Nuovi militarismi

A due settimane dalle elezioni presidenziali in Brasile il clima che si respira per le strade è quello dell’intolleranza e della violenza

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/11/1015058_4778608114201_571572631_o.jpg[/author_image] [author_info]di Elena Esposto, da Rio de Janeiro. @loveSleepless. Nata in una ridente cittadina tra i monti trentini chiamata Rovereto, scappa di casa per la prima volta di casa a sedici anni, destinazione Ungheria. Ha frequentato l’Università Cattolica a Milano e si è laureata in Politiche per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo. Ha vissuto per nove mesi a Rio de Janeiro durante l’università per studiare le favelas, le loro dinamiche socio-economiche, il traffico di droga e le politiche di controllo alla criminalità ed è rimasta decisamente segnata dalla saudade. Folle viaggiatrice, poliglotta, bevitrice di birra, mediamente cattolica e amante del bel tempo. Attualmente fa la spola tra Rovereto e Milano[/author_info] [/author]

7 novembre 2014 – Sono passate quasi due settimane da quando i brasiliani hanno votato per il 2° turno elettorale.
È stata la vittoria dell’amore sull’odio, della verità sulla menzogna. Le immagini di Dilma che fa il segno del cuore con indice e pollice e che ribatte in modo composto alle volgari frecciatine del suo avversario nell’ultimo dibattito sono ancora impresse nella mente degli elettori petisti. È una grande vittoria, dicono.
Eppure non sembra.

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Il gigante si è svegliato ed è andato a esercitare i suoi diritti democratici, ma nel farlo ci ha mostrato, forse accidentalmente, il lato oscuro del suo carattere.
Lo aveva già fatto l’anno scorso durante le manifestazioni. Da un lato la purezza di chi è sceso in piazza credendo ancora che serva a qualcosa, e dall’altro la vigliacca violenza dei black block e di coloro che si sono nascosti dietro le maschere bianche. Perché di chi non ci mette la faccia, dicono da queste parti, è meglio non fidarsi.

Chi ha vinto queste elezioni non è stato l’amore del beijo no coração né la verità e la limpidezza dell’anticorruzione. Chi ha vinto sembra essere stata invece, ancora una volta, l’intolleranza.
L’intolleranza esplosa sui social network poche ore dopo che il risultato è stato comunicato ufficialmente.
Insulti diretti specialmente ai nordestini, perché è proprio nel Nordest che il PT ha preso la maggior parte dei voti e la classe media e la borghesia del Sudest questo non può perdonarglielo.

Gli Stati del Nordest sono effettivamente quelli che hanno tratto i benefici maggiori dai sussidi governativi ma i volgari e inammissibili insulti hanno come leitmotiv il fatto che i poveri (siano essi nordestini, neri, favelados…) sono stupidi e votano quelli che riempiono loro la pancia. E invece vi stupirebbe sapere quanta gente nelle favelas ha confessato il suo appoggio al partito opposto…

Il gigante giallo oro ci mostra insomma la sua faccia più oscura, quella che ha portato un umorista di Facebook a dire che dopo queste elezioni ci vorranno almeno tre Mondiali perché tutti tornino ad essere amici come prima.
La battuta è divertente ma la situazione non lo è altrettanto.
L’intolleranza si trasforma presto in odio, e l’odio in violenza. E non sto parlando solo della violenza di una polizia armata fino ai denti che spara sui manifestanti o dell’esercito che pattuglia le favelas. Parlo di quella violenza che permea in modo più o meno latente tutta la società.

Parlo dell’odio contro i neri, i poveri, i nordestini e gli indios. Parlo dell’intolleranza religiosa, parlo di quei candidati che in nome della loro fede evangelica cercano di far passare leggi omofobe al Congresso.
Parlo di quel signore che sull’Avenida Brasil distribuiva ai crackudos pane, mortadella e veleno per topi. Parlo della violenza domestica, dei mariti che impediscono alle mogli di mettersi il rossetto. Parlo dei genitori che crescono i figli a urla e sberle. Parlo di quella madre seduta vicino a me sul 630 che ha allattato il suo bambino per un’ora senza degnarlo né di uno sguardo né di un sorriso.

Parlo di quel collettivo studentesco che il 14 ottobre ha impedito che all’Universidade Estadual do Rio de Janeiro avesse luogo un dibattito sulle UPP, che ha stracciato alcune copie del libro che doveva essere presentato in quell’occasione e che ha insultato gli intellettuali che lo avevano scritto chiamandoli “fascisti”, senza rendersi conto che i veri fascisti erano loro, che nella foga di esercitare la loro libertà di dissenso toglievano a noi la libertà di discutere in modo civile.
Alberto, che vive nella favela Nova Holanda e lavora in un ONG locale, di militarismo e odio se ne intende. Lui sostiene che questa intolleranza che sfocia in violenza si basa sulla storia di un Paese costruito sulla schiavitù e la servitù dei grandi latifondi, un Paese cresciuto con la convinzione che grandi masse di popolazione non meritano di vivere umanamente, perché in fondo di humano non hanno poi molto.

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La polarizzazione di queste elezioni ha portato alla luce tensioni che riproducono questa dinamica storica. Quello che sta succedendo in Brasile è la disumanizzazione del diverso, dell’avversario, che non ha più diritto di esprimere la sua idea semplicemente perché è opposta alla nostra.

Un fenomeno che si era visto anche durante le “democraticissime” manifestazioni del 2013 quando i manifestanti, che si dichiaravano apartitici, si sentirono in diritto di pestare a sangue coloro che scendevano in piazza con la bandiera del loro partito.
È una terribile esacerbazione del “o con noi o contro di noi” che sta spaccando il Paese in due. Una frattura che si fa giorno dopo giorno sempre più profonda, violenta e insanabile.

La democrazia brasiliana è ancora troppo giovane per subire un colpo simile. La sua società, segregazionista e improntata all’esclusione, dovrebbe intraprendere cammini di inclusione e unione invece che atomizzarsi ulteriormente.

Dilma è una grande donna ma governerà un Paese sul filo di un rasoio politico, economico e sociale e non potrà fare un gran che.
L’odio va estirpato alla base. I brasiliani devono capire che chi non la pensa come loro non è necessariamente imbecille o fascista, devono imparare a non sentirsi minacciati dai successi degli altri, devono capire che il loro vicino di casa ha il diritto di credere in quello che gli pare senza necessità di togliergli il saluto.
Devono imparare che il dialogo magari necessita di più tempo ma porta più risultati di manifestazioni violente e slogan urlati a gran voce.
Per farla breve devono imparare tutto quello che noi italiani non potremmo mai insegnare loro.
Il 51% dei brasiliani ha votato Dilma perché la verità trionfasse sulla menzogna. Leggendo questo articolo spero che si ricordino che talvolta la verità fa male.
E se vi siete offesi…. beijo no coração!

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REMINDER PER CHI SI TROVA A MILANO!

Comincia oggi nel capolougo lombardo la terza edizione di Agenda Brasil 2014, settimana di film, musica, letteratura e fotografia dedicata al Brasile organizzata dall’Associazione Culturale Vagaluna.

Come nelle edizioni passati verrà proposta una rassegna di film brasiliani proiettati al Museo Interattivo del Cinema (MIC) in viale Fulvio Testi 121 e allo Spazio Oberdan, Via Vittorio Veneto 2.

Oggi, 7 novembre, alle 18.30 il festival verrà inaugurato al MIC con la proiezione di A coleção invisível, alla presenza del regista Bernard Attal. Dopo la proiezione sarà servito un piccolo rinfresco allietato dalla musica del Duo Marcangalha che presenterà una selezione della migliore musica brasiliana.

Tra gli altri film della rassegna segnaliamo in particolare Hoje eu quero voltar sozinho, del regista Daniel Ribeiro e candidato per presentare il Brasile agli Oscar nel 2014, che temi quali la diversità (fisica e sessuale), la ricerca di autonomia, l’amicizia, il rapporto genitori-figli, il bullismo e la ricerca della propria strada.

Ci saranno poi due appuntamenti interamente dedicati al grande cantautore carioca Chico Buarque, in occasione del suo settantesimo compleanno: mercoledì 12 novembre alle 16 alla Salumeria della Musica, in via Pasinetti 4, e giovedì 13 alla Mediateca Santa Teresa, in via della Moscova 28.

Sempre alla Mediateca sarà esposta per tutta la settimana dal 7 al 14 novembre la mostra fotografica digitale Rio 365 composta da fotografie di Instagram.

Due appuntamenti letterari si terranno poi presso la libreria “Il Libro” in via F. Ozanam, 11 e saranno dedicati uno alla letteratura infantile (sabato 8 novembre alle ore 16) e uno alla letteratura per adulti (mercoledì 12 novembre alle ore 17).

Tutti gli appuntamenti di Agenda Brasil 2014 sono disponibili sul sito di Vagaluna http://vagaluna.it/.

Vi segnaliamo inoltre la nostra campagna di crowfunding. Per coloro che vorranno partecipare sono in palio fantastici premi!!

http://buonacausa.org/cause/agenda-brasil-2014

Stay tuned e…. apareça!

Vi aspettiamo tutti!

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