La comunità di Q Code Mag continua a crescere. Da oggi, ogni mese, pubblicheremo un esempio del lavoro di ZaLab: documentari e video partecipativo. Per questa prima puntata, ZaLab si presenta ai lettori di Q Code Mag.
di Redazione
21 febbraio 2014 – Il progetto di Zalab nasce nei primi anni 2000 come sodalizio tra videomaker e operatori sociali con esperienza di laboratori video nell’ambito di progetti di cooperazione allo sviluppo. Il collettivo ZaLab si è aggregato attorno a un’idea ambiziosa: dare un’occasione a ‘occhi non accreditati’ di essere qualcosa di più che oggetti del racconto altrui, di diventare autori della propria storia.
ZaLab sviluppa un proprio personale linguaggio utilizzando la metodologia del video partecipativo, dando a gruppi di persone che vivono in condizioni di marginalità la possibilità di raccontarsi ed esprimere, senza mediazione, le proprie esigenze umane e sociali.
ZaLab ha svolto laboratori in villaggi rurali di Tunisia, Palestina e Albania, ma anche in Spagna e Italia con rifugiati, richiedenti asilo e giovani di seconda generazione. I partecipanti sono diventati autori di racconti forti e prospettive inedite su realtà ignorate o poco conosciute, storie di singoli individui che si fanno paradigma sociale. È il caso di Dagmawi, studente in legge proveniente dall’Etiopia, che in Come un uomo sulla terra racconta il suo arrivo in Italia via mare, i soprusi della polizia libica e le violenze dei mercanti di uomini nel deserto e attraverso il Mediterraneo. E poi Canzone per Amine, in cui le madri dei desaparecidos algerini raccontano una poco conosciuta variante della tragedia argentina; Il sangue verde, che narra, attraverso i volti e le voci dei protagonisti delle rivolte di Rosarno le condizioni inumane in cui vivono migliaia di braccianti africani.
Fino ai più recenti documentari: Container 158 presentato al Festival del Cinema di Roma, nel quale gli ospiti del campo di Via di Salone, il più grande ‘villaggio attrezzato’ destinato ai rom, in cui l’amministrazione di Roma ha raccolto più di 1000 cittadini di etnia rom, oltre il raccordo anulare, lontano da tutto e da tutti; Il Pane a Vita, un inverno attraverso gli occhi di tre operaie bergamasche in cassa integrazione, il tramonto, ormai definitivo, di un modello di lavoro e di società e il vuoto che ne segue. El Retratista, la storia di Antoni Benaiges maestro elementare dai metodi innovativi nella spagna di Franco, fucilato dai franchisti e dimenticato per 75 anni.
Negli anni questi lavori hanno cominciato a trovare pubblico e riconoscimenti: la candidatura al David di Donatello, varie partecipazioni alla Mostra del cinema di Venezia e ad atri prestigiosi festival italiani e internazionali e numerosi premi. Tutto ciò nonostante la chiusura della distribuzione commerciale italiana al cinema e documentario indipendente. Per arrivare a questi risultati è stata peò fondamentale la “distribuzione civile”, una rete costruita da ZaLAb con oltre 300 associazioni, scuole, centri sociali, parrocchie e università che permettono la circuitazione dal basso dei documentari da un capo all’altro della penisola. Grazie a questo network i lavori di ZaLab sono riusciti ad avere fino a 400 proiezioni in un anno, più di quanto ottiene un film non commerciale che riesca a trovare distribuzione nelle sale italiane.
Punto di forza di ZaLab negli anni è stato il saper cogliere gli input della realtà dando voce ai suoi protagonisti in maniera diretta. Se il modo più efficace per far conoscere un problema è affrontarlo con chi lo vive e ha la volontà e gli strumenti per farsene portavoce, questo non è sufficiente per fare documentari di qualità. E’ importante che ci sia anche un fine artistico che garantisca un dialogo continuo tra il percorso umano e la qualità cinematografica. L’empatia che si crea in questo modo fra narratore e spettatore ha permesso di stimolare riflessioni e di avviare campagne di sensibilizzazione contro i respingimenti, sul diritto di asilo, lo ius soli, le politiche di integrazione e più in generale sulle violazioni dei diritti delle minoranze.
Malgrado le difficoltà di mercato ZaLab continua a lavorare, sforzandosi di mantenere ogni giorno il legame con la realtà che lo circonda e di farsi portavoce di problematiche umane e sociali che poco spazio trovano nei media mainstream. Senza dimenticare che il cinema resta cinema, anche quando parla di problemi sociali.