come riporta Hurriyet oggi, 18 giugno, in un discorso tenuto al suo gruppo di partito, Erdogan ribadisce gli stessi concetti, “a Kazlicesme si sono riunite più di un milione di persone, senza far male a nessuno. Questa è la democrazia, questo significa adoperare sistemi democratici.” E “le organizzazioni dei media, i media internazionali hanno agito in maniera professionale contro gli interessi del Paese. I social media si sono attrezzati al meglio. Lobby all’interno del nostro paese, alcune organizzazioni da dentro e da fuori, si sono preparate per questo lavoro”. Le proteste di Gezi “sono state pubblicizzate come un atto innocente in nome dell’ambiente, ma in realtà questa è un’immagine distorta”. Il viaggio di Erdogan tra i suoi sostenitori non finisce qui; venerdì, sabato e domenica, previsti meeting a Kayseri, Samsun e Erzurum. Ma senza dubbio, l’auditorium di Istanbul ha rappresentato una partenza importante per la nuova consapevolezza del leader.
Mentre il premier lavora per ritrovare una legittimità indebolita da settimane di tensione, la situazione per le strade della città è incandescente e non ha dato segni di miglioramento. Sabato sera, quando Gezi è stato sgomberato, la zona attigua a Taksim è stata asserragliata di forze di polizia alla ricerca degli ex occupanti del parco. Inseguimenti per Istiklal, irruzione nell’ospedale tedesco e nell’Hotel Divan ad Harbiye, che per settimane si era servito come infermeria per i feriti. Insomma, lo sgombero dello spazio occupato ha dato il via a un nuovo attacco violento e, come conseguenza, a nuove ondate di proteste da parte della popolazione.
Migliaia di persone provenienti dalla parte asiatica della città hanno tentato di raggiungere la parte europea. Si è creato un circolo vizioso di attacco e resistenza che sembra non aver fine. Negli ultimi giorni, inoltre le proteste serali si stanno concentrando nei quartieri. Tra le zone più accese è il quartiere di Osmanbey – Nisantasi, a qualche kilometro da Taksim. La polizia ha usato ancora gas e lanci d’acqua (a base urticante) per disperdere le persone. Fatto da sottolineare è il disegno delle autorità: obiettivo delle ultime ore non è più solo la dispersione delle proteste, ma anche l’individuazione di soggetti pericolosi, coinvolti in atti illegali. Questo è il sintomo della retorica del Premier negli ultimi giorni. Infatti, dal momento che ormai il caso Gezi è stato in qualche modo “risolto” con la risoluzione del governo, gli assembramenti nelle strade del paese verranno interpretate come azioni ai danni dello Stato. Come riporta BBC Turkey ieri, 17 giugno, il Ministro dell’Interno Bulent Arinç ha dichiarato che da questo momento la polizia userà tutta l’autorità necessaria di cui dispone, se non dovesse bastare si ricorrerà all’esercito “al governo è richiesto di porre fine a tutto questo perché dopo Gezi le proteste sono ben oltre la legalità”. Ieri, giornata importante per lo sciopero indetto dalla Confederazione dei sindacati (DISk), la Confederazione dei dipendenti pubblici (KESK), Unione delle Camere di ingegneri turchi e Architetti (TMMOB), Associazione Medici Turchi (TTB), l’associazione dentisti turchi (TDA) in protesta alle misure adottate dal governo. I manifestanti sono stati caricati dalla polizia, il corteo è stato interrotto. Significativa la partecipazione dell’unione sindacale dei medici, perché sempre negli ultimi giorni anche i medici volontari che soccorrevano i feriti durante le protesta sono stati coinvolti nei discorsi del governo, definiti sostenitori delle violenze. Accusa aggravata dall’arresto, ieri, di due medici che, secondo il sindaco di Istanbul Huseyin Avni Mutlu “Erano finti medici e non avevano nulla a che fare con la medicina. Uno di loro, infatti, ha precedenti criminali alla spalle”.
Di oggi, 18 giugno, la notizia che la squadra anti-terrorismo ha effettuato dei raid, a Istanbul e Ankara, nelle abitazioni di alcune persone alla ricerca di manifestanti appartenenti a partiti o gruppi politici di sinistra. Hurriyet riporta un tweet della deputata Sırrı Süreyya Önder del partito BDP (Partito per la pace e la democrazia): 70 persone appartenenti al partito ESP (Partito socialista degli Oppressi) e al gruppo Marxista-leninista sono in stato di arresto. Sempre secondo Hurriyet a Istanbul sono state arrestate 193 persone, di cui 22 fermate con l’accusa di appartenenza a organizzazioni violente e per proteste non autorizzate. Ad Ankara la polizia si è recata a 26 domicili alla ricerca di persone che avrebbero partecipato alle dimostrazioni in supporto a Gezi nella capitale.
L’ora dei conti è arrivata.