La tratta del dolore

Il racconto della fuga dalla Siria: chi fugge dall’inferno rischia la morte. Più di duemila siriani sono passati dall’Italia

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/10/229849_10151136474881443_324773262_n.jpg[/author_image] [author_info]di Chiara Calabrese. Dottoranda in Scienze Politiche all’ Università di Tarragona in Spagna. La sua ricerca porta sul militantismo nell’Hezbollah libanese nella periferia sud di Beirut. E’ stata affiliata come ricercatrice al CAMES (Center for Arab and Middle Eastern Studies) all’Università americana di Beirut ( 2009-2011). Ha lavorato inoltre come corrispondente da Beirut per l’Ansa e Adn kronos international (2007-2009). Collabora inoltre con varie riviste italiane e francesi[/author_info] [/author]

10 ottobre 2013 – La tratta dei rifugiati siriani che, dall’Egitto, raggiungono l’Italia si é trasformata in un vero e proprio business per gli organizzatori che hanno una rete di contatti molto vasta  e riescono a raggiungere le varie città siriane. A raccontare l’organizzazione di questo viaggio che spesso come é successo a Lampedusa e qualche giorno prima a Ragusa, finiscono in tragedia, sono alcuni rifugiati siriani arrivati in Italia una settimana fa e che adesso si trovano in Francia.

“Ognuno di noi sa che questo viaggio può significare la morte, ma non c’é altra scelta e tu credi che se ci fosse un’altra scelta la gente rischierebbe la morte ?”, premette Fadi, un giovane siriano di 35 anni, che giovane sposo ha appena lasciato la Siria.
Il primo contatto con gli organizzatori avviene proprio nei vari quartieri della città dove questi ultimi sono presenti e se non sono presenti basta chiedere di loro che subito spuntano.

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“Basta chiedere in giro, in un negozio, al panettiere, al fruttivendolo…non é difficile entrare in contatto con gli organizzatori di questi viaggi.  Sembra che siano ovunque. Una volta entrato in contatto con l’organizzatore la prima cosa che ti viene chiesta é il numero di persone che vogliono intraprendere il viaggio e se ci sono bambini di età inferiore a 12 anni perché questi non pagheranno. Il prezzo del viaggio, almeno a Damasco, era di 3500 dollari per adulti e 1500 dollari per gli adolescenti, mentre i bambini di solito viaggiano gratis”, racconta Mariam, madre di tre bambine che é appena arrivata in Francia, accolta da sua sorella.

Questa somma include solo il viaggio che dall’Egitto li porterà in Italia, mentre il viaggio che da Damasco porta in Egitto sarà a carico dei profughi. Una volta arrivati al porto di Alessandria, si incontrano gli scafisti che sono in maggior parte palestinesi che vivono in Egitto. Qui alcuni scafisti mettono a disposizione delle famiglie degli alloggi, dove potranno risiedere prima di partire. Questi alloggi, a detta di alcuni rifugiati, sono in  condizioni pessime. Altri organizzatori invece non garantiscono nessun alloggio e quindi anche questo sarà a carico dei rifugiati.

Una volta che gli scafisti – secondo la logica di massimizzare il profitto – decidono  il giorno della partenza, i migranti cambiano due navi prima di arrivare alla terza nave con la quale faranno gran parte del viaggio. Il viaggio, sempre a discrezione degli scafisti, può durare anche una settimana “dove la maggior parte degli uomini – spiega Fadi  – resterà in piedi perché non ci sono né spazio né posti a sedere per tutti. Le famiglie di solito portano con sé dei giochi per distrarre i bambini”.

“Il peggio arriva – racconta Fadi – quando la nave entra nelle acque italiane dove  i migranti sono costretti dagli scafisti a gettarsi dalla grande barca e raggiungere una barca piu piccola che gli organizzatori hanno  portato con loro legandola dall’inizio del viaggio alla grande barca”.

Fadi ancora trema quando racconta di questo passaggio: “E’ questo il momento in cui rischi la vita, in cui dici no, non ce la faremo mai. Uno perché siamo in troppi e due perché la barca é troppo vecchia…pensi di affondare all’istante. Ma anche questa volta non abbiamo scelta, perché gli scafisti ci gettano a calci e pugni nell’acqua. Sanno che la loro preoccupazione é quella di riportare la nave, quella buona,  sana e salva in Egitto per intraprendere un altro viaggio mentre quella con cui arriveremo al porto sarà sequestrata dalla polizia ma poco importa perché é vecchissima”. Nel caso che gli scafisti siano meno fortunati e vengono avvistati dalla polizia o dalla Guardia Costiera non si perderanno certo d’animo, avverte ironico Fadi.

Una volta passati i controlli della polizia, infatti, come qualsiasi altro rifugiato, si recheranno all’ambasciata dell’Egitto a Roma dove diranno di essere in Italia da almeno un anno e siccome non riescono a trovare lavoro vogliono tornare in Egitto e cosi sono rimpatriati.

Fadi spiega anche che la destinazione di molti siriani non é l’Italia, ma la Svezia, la Germania e l’Austria. Questi paesi sono raggiunti nella maggior parte dei casi in treno o autobus, dove i controlli se si é fortunati sono elusi. Ad alcuni di loro, infatti, la polizia rilascia un foglio dove li invita ad andare al commissariato a regolarizzare la loro situazione, ma nella maggior parte dei casi  non mette on line le loro impronte cosi che possono recarsi per chiedere l’asilo in qualsiasi paese. Secondo i dati forniti dal Viminale, sono 2872 i siriani sbarcati in Italia in questo anno .



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