Photo requests from solitary

[author] [author_image timthumb=’on’]https://fbcdn-sphotos-b-a.akamaihd.net/hphotos-ak-prn2/208826_10151525732097904_583330344_n.jpg[/author_image] [author_info]Leonardo Brogioni, fotografo, fondatore di Polifemo. Per QCodeMag autore della rubrica HarryPopper[/author_info] [/author]

Nel carcere Tamms C-Max, situato nella punta più a sud dell’Illinois a 360 miglia da Chicago, ogni prigioniero era tenuto in isolamento permanente. Il penitenziario era stato progettato per imporre le privazioni più estreme. Niente suoni, né vista sul mondo esterno: una stretta finestra in ogni cella, in alto sulla parete sopra il letto, permetteva ai detenuti solo una visione parziale del cielo. I prigionieri non lasciavano mai le loro celle, tranne che per fare la doccia o per fare ginnastica da soli in una gabbia di cemento. Non c’erano attività comuni, telefonate, lavoro o visite che prevedessero contatti con persone. Anche il cibo veniva servito attraverso uno sportello nella porta della cella.

Tentativi di suicidio, automutilazione, psicosi e gravi disturbi mentali erano comuni al Tamms. Era stato aperto nel 1998 per detenzioni a breve termine, affinché i detenuti trascorressero un anno di “terapia d’urto”. Nel 2008 però più di un terzo dei prigionieri originari erano stati nel Tamms per un decennio. È stato allora, nel decimo anniversario della sua apertura, che un gruppo di attivisti volontari si è riunito per protestare contro le politiche disumane praticate al suo interno. Un’associazione di ex carcerati nel Tamms, familiari di detenuti, artisti, avvocati e altre persone di coscienza ha così dato vita alla campagna Tamms Year Ten, avviando un programma di eventi politici, culturali ed educativi per pubblicizzare le condizioni al C-Max e persuadere il governatore dell’Illinois a riformare la prigione.

Grazie al loro impegno il Tamms C-Max è stato finalmente chiuso il 4 gennaio 2013, dopo anni di lotta intensa e persistente.

Tra le varie iniziative organizzate prima della chiusura i volontari di Tamms Year Ten ne hanno portato a termine una chiamata “Photo Requests from Solitary”.

Hanno invitato i detenuti del Tamms a richiedere fotografie di qualsiasi cosa, reale o immaginata che fosse. Per uomini che non vedevano altro che muri di cemento grigio, questo progetto voleva essere l’occasione per guardare qualcosa che volevano vedere, che erano abituati a vedere o che non avrebbero mai più potuto vedere.

Fotografi di tutto il mondo hanno lavorato per soddisfare le loro domande. A volte una singola richiesta ha prodotto molte fotografie e in questo caso gli uomini nel Tamms hanno ricevuto molteplici interpretazioni.

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Photo requests from solitary

Request: “I would like my own picture done with an alternate background from the IDOC picture. I have no pictures of myself to give my friends and family. This would mean a great deal to me. If this is not able to be done. Then I’ll leave the picture for you to decide. Additional instructions: If you can place my picture on another background. Nothing too much please. Something simple like a blue sky with clouds or a sunset in the distance would be fine”. Photo by Laurie Jo Reynolds and Chris X

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La lista delle richieste dei detenuti è tanto inquietante quanto le immagini realizzate per soddisfarla. Certo nel loro insieme queste fotografie forniscono un archivio delle speranze, dei ricordi e degli interessi degli uomini in isolamento (come da intento degli attivisti). Sono cioè uno spaccato del microcosmo Tamms che evidenzia uno stato mentale prevedibilmente segnato da un isolamento duro, considerato una forma di tortura.

Ma oltre a ciò c’è da dire che le foto volute dai detenuti non sono strumenti per ottenere un ricordo o una riproduzione della realtà. La maggior parte è una rappresentazione di fantasie, sogni, desideri, visioni. Le assimilate possibilità di manipolazione e di creazione digitale di un’immagine fanno ormai pensare alla fotografia come ad un’illustrazione visionaria del reale. L’elemento fotografico è indispensabile tanto quanto la post produzione, perché la rappresentazione del brandello di realtà in esso contenuto rende l’immagine quasi credibile (sicuramente più vera di un disegno, certamente più piacevole del vissuto di questi uomini).

Le fotografie realizzate per l’iniziativa sono visibili fino al 29 settembre nella mostra “Photo Requests from Solitary” allestita nell’ambito del festival Photoville, Pier 5, 360 Furman St., Brooklyn Bridge Park, 11201 New York.

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Photo requests from solitary

Request: “5. A photograph within a photo of me + the lake front.
5. A photograph within a photo of me + Navy Pier.
5. A photograph within a photo of me + wild lions.
5. A photograph within a photo of me + wild wolves.
5. A photograph within a photo of me + Chinese Dragon. For next Christmas mailing of cards. Additional instructions: Yes, please place me in the right, upper corner of the photos within a photo + make copies of them 5 each. Thank you very much + many blessings ♥. Get my photo off the Tamms prison profile website”. Photo by Kate Joyce

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Photo request from solitary

Request: “This person (whose picture I have sent) = my mother standing in front of a mansion, or big castle with a bunch of money on the ground. Or if you can’t do that, than substitution is a big mansion or castle with a bunch of money in front of it and a black Hummer parked in front of it. Additional instructions: I truly appreciate this a lot. I have been trying to get a picture of this, for a long time now. I appreciate this a lot too. Thank You. Please send the picture back when you are finished. We can’t receive Polaroids, just regular pictures that is 15 pictures, but 10 per envelope. Well I’m sending you 2 poems I made up and the form for the photograph for me and some other magazines. Hope this is fine, too. I would truly appreciate it a lot from you. Helping me out. Especially I don’t have nobody out there. Now I know somebody out there in the world cares about us in here”. Photo by Cait NiSiomon

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