Vendola, anno Zero

Il male evidente della politica partitica è la mancanza di coerenza, soprattutto in questi anni confusi su idee e ideali, su posizionamenti e sfruttamento del sondaggio continuo e continuo riplasmarsi in messaggi che cercano di intercettare la pancia delle persone, più che il cervello.

di Angelo Miotto

nichi

Il video de Il Fatto Quotidiano, che sta intasando letteralmente i social media, ha suscitato la risposta sdegnata del protagonista, Nichi Vendola, che ha anche dato mandato legale per portare la testata in tribunale.

Ma l’intercettazione che potete ascoltare dice alcune cose chiare: Vendola non ride dei tumori, ride di una scenetta in cui un cronista si vede strappare il microfono quando rivolge una domanda sui tumori. Mal formulata, mal congeniata, ma il tema era quello.

Vendola ha un tono garrulo nel commentare la scenetta e un tono mellifluo nel parlare con questo plenipotenziario, Girolamo Archinà, che, a sua volta, usa la tipica sintassi del potente, fatta di cortesia e allusione, di parole dosate e toni affettati il giusto. Il governatore pugliese invece manda a dire. Manda a dire al capo padrone, Riva, che lui non si è defilato.

Il video non è penalmente rilevante, fanno notare molti.E sul Post c’è anche un bell’articolo che fa giustamente le pulci al montaggio de Il Fatto quotidiano e al titolo messo al video.

Ma politicamente è l’anno Zero per quelli che anche senza entusiasmo o convinzione hanno visto in Sel l’ultimo approdo dei vari appuntamenti elettorali, votando con la speranza che si tornasse a esprimere in sede nazionale programmi e idee che spesso di attuano sul territorio e che poi si perdono nel dibattito imbecille della quotidianità di palazzo.

Ecco perché quella telefonata è a suo modo nefasta, perché lascia con un senso di sconforto, perché chiude uno spiraglio, perché sottolinea uno degli argomenti dei populisti e demagoghi che ormai sono però, difficile negarlo, un fatto: quel senso di intimità fra potenti, di un linguaggio che fa male alle nostre orecchie, che fa dire a molti: “Basta”.

I tempi non aiutano, le difficoltà del quotidiano e il senso precario della vita che viene diffuso a piene mani in nome della stabilità (!) e dell’austerità imposta non fanno che amplificare la portata della conversazione in questione. Eppure dovrebbe essere chiaro a chi pretende di narrare un orizzonte diverso che strumenti affilati come parole, tono, sintassi e grado di calore devono essere tanto più distanti dall’Italia peggiore tanto più si vuole che la fiaba diventi realtà.

Infine. La scenetta forse poteva suscitare ilarità. Ma la domanda alla fine elusa era quella più importante. Non fa ridere.

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