Ambiente e cittadinanza

Stop Biocidio, No Triv, Terra dei Fuochi, Taranto, No Muos, in un anno l’ambientalismo ha cambiato volto

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/07/149443_1453084330719_6152780_n.jpg[/author_image] [author_info]di Alessio Di Florio, da Chieti. Attivista di varie associazioni e movimenti pacifisti e ambientalisti abruzzesi e responsabile locale dell’Associazione Antimafie Rita Atria e di PeaceLink – Telematica per la Pace. Collaboratore delle riviste Casablanca – Storie dalle Città di frontiera, de I Siciliani Giovani, di Libera Informazione e di altri siti web che si occupano di pacifismo, denunce ambientali(tra cui speculazione edilizia, gestione rifiuti, tutela delle coste, rischio industriale e direttive SEVESO), diritti civili, lotta alle mafie e altre tematiche[/author_info] [/author]

13 luglio 2014 – 13 Aprile 2013, ore 16.50 circa. Il corteo della manifestazione contro Ombrina Mare 2 è partito dalla zona del porto di Pescara da poco meno di un’ora e mezza. Alla partenza si sperava in almeno 10mila presenze: dopo pochi minuti ci si è resi conto che i numeri erano ogni secondo in crescendo (e sicuramente molto maggiori).

Ma in quel preciso momento (secondo prima, secondo dopo non lo ricordo … mi scusino i lettori ma l’emozione, oltre un anno dopo, è ancora tantissima) ci si è resi conto che si era riscritta la storia dell’Abruzzo: la Regione del “re del clientelismo” abituata a chiedere col cappello in mano, la Regione definita “camomilla” e “dai bassi costi di penetrazione” da una multinazionale petrolifera anni fa, era stata definitivamente cancellata da quell’enorme serpetone che stava attraversando la città di Pescara.

In quei minuti la testa del corteo era già arrivata mentre al porto centinaia di persone (almeno!) era ancora in attesa di partire. E moltissimi cellulari squillavano: “stiamo arrivando, a che punto è la manifestazione?” e non si sapeva più che rispondere. I numeri erano straordinari, cifre che testimoniavano qualcosa che era andato oltre ogni rosea aspettativa: 40mila presenze.

In piazza c’erano persone, esperienze, movimenti, associazioni, comitati di ogni estrazione. C’era il politico in campagna elettorale permanente, c’erano i partiti che avevano votato il decreto Passera che ha “sbloccato” l’iter di Ombrina Mare 2 (bloccato dopo l’incidente nel Golfo del Messico del 2010 da un decreto dell’allora ministro Prestigiacomo), c’era il PD che nei mesi successivi ha avuto tentennamenti di alcuni suoi esponenti locali e nazionali verso il Si Triv.

Ma in piazza c’erano soprattutto migliaia e migliaia di cittadini e cittadine che si stavano riprendendo il loro futuro, che volevano decidere della loro salute, del loro territorio e che a quei politici non daranno mai “tregua”, ricordandogli sempre la partecipazione alla manifestazione e gli impegni assuntisi. In quell’assolato pomeriggio di Aprile, mentre il corteo avanzava impetuoso, confesso che in alcuni secondi la commozione tentava di farsi spazio. Perché in quei momenti anni e anni di lotta contro le trivellazioni petrolifere in Abruzzo e in Adriatico ripassavano davanti agli occhi.

 

Stop-biocidio

 

Meno di 7 anni dopo l’inizio della lotta, potevamo dire di essere diventati maggioranza e sempre più lontano appariva l’autunno 2007 in cui tutto ebbe inizio. Un autunno in cui arrivò l’autorevole voce della prof.ssa Maria Rita D’Orsogna, docente universitaria abruzzese emigrata negli Stati Uniti, a lanciare accorati appelli per l’Abruzzo che rischiava di diventare nero petrolio al sostegno degli ambientalisti (che allora apparivano piccolissima minoranza) che stavano denunciando cosa stava accadendo. Nei mesi successivi manifestazioni, petizioni, convegni, dossier, per una mobilitazione diventata negli anni infinita. Una mobilitazione (e lo spirito di quest’ultimo anno in cui l’ambientalismo ha definitivamente cambiato volto anche in questo è nato) che si compattata anche grazie al blog della prof.ssa Maria Rita D’Orsogna, dove lei pubblicava osservazioni per le procedure VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale) dei progetti petroliferi, chiedendo a tutti di inviarle agli Enti coinvolti nelle procedure. E così hanno fatto in questi anni associazioni, comitati, movimenti, province, comuni, singoli cittadini, imprenditori.

Il 16 novembre 2013 una pioggia fittissima si era abbattuta su Napoli. Ma un fiume in piena con la pioggia non si ritira ma si ingrossa e diventa ancora più impetuoso. E così avvenne quel giorno. La “Terra dei Fuochi” travolse tutto e tutti, 100.000 persone in piazza, l’Italia intera che definitivamente faceva sua la denuncia e la lotta al sistema criminale che in Campania avvelena e assassina migliaia di persone. Quel giorno le mamme della “Terra dei Fuochi” sono diventate le mamme di tutta Italia, dell’Italia che non si arrende e che si ribella costantemente a chi la vuole serva, silente, moribonda.

Il grido di dolore e di ribellione “Stop Biocidio” il 16 novembre 2013 partì per tutto lo Stivale e divenne un progetto politico nazionale. In pochissimo tempo, dall’Abruzzo al Lazio ad altre regioni, sono nati combattivi comitati locali “Stop Biocidio”, capaci di denunciare costantemente le tante “terre dei fuochi” italiane, le vergogne di Stato e (anche) provvedimenti governativi considerati dannosi per l’ambiente e i territori avvelenati. “Le lotte nel Lazio contro le discariche e contro l’acqua all’arsenico; quelle in Abruzzo contro il disastro creato dalla Montedison di Bussi che ha avvelenato la Val Pescara e contro le trivellazioni petrolifere; quella a Taranto contro le discariche dei veleni e contro i fumi dell’Ilva; ed ancora la lotta contro le grandi navi a Venezia e la battaglia contro il Pcb e le nocività a Brescia. Il fiume in piena è arrivato in tutta Italia.” (fonte l’articolo “Stop Biocidio nasce dappertutto” pubblicato il 16 maggio di quest’anno dal giornalista Antonio Musella su GlobalProject).

Il 16 maggio di quest’anno la giornata nazionale di mobilitazione contro le devastazioni ambientali e in difesa dei territori ha visto un coinvolgimento capillare straordinario. E a testimoniarlo basta anche solo il semplice elenco delle iniziative tenutesi, senza ulteriori commenti, così come riportato sempre dal giornalista Antonio Musella su GlobalProject “In Campania 25 comuni si sono mobilitati tra gazebo, presidi ed azioni culminate con l’occupazione del consiglio comunale di Napoli, a Pescara gli attivisti sono andati alla sede centrale della Asl per accendere i riflettori sull’avvelenamento dell’Abruzzo indicando in Medoil, Montedison e Terna i responsabili della devastazione del territorio; a Roma Stop Biocidio ha fatto visita all’ARPA Lazio ricordando che da oltre un decennio a Viterbo ed a Roma Nord si beve acqua all’arsenico; infine in Puglia a Grottaglie gli attivisti hanno messo in luce i disastri delle discariche della provincia di Taranto. Tutto questo era stato anticipato dalla bella manifestazione di Brescia del 10 maggio scorso”

Ma la mobilitazione dal basso del maggio di quest’anno, prima del 16 e del 10, era stata anticipata da un’altra manifestazione che definire storica è dir poco: il concertone del primo maggio a Taranto organizzato, per il secondo anno di seguito, dal comitato dei “Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti”. Un successo immenso, grazie a comitati giunti da varie parti d’Italia, a cantanti di fama nazionale che gratuitamente hanno suonato, ai tarantini in lotta generosi e straordinari come sempre in questi anni, e alle 100.000 persone che vi hanno partecipato. Una mobilitazione, come quella abruzzese contro le trivelle petrolifere, nata anni fa e che ha saputo resistere a governi, amministrazioni regionali, altri enti che spesso non hanno saputo (o voluto? Ma qui, in questi casi, la magistratura sta facendo luce) denunciare l’interezza di quanto stava accadendo.

Quando il presidente di PeaceLink Alessandro Marescotti (professore di lettere in un’Istituto Tecnico Industriale e questo è un dato che da solo dimostra quanto una cittadinanza attiva e consapevole è vincente su tutto) denunciava il “formaggio alla diossina” di Taranto, il Presidente della Regione Puglia Vendola ed altri enti invitavano a non lanciare allarmismi perché “Taranto non è la terra dei fuochi”. Fu solo il primo di tantissimi altri episodi che in questi anni hanno fatto si che senza associazioni come PeaceLink, il Fondo Antidiossina Onlus, il coordinamento AltaMarea, il comitato dei “Cittadini Liberi e Pensanti” oggi l’ILVA e la città di Taranto non si sarebbero imposti all’attenzione nazionale nell’interezza di quanto è accaduto e sta ancora accadendo.

Non si può chiudere questa “storia collettiva” che sta cambiando la Storia dell’ambientalismo e della cittadinanza italiani senza “scendere” in Sicilia, dove una battaglia importantissima si sta svolgendo nel silenzio di troppi e nella connivenza di tanti: quella contro il MUOS, il sistema satellitare USA che vogliono installare dentro una riserva naturale.

Dossier, pubblicazioni – come il libro il MUOStro di Niscemi del giornalista Antonio Mazzeo – denunce, ricorsi al TAR da parte dell’Associazione Antimafie Rita Atria, manifestazioni (la prossima fra un mese circa, il 9 Agosto “in risposta” al respingimento sia alla Camera che al Senato di mozioni che chiedevano il “blocco totale e immediato del MUOS” ) hanno coinvolto sin dall’inizio migliaia di cittadini che non accettano considerati servi e di vedere il loro futuro, e la loro terra, con la devastante presenza del sistema satellitare dai fortissimi rischi di inquinamento elettromagnetico e per la salute umana(nonostante alcune perizie – a dir poco opinabili come ha sempre documentato il movimento No Muos – diffuse negli anni affermerebbero il contrario).

Chiudiamo quindi con quest’appello di Nadia Furnari, infaticabile e straordinaria “colonna” dell’Associazione Antimafie e Antifascista “Rita Atria” a sostenere la lotta No Muos. Le parole di Nadia descrivono meglio di tantissime altre parole quello che sta succedendo a Niscemi e la lotta No Muos.

 

 

 

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