Algeria: regime moribondo e paese allo sbando

Di regimi nei paesi arabi e musulmani, negli ultimi quattro anni, ne sono finiti molti. Ma l’unico del quale si può dire che sta finendo per “cause naturali” è quello algerino. Il Presidente Abdelaziz Bouteflika è gravemente malato, da più di un anno ormai. E, avendo fatto il vuoto intorno a sé e indebolito le istituzioni, con la sua malattia il paese è fermo. I suoi fedeli insistono per ricandidarlo per un quarto mandato anche se sanno benissimo che non è più in grado di assumere qualsiasi ruolo. Nel frattempo il paese è dilaniato da corruzione e violenza

di Karim Metref

Il blog di Karim Metref: Divaga-Azioni

18 marzo 2014 – Il presidente Abdelaziz Bouteflika è in carica ormai dal lontano 1999 (qui potete leggere un suo ritratto che avevo pubblicato circa 10 anni fa per PeaceReporter)

Perfetto demagogo, autoritario quando serve, manipolatore, grande diplomatico, avido di potere e megalomane, in 15 anni di regno ha fatto il vuoto intorno a sé stesso.

Quando era arrivato nel 1999, il paese era in ginocchio, segnato da 15 anni di una guerra sanguinosa quanto incomprensibile. Centinaia di migliaia di morti. Paesi interi fatti fuori in una notte. Imprese pubbliche date alle fiamme, tessuto economico disastrato, popolazioni intere sfollate… Decine di bande armate mettevano il paese sotto sopra. Senza distinguere, o raramente, chi lavorava per lo stato e chi per la ribellione. L’unica cosa certa è che la gente moriva e che il paese era diretto verso un burrone.

ob_3f2afa_boutef-capre

Bouteflika arrivò come mediatore, imposto dalla “Comunità Internazionale” (termine che nella stampa internazionale vuol dire: i paesi della NATO). Doveva fare da arbitro tra le varie forze in campo. Garantire l’impunità dei belligeranti e la perennità dei privilegi dei potenti. Ma nello stesso momento doveva anche garantire alle multinazionali del petrolio pieno accesso alle gigantesche riserve di greggio e di gas di cui dispone il paese. E bisogna dire che ha svolto il suo lavoro in modo eccelso.

Ma non si accontentò di quello. Poco a poco, nonostante l’accanita resistenza dei militari, accumulò poteri enormi, con riforme e cambiamenti costituzionali imposti grazie a un parlamento servile, una magistratura al guinzaglio e una amministrazione corrotta fino al midollo. Elezioni truccate (qui ne avevo parlato), referendum farsa, stampa sotto controllo. Le enormi entrate della vendita degli idrocarburi gli permettono di comprare tutto e tutti, opposizioni comprese. La cosiddetta “Comunità Internazionale” lo appoggia senza se e senza ma. “Quando il petrolio va, tutto va”.

Ma se le leggi della costituzione algerina hanno dimostrato una grande malleabilità tra le mani di questo illusionista, quelle della natura invece sono spietate. Il presidente Bouteflika è nato nel 1937, ha 77 anni ed è molto malato. Era già da un po’ che le sue apparizioni pubbliche erano diventate rare e varie volte era uscita la notizia della sua morte. L’anno scorso è stato colpito da un incidente vascolare al cervello ed è stato evacuato in segreto all’ospedale militare di Val De Grace, a Parigi. Ma presto non fu più possibile nascondere il fatto e le autorità algerine e francesi dovettero ammettere tutto.

Da allora è tornato in Algeria, ma rimane gravemente segnato. Non riesce a camminare, soffre di incontinenza, i reni sono fuori uso ed è talmente debole che riesce malapena a pronunciare due tre parole. Si dice che è tenuto sotto sedativo per più di 20 ore al giorno. È chiaro che in uno stato del genere nessuno è in grado di assumere una carica così importante, oltretutto in un regime presidenziale puro, dove le altre istituzioni fanno solo figura di comparse.

Infatti è guerra aperta soprattutto sulla stampa. Le armi sono sguainate e tutti i colpi sono permessi. Il “clan” presidenziale ha sferrato attacchi violentissimi contro il patron dei servizi segreti: Il Generale Mohamed Mediène, detto Toufik. Il nome Generale Toufik per quasi 20 anni, in Algeria, era pronunciato sottovoce. Si sapeva della sua esistenza e della sua potenza ma nessuno l’avrebbe nemmeno potuto identificare.

Vera eminenza grigia dei vari governi, è considerato responsabile della maggior parte dei crimini politici commessi in Algeria dalla metà degli anni ’80 a oggi: le stragi durante la guerra sporca, assassinio del presidente Boudiaf, dell’ex patron dei servizi Kasdi Merbah, del cantante kabilo Matoub Lounas e di molti altri oppositori e intellettuali.

Oggi il nome di Toufik gira sulla stampa tutti i giorni e persino un arrivista dell’ultima ora come il segretario generale del Fronte di Liberazione Nazionale, tale Saadani, si permette di tirarlo in ballo pubblicamente e di minacciarlo di processi per crimini contro l’umanità.

Dall’altra parte anche il clan presidenziale è sotto attacco. Si parla di scandali finanziari miliardari. Lo stesso Saadani è accusato di aver fatto sparire 300 milioni di dollari e di essersi impossessato di migliaia di ettari di terre agricole in modo illegale. Ricompare lo scandalo Sonatrach-Eni/Saipem. L’ex miliardario algerino Abdelmouméne Khalifa, rifugiato a Londra da anni, è appena stato consegnato dai britannici alla giustizia algerina. Insomma la stagione politica sta cambiando in Algeria e c’è aria di grandi pulizie.

Per la prima volta da più di 20 anni in Algeria, l’esito delle elezioni non è conosciuto in anticipo, non perché le prossime elezioni promettono di essere oneste e trasparenti, ma perché non si sa se il candidato principale ce la farà ad arrivare fino al 17 aprile. Di candidati seri non c’è l’ombra (qui ne avevo parlato qualche mese fa), le comparse sono tante perché i rimborsi elettorali in Algeria sono generosi. Ma l’opposizione reale al regime attuale è decimata e poco credibile.

Quello che si sa è che, comunque sia, l’Algeria uscirà cambiata da queste elezioni. In peggio, molto probabilmente. Nell’attesa di capire l’esito dell’elezione più strana della sua storia, il paese è fermo. La corruzione è ovunque, la società sfoga le proprie frustrazioni con scontri autodistruttivi che si moltiplicano un po’ ovunque. La criminalità fa regnare il terrore in molte città del paese. Nelle città del Centro sud del paese, giovani arabi e mozabiti si scontrano quotidianamente con bastoni e armi bianche. Si conta già qualche decina di morti e feriti a centinaia.

15 anni fa, Bouteflika aveva preso in consegna un paese in stato di decomposizione avanzata e oggi sembra deciso a restituirlo esattamente nello stesso stato.



Lascia un commento