Ripartiamo dai fiori

A due anni dal terremoto in Emilia, la storia di due donne di Cavezzo che hanno deciso di ricominciare vendendo fiori in un centro commerciale fatto di quaranta container

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/11/Andrea-Cardoni.jpg[/author_image] [author_info]di Andrea Cardoni. Andrea Cardoni è responsabile comunicazione Anpas Nazionale. Ha pensato e raccontato, con video, foto e cose scritte, storie e tante care cose dei villaggi rurali della Tanzania, dei terremoti dall’Aquila all’Emilia, di un partigiano che ha più di 100 anni che si chiama Garibaldo e di suo nonno Remo.[/author_info] [/author]

29 maggio 2014 – Ci sono delle parole così difficili che per metterle in mente bisogna per forza andarsele a cercare nelle cose, nei fatti, negli odori e nei colori che le raccontano. E il più delle volte restano in mente perché succede che i significati di quelle parole li si incontrano per caso o per disgrazia o per coincidenze inaspettate.
Io, ad esempio, da qualche anno ho a che fare con una parola di cui conosco il significato, ma che poi a spiegarlo in maniera scientifica faccio un po’ di fatica. E questa parola qui è resilienza ed è una cosa che spiegano gli ingegneri del modo in cui alcune cose reagiscono ad alcuni traumi. Io, però, che ho fatto il classico, questo concetto della resilienza non riesco a capirlo con le formule.

C’è una poesia che ha scritto una signora che si chiama Mariangela Gualtieri, che è nata in Emilia Romagna, e che secondo me racconta la resilienza e fa così: “che forza insolente hanno i fiori pompano il colore per tutta la camera. Ridono così forte nel morire. Tornano sempre. Ah! fiori! chi non vi sa è perduto in un grigio disordine crollato nel lato d’ombra della specie. Voi, lezione somma per sfumatura e dono”.

 

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Secondo me, questa signora non voleva scrivere questa poesia per spiegare che cos’è la resilienza, ma il significato io ce l’ho visto da quando ho conosciuto Claudia e Rachele che a Cavezzo hanno aperto un negozio di fiori in un container. Claudia faceva l’avvocato, Rachele è laureata in Beni culturali e faceva l’operaia. Poi c’è stato il terremoto e a Cavezzo sono morte 4 persone, 800 case inagibili, settemila sfollati.
Rachele è rimasta senza casa e in quel momento ha pensato: «La vita può cambiare da un momento all’altro, ho 28 anni, non sono ricca di famiglia e nella mia vita dovrò solo lavorare: voglio fare e creare qualcosa facendo quello che mi piace. La scossa ce l’ho avuta in testa».

Oggi, due anni dopo, Rachele e Claudia vendono i fiori a Cavezzo in quello che un tempo era un parcheggio e che oggi è un centro commerciale fatto di 40 container che erano destinati alla distruzione e che invece hanno riciclato e coibentato insieme ad un consorzio di commercianti. Si sono spesati tutto da soli: assi di legno, cartongesso, impianto elettrico, bagni, le bollette. Tutto da soli, anche per pagare le bollette: alla gelateria sono arrivati 10mila euro di luce.

 

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«Ce ne sono tre al mondo di centri commerciali fatti così», dice Rachele: «uno a Londra, uno in Australia, il terzo è a Cavezzo». E a sentire la storia del negozio di fiori di Rachele e Claudia viene in mente una cosa che ha scritto Rebecca Solnit in un libro che si intitola Il paradiso all’inferno: “le persone sanno cosa fare quando c’è un disastro”, scrive la Solnit. “La perdita di potere, il disastro in senso moderno, è una calamità, ma il riapparire di questi antichi paradisi è il suo contrario”.

La crisi, il terremoto, la tromba d’aria, l’alluvione: negli ultimi due anni da queste parti è successo di tutto, ma si va avanti lo stesso.

E allora, secondo me, che non ne so nulla di concetti chimici o scientifici, se adesso dovessi pensare al significato della parola resilienza, a me vengono in mente i 40 container che dovevano essere buttati e che invece sono stati riciclati e adesso hanno i fiori dentro, i ventiduemila chiodi che sono serviti per costruire il centro commerciale di Cavezzo, Claudia che faceva l’avvocato e adesso vende fiori e tra un po’ sarà mamma, il narciso che secondo Rachele «è un simbolo della rinascita perché rinasce ad ogni primavera, poi scompare e riappare, ogni anno», la poesia dei fiori insolenti che tornano sempre di Mariangela Gualtieri.

 

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