Siria, vietato dimenticare

Scongiurato, per ora, un attacco esterno, non bisogna abbandonare di nuovo i civili

 di Christian Elia

15 settembre 2013. La tre giorni di Ginevra si conclude con un monito ad Assad: non c’è da tirare il fiato. Le armi chimiche vanno consegnate entro e non oltre la metà del 2014, mentre gli osservatori delle Nazioni Unite dovranno liberamente muoversi sul terreno siriano non più tardi del prossimo novembre.

Se il regime di Damasco non lo farà, l’opzione armata resta sul terreno, anche se il citato Capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite, come copertura di diritto internazionale, farebbe storcere il naso a non pochi giuristi, in quanto manca l’aggressione di uno stato contro un altro.

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Il diritto internazionale, però, da tempo ha smesso di essere stella cometa per diventare coperta da tirare a seconda della convenienza. Quello che resta sul tappeto è – per il momento – che l’attacco Usa è stato scongiurato.

C’è da esultare? No, mai di fronte alla morte di 100mila persone. Analizzando tutti gli altri interventi degli Usa, con o senza partner internazionali, c’è però da constatare che si è evitato un bombardamento inutile, che non avrebbe puntato alla rimozione di Assad (come chiarito subito dal presidente Usa Obama) e avrebbe fatto altre vittime tra i civili.

Sarebbe stato un errore, almeno quanto lo sarebbe adesso rimettersi seduti davanti alla televisione a guardar massacrare il popolo siriano. L’indifferenza criminale o la complicità faziosa dimostrata per due anni e mezzo da tutta la comunità internazionale rispetto al conflitto siriano deve cessare immediatamente.

La Russia, come mostra il gongolante ministro degli Esteri Lavrov, ha incassato una vittoria diplomatica. L’asse sciita vicino ad Assad, da Hezbollah all’Iran, tira un sospiro di sollievo. Gli Usa, con mille critiche, hanno mostrato di rendersi conto che in Siria la gente muore e per la tiepida opinione pubblica statunitense, ancora scottata da Iraq e Afghanistan, potrebbe essere sufficiente. L’Ue non ha dovuto decidere e come sempre questa è l’opzione che predilige. L’Onu ha evitato l’ennesima umiliazione, con un attacco senza il suo via libera, annunciando che Assad è un criminale di guerra.

Mideast Syria

Tutti contenti? No, non tutti. In primis i ribelli, che da un attacco esterno, almeno in massima parte, speravano in un indebolimento del nucleo militare del regime. Di sicuro non sono felici i civili siriani, massacrati da due anni e mezzo. A loro bisogna pensare. Perché, come invece denuncia il rapporto della commissione d’inchiesta del Consiglio dei Diritti Umani, guidata dal brasiliano Paulo Sergio Pinheir, i crimini li hanno commessi sia i lealisti che i ribelli.

Questo deve comportare una sorta di distacco dalla questione siriana? Se la vedano tra loro? Assolutamente il contrario, ma l’attacco esterno non avrebbe risolto nulla, come sempre. Chi nega che in guerra nessuno è innocente, eccezion fatta per i civili, o è un utile (alla causa di qualcuno) idiota o è prezzolato (da qualcun altro). O peggio ancora non ha mai visto una guerra, nascondendosi dietro un account facebook o twitter dando del ‘pacifinto’ a chi non la pensa come lui.

Quello che adesso renderebbe vano tutto quello che è accaduto in questi giorni sarebbe tornare a guardare dall’altra parte. Ginevra deve essere il punto di partenza di un rapido percorso diplomatico, che coinvolga Cina, Russia, Iran, Libano e Turchia, oltre ad Arabia Saudita, Qatar, Ue, Onu e Usa. Il resto sono chiacchiere.

L’opzione che deve rimanere sul terreno è la transizione. Nessuno può, avendo la coscienza pulita, non ritenere il lascia passare concesso a Ben Alì in Tunisia o a Saleh in Yemen un’infamia. Ma è probabile che bisognerà immaginare un governo di unità nazionale che, vedendo partire Assad per un luogo altro, permetta a tutte le anime della società civile siriana di sedersi attorno a un tavolo e ragionare del proprio futuro, magari con l’interposizione sul territorio di una forza internazionale che non bombardi dal mare anonimi edifici, ma controlli il Paese. Modello Libano dopo il 2006, per intenderci, non certo modello Afghanistan o Iraq.

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Il fatto che per far cessare il massacro Assad la passerebbe liscia rispetto agli orrori che ha perpetrato dal 2000 a oggi, non certo solo dal 2011 (per non parlare del padre Hafez), è dura da digerire. Non meno dell’immunità perpetua di Israele per i crimini di guerra e contro l’umanità che compie ogni giorno in Palestina. Non meno dei crimini commessi da Usa e Gran Bretagna in Afghanistan e Iraq, passando per Guantanamo. Non meno dei massacri della famiglia reale del Bahrein che invece è ritenuto alleato prezioso.

In questa fase è obbligo morale e politico del movimento non violento sfruttare questa seppur embrionale mobilitazione attorno al no all’intervento in Siria per tornare a rendersi vivo e visibile. Le persone che lottano contro gli F35 sono un altro pezzo di questo mondo, che deve tornare a far sentire la sua voce, cercando sponde in Parlamento e mettendo pressione al Governo.

Ginevra è l’inizio, non la fine. Se non cambierà nulla, sarà la sconfitta più grave, quella che denuncia come un mondo sia sparito dall’agenda politica italiana e internazionale. I civili siriani sono allo stremo, ogni giorno perso è un crimine grave, come le bombe e violenze.



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