Caccia al tonno

Nonostante le severe norme dell’Unione Europea la pesca di frodo del tonno rosso è in aumento quando già da diversi anni la razza rischia l’estinzione

di Anna Maria Volpe, da Bruxelles.

16 giugno 2014 – Furono probabilmente i fenici gli iniziatori della pesca del tonno, diffondendo questa pratica antichissima in tutto il Mediterraneo. Il nome del grosso pelagico deriva dal greco thyno che, rifacendosi al sanscrito, assume il significato di “correre rapidamente e con impeto”.

Eppure oggi il tonno ha perso molto del suo impeto e le sue corse non sono più quelle di una volta. Come cita il WWF in uno dei suoi rapporti, “il tonno rosso, specie pregiatissima che vive nelle nostre acque, negli ultimi anni, è diventata preda ambita di pescatori da pochi scrupoli. Sarebbero infatti saltati tutti i parametri legali fissati per la pesca di questa specie”.

Il problema è legato essenzialmente alla violazione, da parte delle ditte di pesca, soprattutto italiane, spagnole ed europee, ma anche turche e libiche – di tutti i parametri sanciti dalla Commissione Internazionale per la Conservazione del Tonno Atlantico (ICCAT). Le catture non denunciate fanno salire ulteriormente questi quantitativi.

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LE QUOTE

A regolare la pesca del tonno nel Mediterraneo sono le quote decise a livello europeo. Come riporta l’ANSA, “il 26 maggio scorso è scattata ufficialmente nell’Ue la campagna di pesca per il tonno rosso nel Mediterraneo e nell’Atlantico, da parte di grandi navi, le cosiddette tonnare. La campagna si concluderà il prossimo 24 giugno. I pescatori italiani hanno a disposizione una quota di pescato pari a 1.950 tonnellate. Lo ha annunciato la commissaria europea alla pesca Maria Damanaki”.
Poiché anche la Croazia farà parte integrante della flotta dell’Ue, il numero di grandi pescherecci che usano reti a circuizione per la pesca di tonno rosso nei nostri mari aumenta, e cresce anche del 5% – a 7.939 tonnellate – la quota che l’Ue può pescare nel 2014.

Con l’avvio della campagna di pesca del tonno rosso, si mette in modo una delle più vaste operazione di controllo effettuate nel settore della pesca in Europa.

La Commissione europea, tramite il Vessel Monitoring System (un sistema satellitare di controllo), raccoglie su base costante i dati di cattura del tonno rosso, per verificare che le quote a disposizione delle singole navi siano pienamente rispettate. Inoltre, nel 2006 l’ICCAT ha lanciato un piano su 15 anni di ricostituzione degli stock di tonno rosso con risultati globalmente positivi. Lo scorso hanno gli scienziati ne confermavano la ripresa, benché i dati non siano ancora definitivi.


TONNARA TRADIZIONALE VS. TONNARA VOLANTE

Quali sono i motivi profondi che hanno causato questa diminuzione della specie? Su questo specifico punto regna spesso la confusione. Occorre innanzitutto fare la differenza tra tonnare tradizionali e tonnare volanti. Ciò che influisce negativamente sul ciclo vitale del tonno sono soprattutto le seconde.
Questo sistema particolare di pesca consiste, secondo una definizione di Greenpeace, in un tipo particolare di rete a circuizione.

Le reti a circuizione sono quelle usate dalle “lampare”: una fonte luminosa concentra il banco di sardine o acciughe che viene circondato (da cui il nome della rete) calando una rete a nastro. La rete viene quindi issata con argani, chiudendo per primo il fondo: si forma così una “coppa” che intrappola i pesci.

CLASSIFICA

La classifica “Rompiscatole” stilata da GreenPeace

La tonnara volante applica lo stesso principio con la differenza, rispetto alle “lampare”, che non si usano le luci, ma piuttosto si cercano i tonni con gli aeroplani. I tonni sono in seguito trasferiti vivi in gabbie che poi sono trainate con rimorchiatori, fino ad appositi siti presso la costa dove avviene l’ingrasso: gli “allevamenti di tonno”. Con questo sistema si può quindi rifornire il proficuo mercato nipponico. Tra i compratori spiccano i giapponesi che vogliono il prodotto integro, non squarciato per servirlo a chissà quale prezzo. Sempre Greenpeace sottolinea le carenze del sistema delle quote che non permetterebbe di verificare adeguatamente il rispetto della taglia minima di cattura e soprattutto se si pesca solo quanto consentito. E sono proprio gli allevamenti e l’ingrasso ad essere gli strumenti adatto per aggirare le quote ICCAT: alcuni, semplicemente, non lo considerano come attività di pesca e i tonni prelevati spariscono dalle statistiche.

Se il tonno è la prima vittima di questa grave distorsione nel sistema della pesca, le tonnare tradizionali seguono in seconda posizione. Infatti, le “tonnare volanti”, hanno reso sempre più sconveniente gli investimenti nelle tradizionali tonnare fisse, fino a rendere inevitabile il loro abbandono 1996 al 2006 le tonnare volanti si sono accaparrate circa il 50% della totalità del tonno pescato nel Mediterraneo, mentre negli ultimi cinque anni la quota ha raggiunto circa il 70%, il doppio rispetto a quanto stabilito dalle quote dell’ICCAT.


TONNARE TRADIZIONALI CHE SOPRAVVIVONO

Una delle due ultime tonnare, ancora attive nel Mediterraneo, è quella di Carloforte, nell’Isola di San Pietro, a Sud ovest della Sardegna. La rivista National Geographic ne sottolinea l’eco-sostenibilità. Se la stagione di pesca dura infatti tutto l’anno per le tonnare volanti, per le tonnare di corsa si tratta di un’attività praticata in un periodo ben definito.

La cultura del tonno è profondamente legata a Carloforte e al suo territorio. Il dialetto locale, gli usi e costumi ne sono influenzati da sempre. Almeno fino al XIX secolo persino le nozze erano regolate dalle migrazioni dei pesci. A luglio e agosto gli uomini avevano infatti qualche soldo in più da poter investire nel loro progetto coniugale.

tonni in gabbia

 

Come scrive lo studioso di storia locale, Nicolo Capriata : “Il tema della tonnara è stato forse quello in cui la fantasia popolare si è maggiormente sbizzarrita. La mattanza aveva sempre esercitato negli uomini un fascino arcano e inafferrabile per quei suoi riti misti tra il pagano ed il cristiano, per quel suo essere mediterraneo e arabo insieme, per quel suo furore di morte, per quella sua brama di vita”.

 

Oggi, questo patrimonio economico e culturale rischia di sparire definitivamente. Il governo italiano, nell’assegnazione delle quote politiche, sembra infatti favorire gli stabilimenti d’altura e questo ha -quasi irreversibilmente- danneggiato un’attività creatrice di impiego in un’area che versa in una difficilissima crisi economica. Non si può rimanere inerti di fronte al collasso di un metodo di pesca millenario e della sparizione di una specie simbolo del Mediterraneo e dell’Atlantico. Un ripensamento di certe politiche, una migliore sinergia dei controlli, degli sforzi si impongono come necessari.

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