La madre di tutte le tangenti

La Procura di Milano sta indagando su una tangente da un miliardo di dollari che l’ENI avrebbe pagato al governo nigeriano per esplorare un maxi giacimento di greggio

[author] [author_image timthumb=’on’]http://www.buongiornoafrica.it/wp-content/uploads/2012/06/raffa01.jpg[/author_image] [author_info]di Raffaele Masto. @RAFFAELEMASTO. Faccio il giornalista e lavoro nella redazione esteri di Radio Popolare. Nei miei oltre venti anni di carriera ho fatto essenzialmente l’inviato. In Medio Oriente, in America Latina ma soprattutto in Africa, continente nel quale viaggio in continuazione e sul quale ho scritto diversi libri dei quali riferisco in altri spazi del blog www.buongiornoafrica.it. Insomma, l’Africa e gli africani, in questi venti anni, mi hanno dato da vivere: mi sono pagato un mutuo, le vacanze e tutto ciò che serve per una vita di tutto rispetto in un paese come l’Italia.[/author_info] [/author]

7 luglio 2014 – L’Eni è indagata per corruzione internazionale nell’ambito di una inchiesta della Procura di Milano per l’acquisizione, nel 2011, di un giacimento petrolifero al largo della Nigeria del valore di un miliardo e 300 milioni di dollari.

Non sono un esperto di cose giudiziarie ma pare che l’accusa sia stata formalizzata dopo mesi di inchiesta che, fin dall’inizio, è apparsa senza precedenti. Non tanto per l’ipotesi di corruzione che nelle concessioni petrolifere nigeriane è cosa “quasi” normale, quanto per l’entità della tangente che, in questo caso, non sarebbe una cresta sul prezzo di una concessione, ma l’intera cifra pattuita per ottenere la concessione, cioè oltre un miliardo di dollari pagati nell’aprile del 2011 per poter esplorare un maxi giacimento di greggio off shore.

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Il pagamento sarebbe avvenuto su un conto del governo nigeriano, a favore di una società, La Mabul Oil and Gas, dietro la quale ci sarebbe l’ex ministro del petrolio nigeriano Dan Etete, già condannato in Francia nel 2007 per riciclaggio. Eni, naturalmente, nega. Ma i mesi di indagine dimostrano che evidentemente i magistrati devono essere in possesso di prove, si dice anche di intercettazioni.

La corruzione per l’ottenimento di concessioni per le prospezioni, l’estrazione, lo sfruttamento e la commercializzazione del petrolio nigeriano del Delta del Niger ha portato alla luce più di una volta episodi di corruzione tra il governo federale e le compagnie petrolifere.

Ma se l’entità delle tangenti ha raggiunto queste cifre diventa retorico chiedersi perché la lotta politica in Nigeria sia così sanguinosa e non disdegni di usare formazioni come il Mend in passato, nel Delta del Niger, e la famigerata Boko Haram ai nostri giorni.
Questa tangente, un miliardo di dollari, è ben un duecentesimo circa dell’intero PIL della Nigeria. E’ chiaro che se si tratta di affari di questa entità tutti vorrebbero stare al posto di comando, cioè nel governo federale nigeriano che è titolare dei contratti e delle trattative con le compagnie petrolifere che vogliono sfruttare il greggio del Delta del Niger, la vera ricchezza del Paese.
E allo stesso tempo appare chiaro il motivo per cui i proventi miliardari realizzati con la vendita di quella greggio non vengano distribuiti alla popolazione.

 

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