Jango e la Storia

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/11/1015058_4778608114201_571572631_o.jpg[/author_image] [author_info]di Elena Esposto. Nata in una ridente cittadina tra i monti trentini chiamata Rovereto, scappa di casa per la prima volta di casa a sedici anni, destinazione Ungheria. Ha frequentato l’Università Cattolica a Milano e si è laureata in Politiche per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo. Ha vissuto per nove mesi a Rio de Janeiro durante l’università per studiare le favelas, le loro dinamiche socio-economiche, il traffico di droga e le politiche di controllo alla criminalità ed è rimasta decisamente segnata dalla saudade. Folle viaggiatrice, poliglotta, bevitrice di birra, mediamente cattolica e amante del bel tempo. Attualmente fa la spola tra Rovereto e Milano[/author_info] [/author]

9 aprile 2014 – Quando ero piccola mi ricordo che non mi piaceva la storia, specialmente quella antica. Ogni santa volta prima della verifica di storia mi lamentavo con mio papà (che poverino si è sempre sorbito ore di ripetizione ad alta voce per aiutarmi a mandare a mente le cose) dicendo: «Ma cosa me ne frega di quello che è successo secoli fa? Quelli che studio sono già tutti morti». È stato il mio professore del Liceo a farmi amare la storia, non perché ne capissi davvero il senso all’epoca, ma perché almeno non mi uccideva di noia.
La svolta vera l’ho avuta da qualche parte durante la mia carriera universitaria, quando ho capito che la storia ha a che fare con noi vivi tanto quanto con i morti di cui porta le voci. Ho fatto del luogo comune “imparare la storia per fare la storia” il mio motto e mi sono buttata a capofitto nei libri.
È per questo che oggi vi voglio raccontare di qualcosa che è successo i Brasile 50 anni fa, non perché in queste settimane mi siano mancati gli argomenti di cui parlare ma perché, a volte, guardarsi un momento indietro aiuta a recuperare la direzione per andare avanti.

Per iniziare questa storia dobbiamo fare un salto nel 1964. Presidente della Repubblica Brasiliana in quest’epoca è João Goulart, che ha assunto il potere dopo la rinuncia di Jânio Quadros nel 1961. Goulart, anche detto Jango, è un uomo di sinistra. Fa parte del PTB (Partido Trabalhista Brasileiro) ed è vicino ai comunisti.

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João-Goulart

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Purtroppo non ho il tempo di raccontarvi i dettagli del governo di Jango, ma cercherò di farla breve per arrivare agli avvenimenti che ci interessano in questa sede. Pensiamo al quadro storico e sociale in cui si inseriscono i fatti di nostro interesse. In Brasile, da sempre caratterizzato da grosse divisioni sociali, il nocciolo del potere è nelle mani di una piccola élite conservatrice e di destra. Internazionalmente gli anni Sessanta sono anni caldi, i borghesi brasiliani tremano all’idea che il Brasile possa diventare una nuova Cuba. È il pericolo rosso. Non so perché mi suona familiare…
Se poi aggiungiamo la presenza della Chiesa Cattolica e degli interessi statunitensi il quadro è completo.
Jango non va a genio a tutta questa gente, e va ancora meno a genio ai militari che si erano inizialmente opposti alla sua presidenza. A questo punto credo che abbiate capito dove voglio andare a parare ma vi terrò ancora un po’ sulle spine ci sono ancora alcuni aspetti rilevanti da tenere in conto.
Goulart non fa nulla per convincere i suoi avversari che hanno torto a temerlo, anzi, fa sembra quasi si diverti a spaventarli.

Il 13 marzo del 1964, durante un comizio di fronte alla Central do Brasil, la stazione dei treni di Rio de Janeiro, Jango annuncia la nazionalizzazione delle compagnie petrolifere nonché l’espropriazione di varie proprietà al fine di realizzare la riforma agraria. È il panico.

Il panorama politico turbolento e l’economia del Paese che non stava certo fiorendo, lasciarono lo spazio aperto ai militari che non ci pensano due volte a trarre un vantaggio da questa situazione. Arriviamo al 1° aprile 1964. Il golpe ben riuscito porta i militari al potere.
Da subito i militari instaurarono un regime autoritario basato sulla Dottrina della Sicurezza Nazionale che, con il benestare della classe media conservatrice e dei settori cattolici della società e, ovviamente, dello Zio Sam, al quale non esitarono ad allineare la propria politica, durerà per ben vent’anni. Il resto è storia, storia di quella vera, da manuale.
La dittatura portò benefici economici al Paese riportandolo ad essere una grande potenza, al prezzo modico di censura, repressione politica, limitazione delle libertà di opinione e di espressione, eliminazione dei partiti, arresto, tortura e morte di coloro che venivano considerati comunisti.

Secondo i dati ufficiali almeno 50mila persone furono arrestate , 20mila torturate e altre migliaia esiliate o fatte scomparire nel nulla.

“Vent’anni sono pochi per promettersi il futuro” cantava Venditti. Ma se il futuro è nero come la pece, pesante come il piombo e puzza di prigioni insanguinate e di ideali soffocati, in quel caso vent’anni sono tanti, troppi.
Ma in fondo anche questa è solo una storia, una storia molto simile a quella di altri Paesi sudamericani come Cile o Argentina… è quella che qualcuno ha chiamato “la lunga notte della dittatura”.

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Forse vi starete chiedendo il perché abbia sentito il bisogno di comprimere la dittatura militare in quattro righe e di raccontarvela così, brevemente, forse troppo irriverentemente considerando l’orrore che è davvero stata. È finita giusto? Appartiene al passato, non ci riguarda.
Se voi la pensate così, lasciatemelo dire, io non ne sarei troppo sicura. Vi faccio un esempio, non è l’unico ma di certo il più eclatante.
Jair Bolsonaro, Deputato del Partito Progressista e militare di riserva nello scorso marzo ha chiesto al Congresso di rendere omaggio all’anniversario del 50 anni del golpe militare.
Non è tutto. Il 22 marzo a São Paulo un gruppo di gente si è riunita nella Praça da República per riproporre la Marcha da Família, una manifestazione anticomunista e a sostegno del regime militare realizzata il 19 marzo del 1964.
E questo, vale la pena ricordarlo, sta avvenendo in un momento di crisi economica, di crisi politica, di scandali per corruzione e nel quale una città importante come Rio de Janeiro, almeno in alcune zone, sta vivendo in stato d’assedio da parte delle forze armate che agiscono in nome della sicurezza nazionale. Ricorda nulla?
Insomma, senza voler fare gli allarmisti, teniamola d’occhio questa famigerata “democrazia brasiliana”, del resto è ancora giovane, non sia mai che le venga in mente di fare qualche scherzo di cattivo gusto…

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