GLORIA
di Sebastian Lelio, con Paulina Garcia, Sergio Hernandez, Marcial Tagle, Diego Fontecilla, Fabiola Zamora, Antonia Santa Maria.
Uscita: 10 ottobre
di Irene Merli
Al Festival di Berlino critica e pubblico sono rimasti affascinati da questo piccolo grande film che viene dall’altra parte dell’emisfero. Non per nulla la protagonista, Paulina Garcia, ha vinto un meritatissimo Orso d’argento per la miglior interpretazione femminile.
Gloria, nome fortemente evocativo dal punto di visto cinematografico (chi non ricorda la magnifica Gena Rowlands di cassavetiana memoria?) è la storia di una donna di 58 anni che appartiene alla borghesia cilena illuminata, ha una casa e un lavoro a Santiago, due figli grandi, un marito da cui è divorziata da anni e un vicino mentalmente disturbato che le rende difficile dormire.
Ma Gloria non si è affatto arresa alle ferite della vita. e tantomeno al fatto di essere dimenticata dalla società, che in Cile come nel resto dell’Occidente pone come valore centrale la gioventù. Una donna di quasi 60 anni, a Santiago, a Madrid, a Roma o a Parigi, se è sola è a forte rischio di restarci.
Eppure Gloria non vuole accettarlo e vive accumulando eccessi, passioni e delusioni come un’adolescente fuori tempo massimo, senza mai cadere però nel patetico o nel ridicolo. Le piace ballare e va spesso nelle balere, per il gusto di divertirsi e di fare nuovi incontri. Una sera proprio in uno di quei locali conosce un uomo che sembra volerla amare di nuovo, con gran passione, ma fugge davanti alla sua famiglia e non riesce a staccarsi dall’ex moglie e dalle figlie che dipendono completamente da lui. Così lei, in un sussulto di dignità, ha il coraggio di lasciarlo, regalandoci una della scene più divertenti dell’intera storia.
Il tono del film, del resto, è di una ” leggerezza dolorosa”: il regista ha scelto il registro della commedia, ma ci mostra solo il punto di vista della protagonista come in un dramma, con una nutritissima serie di primi piani della non più giovane Gloria. Noi vediamo la realtà esclusivamente attraverso gli occhi di Paulina Garcia. In tutto il film non c’è un’inquadratura in cui non ci sia il suo corpo, una sola scena che non mostri come lei percepisce il mondo e le cose. La meravigliosa interpretazione dell’attrice ritratta cosi da vicino porta in superficie ogni piega nascosta dell’anima di Gloria, ogni più piccolo mutamento d’umore o sensazione, ogni aspetto della sua fisicità fino alla completa nudità. E ci fa sentire in sintonia con le emozioni della protagonista.
Ne esce un ritratto di donna di un’onestà così stupefacente da lasciarci disarmati. Il finale catartico, che il regista dice di aver sempre pensato come una scena di ballo, la vede rimettersi in piedi nonostante i day after difficili, i mal di testa e le esperienze negative, e scatenarsi in una danza sfrenata a un matrimonio al ritmo della versione latina di Gloria, una hit dei nostri anni Ottanta, di Umberto Tozzi.
Idea che sembra kitsch, ma grazie all’abilità del regista si trasforma in un energico inno di autoaffermazione – Gloria continuerà a ballare anche da sola, fino alla fine – che a Berlino ha fatto alzare in piedi a cantare l’intera sala del pubblico.
In Cile Gloria ha avuto un grande, inaspettato successo di pubblico e il personaggio di Paulina Garcia è diventato un fenomeno popolare. Sebastian Lelio ha spiegato che sì, nel finale emerge l’idea che una persona possa bastare a se stessa, ma il tema centrale del suo film è la libertà individuale.
Non una cosa da nulla, in un Paese con una storia tragica mai del tutto riconciliata e un machismo che permea l’intera società. Ricordiamo che il divorzio, in Cile, è arrivato solo nel 2004, trenta anni dopo che nel nostro BelPaese, pur dominato dai diktat papali sul tema. E tutte le vicende che ruotano nella vita di Gloria – il vicino mentalmente disturbato e tossicodipendente che non riesce a prendersi cura neppure di un gatto, la figlia che resta incinta di un norvegese senza essere sposata, il figlio abbandonato dalla moglie con un bimbo piccolo, l’ex marito in crisi da genitore assente e l’incapacità del fidanzato imbelle di rendere autonome l’ex moglie e le figlie – sono tutti modi per parlare tra le righe dei problemi del Cile di oggi, incarnandoli in storie vissute.
Nel film si si vedono manifestazioni studentesche, di nuovo agitazioni con le pentole. E, sempre secondo il regista, la stessa carica di protesta che esprime la massa viene incarnata da Gloria. Dalla sua voglia di inseguire la libertà, di essere amata e apprezzata proprio come la società cilena reclama il diritto di essere riconosciuta. Le sue motivazioni personali suggeriscono il latente scontento del Cile, un Paese moderno e in rapido sviluppo, ma con rapporti sociali al suo interno profondamente ingiusti.