Albania, crociata anti cannabis

In pattuglia con la polizia che batte palmo a palmo le zone impervie del nord del Paese per la maxi operazione anti droga

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2014/07/22.jpg[/author_image] [author_info]di Doriana Metollari, da Scutari. Giornalista, editore e opinionista albanese, direttore del giornale online Hermesnews.org[/author_info] [/author]

24 luglio 2014 –  Il portavoce della Polizia di Scutari ci aveva avvertiti un giorno prima che l’indomani saremmo dovuti partire all’alba. Con una squadra che sarebbe andata sulle montagne di Vjedha, presso le acque del lago di Vau i Dejes, vicino Scutari, per un’operazione antidroga.

Una delle tante che si mettono a segno in questi giorni. Era necessario partire presto. Attraversato il lago a bordo di due motovedette, appena sbarcati, abbiamo cominciato a farci strada sulla montagna rocciosa. Otto giornalisti con circa 50 poliziotti che sono saliti per primi, facendo strada. L’occasione di raccontare dall’interno una di queste operazioni è molto interessante, al di là della narrazione sui media.

L’operazione della polizia albanese ha avuto inizio il 16 Luglio scorso, a Lazarat. Dopo due giorni di scontri, la polizia aveva preso sotto controllo tutto il villaggio di circa 5mila abitanti. Le operazioni antidroga continuano dentro le case degli abitanti e nei campi coltivati a cannabis. Fino ad ora sono stati distrutte in tutto 133.567 piante, sequestrate circa 100 tonnellate e 856.937 chili cannabis sativa. Sono stati trovati anche 5 chili di eroina in un zona vicino al centro di Lazarat e altri 53 chili e 750 grammi di stupefacenti. Sequestrati anche 4.395 chili di semi di cannabis e circa 16.8 litri di olio di hascisc.

Durante i controlli sono stati posti sotto sequestro 5 laboratori. Sono state perquisite più di 849 abitazioni a Lazarat. Arrestate 49 persone, dieci delle quali risultano latitanti. Mentre nella regione di Scutari sono stati bruciate in tutto 20.156 piante cannabis.

 

2014-07-01 07.41.11

 

Operazione della polizia a parte, il luogo è splendido. I primi raggi del sole toccano l’acqua limpida del lago, circondato di montagne, il silenzio è assoluto, rotto solo dagli scatti dei fotografi.

La zona era ben sorvegliata, nulla era stato lasciato al caso, compreso anche il pronto soccorso per i morsi dei serpenti visto che fra quelle rocce ce ne sono tanti ed anche pericolosi. Non c’era una strada per salire da quelle parti: bisogna avanzare tagliando i rami degli alberi, facendo largo per coloro che vengono dietro.

Il percorso era completamente ostruito dai rami, ma la polizia passava velocemente con una certa facilità: “Paragonato a dove siamo abituati a salire, questa è una passeggiata per noi”, spiega uno di loro. “Poi oggi il tempo è buono, siamo saliti anche quando c’era la tempesta”. Serpenti, rocce, sentieri: i trafficanti scelgono per questa ragione la zona: perché è ancora selvaggia.

 

 

“Il budget che il governo mette a disposizione per l’operazione comprende i corpi che sono stati messi sul campo, gli automezzi, il carburante e su questa base viene calcolata la somma di tutto, ma il budget messo a disposizione in totale non possiamo dirlo con esattezza”, spiega un portavoce della polizia, che tra altro assicura che “ci sono le poliche governative per le zone dove sono state piantate piante di cannabis. Esiste una strategia nazionale antidroga, approvata dal governo del premier Edi Rama, dove sono previste ferree regole per le istituzioni e i diversi ministeri”.

Arben Beqiri, capo dell’ufficio anticrimine del distretto di polizia di Scutari, spiega: “Oltre al budget classico, solo per il nord, sono stati stanziati fondi extra per le operazioni anticannabis, con un rinforzo di 10 – 15 macchine della polizia, adatte per i terreni difficili come questi. Abbiamo scelto la strada via acqua con motovedette, arrivando dal lago per andare nelle montagne, poichè per le montagne è ancora più difficile, quasi impossibile”, dice.

L’anno scorso, a Novembre, si sono state delle sparatorie, adesso no.  “Io penso che questa non è solo una guerra della polizia. Abbiamo bisogno del sostegno della politica, ma non basta. Abbiamo bisogno che tutti gli attori coinvolti svolgano il loro ruolo, cosi come la politica anche il governo locale”.

La legge obbliga un sindaco a fornire delle informazioni alla polizia nel caso si venga a conoscenza della presenza di piantagioni.
“Solo nel comune di Temal (vicino a Scutari, nel nord), abbiamo avuto un’ottima collaborazione, negli altro casi no. Il loro silenzio è complice”, dice il commissario Beqiri.

La montagna di Vjerdha, come altre zone, era monitorata con l’aiuto della missione italiana della Guardia di Finanza, tramite il comando Interforze, che aveva scoperto e poi pubblicato le mappe di tutte le zone coltivate a cannabis. “Prima avevamo un grosso problema con le mappe poiché non erano ben chiare. Queste che hanno portato gli italiani sono molto dettagliate”, afferma l’organizzatore dell’operazione, mostrando la mappa di questa zona.

I poliziotti raccontano che le operazioni diventano molto più pericolose per la loro vita quando la pianta raggiunge la maturità ed è pronta per il raccolto: i trafficanti sono pronti a difenderla con la propria vita poiché è un investimento importante.

“Ho piantato cannabis per anni”, racconta un contadino. Qualcuno gli aveva detto che si potevano guadagnare tanti soldi in pochi mesi. “Non sono né il primo né l’ultimo a fare questa cosa. Non ho un lavoro, ma non mi sono neanche messo a cercare uno. Lo stato mi passa l’assistenza sociale, poiché risulto disoccupato”, racconta.

Ha già costruito una nuova casa, e comprato una nuova macchina da 10mila euro. “Eravamo protetti. Sapevo che la polizia era già passata 2 o 3 volte, qualche anno fa, ma io faccio solo il mio lavoro. Per il resto avvertivo gli altri”. Con gli altri si intende persone che mettevano tutto a tacere. Tangenti su tangenti. I contadini facevano il lavoro manuale. Le piante avevano bisogno di tanta acqua e in montagna non era facile far arrivare acqua; poi il terreno doveva diventare coltivabile: prima disboscavano, poi lavoravano la terra, e piantavano cannabis. Di ottima qualità. Una volta che erano diventate mature le piante, le mettevano dentro dei sacchi e chiedevano l’aiuto di altri  – anche bambini  – per farli scendere giù dalle montagne. Anche un’ora di strada.

“Io non ho la forza di cambiare le cose, devo vivere, e ho scelto una strada come tanti altri. Se la politica è corrotta, la gente comune non può fare nulla. Noi siamo il popolo, dobbiamo pensare ai nostri figli.” Cosa credi che sia meglio per i tuoi figli? “Io faccio questo, poiché loro possano andare all’università e scegliere una strada diversa”, risponde.

La cannabis può essere scambiata molto facilmente con un altra pianta, chiamata kerp (canapa). Per incriminare qualcuno i laboratori debbono dimostrare che dalla pianta si possa estrarre una certa percentuale di THC, ma la misurazione va fatta solo quando è matura, perché nelle prime fasi vegetative non è possibile trovare il principio attivo. Quando è pronta per il raccolto, la pianta arriva fino a due metri di altezza.

 

2014-07-01 07.02.44

 

La superficie coltivata che abbiamo trovato sulle montagne si estendeva su quasi 900 metri quadrati. Per la crescita della pianta è importante l’acqua, ma non il terreno: è una pianta di poche esigenze, dalle cui inflorescenze tagliate si ricava l’hashish, che dalle montagne si trasporta giù verso il sud dell’Albania o al confine con il Montenegro.

Dalla cannabis si ricava anche l’olio che sul mercato costa circa 2mila euro al litro, mentre la pianta si vendeva circa a 200 euro al chilo. Il valore di mercato dell’hashish è invece più o meno di 10 euro per una dose di 10 grammi.

Gli scienziati hanno creato ultimamente anche semi di cannabis geneticamente modificata, provenienti dall’Olanda: è più facile trasportare i semi che le piante.

Dopo il Lazarat, le zone più coltivate in Albania sono quelle al nord: Malesia e Madhe, Dugagjini, ma anche le zone dietro la montagna di Dajti, vicino Tirana, e Kruja.

Ogni zona in Albania ha massimo due ispettori di polizia che controllano e raccolgono le informazioni, ma l’annientamento della cannabis non è mai dipeso dalla mancanza di informazioni sulle coltivazioni, quanto dalla protezione che alcuni politici e amministratori locali fornivano telefonando ai cellulari dei poliziotti, quando questi trovavano le piantagioni, per ordinare di non intervenire.

“Quando arrivavano le chiamate il gioco finiva”, raccontano. Alcuni poliziotti chiudevano gli occhi in cambio di una grossa somma di denaro, altri tacevano e basta perché altrimenti gli abitanti dei villaggi che coltivavano si presentavano direttamente a casa degli agenti per protestare.

“Le operazioni continueranno ogni giorno fino a settembre”, rivela il capo della polizia di Scutari, Dott. Shaban Nexhi: a quanto pare sarà un estate molto lunga.

“Si doveva cominciare con Lazarat”, dice un poliziotto mentre taglia le ultime radici. “Così non ci sparano più addosso come facevano una volta”, mentre il sudore gli scivola sulle guance rosse. “Ora non abbiamo più paura”.

 

 

Sosteneteci. Come? Cliccate qui!

associati 1



Lascia un commento