Al ballottaggio centro-sinistra e centro-destra, con la variabile del voto di protesta
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/06/Schermata-2013-06-15-alle-20.39.17.png[/author_image] [author_info]di Francesca Rolandi. Storica, ha portato a termine un dottorato in Slavistica e si occupa di studi sulla Jugoslavia socialista. Ha vissuto a Belgrado, Sarajevo, Zagabria e Lubiana e ha provato a raccontarle per PeaceReporter, Osservatorio Balcani Caucaso, Cafebabel e Profili dell’Est. Attualmente vive tra Fiume e Milano [/author_info] [/author]
30 dicembre 2014 – In una domenica segnata dal maltempo in tutto il paese, il primo turno delle presidenziali in Croazia ha visto sfidarsi quattro candidati: Ivo Josipović, presidente uscente, del Partito socialdemocratico (SDP), Kolinda Grabar-Kitarović della Comunità democratica croata (HDZ) di centro-destra, Ivan Sinčić della lista civica Muro umano e Milan Kujundžić della Lega per la Croazia, coalizione che si colloca alla destra dell’HDZ.
Il testa a testa tra i rappresentanti dei due maggiori partiti, Josipović e Grabar-Kitarović, si è concluso con il primo in lieve vantaggio a 38,56% contro 37,08%. A seguire, la vera sorpresa di queste elezioni, il venticinquenne Sinčić, di professione studente universitario, con il 16,47%, e un risultato deludente per Kujundžić con il 6,29%.
Josipović, che molti sondaggi avevano dato per vincente al primo turno, paga in primo luogo il malcontento per la perdurante crisi economica, che, con una disoccupazione al 19% e una recessione della quale non si vede la fine, ha portato ai minimi storici di gradimento l’SDP al governo. Il suo argomento principale in campagna elettorale, le riforme strutturali come premessa per uscire dalla crisi, non ha convinto fino in fondo gran parte dell’elettorato.
I CANDIDATI ALLE PRESIDENZIALI IN CROAZIA
Grabar-Kitarović, invece, ha posto l’accento sulla volontà di cambiamento rispetto all’andamento economico odierno della Croazia, pur non argomentando come intende attuare questa sterzata, e sui temi usuali della famiglia, che in Croazia hanno già in passato spaccato l’opinione pubblica. Josipović e Grabar-Kitarović, più che dibattere su questioni concrete, si sono sferrati una serie di colpi bassi, rilanciandosi accuse reciproche di corruzione, da una parte, e responsabilità per lo stato dell’economica, dall’altra. Nella mappa dei risultati elettorali risaltano, come da tradizione, l’Istria e il Quarnero, insieme ai distretti settentrionali e alla capitale Zagabria, a favore del centro-sinistra, mentre l’HDZ ha ottenuto risultati migliori nel resto della Croazia e nella diaspora all’estero (in particolare in Bosnia Erzegovina, storico bacino elettorale del centro-destra).
Kujundžić ha fallito nel suo tentativo di creare un polo di destra alternativo all’HDZ, che si è invece mostrato in grado di captare una parte del dissenso nazionalista ribollito in Croazia negli ultimi anni. Sinčić, che si è presentato come l’alternativa ai due maggiori partiti, ha condotto una campagna elettorale populista, che si è incentrata principalmente sulle difficili condizioni economiche della Croazia.
La lotta contro alcuni effetti collaterali della crisi, come gli sfratti e il blocco dei conti correnti da parte delle banche nei confronti dei clienti morosi, nonché la richiesta di riscatto per le privatizzazioni torbide sono diventate i suoi cavalli di battaglia e si sono espresse nello slogan “Liberiamo la Croazia”, sottinteso dalla corruzione e dai politici responsabili dello status quo. A ciò si aggiungevano altre istanze, come quella di effettuare una lustracija dei funzionari del “passato regime” e di riportare il paese alla sovranità monetaria attraverso una ribellione alla “schiavitù del debito estero”. Propositi rivoluzionari che eccederebbero alquanto il mandato di un presidente della repubblica. Sinčić si dichiara né di destra né di sinistra e ha trovato una sua visibilità a fianco dei molti che sono scontenti della situazione attuale – dalle famiglie sotto sfratto ai veterani di guerra in piazza, a chi vorrebbe coltivare liberamente la marijuana – e ha riscosso consensi dall’Istria tradizionalmente rossa, a Zara, feudo dell’HDZ.
Già definito dalla stampa “il Grillo croato”, Sinčić è il rappresentante dell’antipolitica imperante – al primo turno delle elezioni presidenziali solo il 47% degli aventi diritto ha votato, una percentuale comunque più alta del record negativo del 44% nel 2009 –, come del malessere di un paese frustrato dalla crisi economica e che non si sente rappresentato dai due maggiori partiti, i quali appaiono sempre più simili l’uno all’altro, sia nelle ricette economiche che nell’apparato valoriale.
In una recente dichiarazione Josipović ha affermato di considerare il defunto presidente Franjo Tuđman, il primo presidente e padre-padrone della Croazia indipendente, una figura storica positiva, per il suo ruolo nella fondazione del paese e nella guerra degli anni ’90, che in Croazia è comunemente chiamata “guerra patriottica”. Anche nella notte elettorale il presidente uscente non ha mancato di riprendere la retorica patriottarda solitamente patrimonio del partito rivale: “troppo sangue è scorso per lasciare la Croazia a chi non la merita”.
Il secondo turno delle elezioni, programmato per l’11 gennaio, vedrà Josipović e Grabar-Kitarović fronteggiarsi fino all’ultimo voto. Mentre Kujundžić ha dato indicazione ai suoi elettori di votare la candidata dell’HDZ, Sinčić ha fatto appello ai suoi sostenitori di astenersi, ma, che lo ascolteranno o meno, saranno comunque loro a decretare la vittoria dell’uno o dell’altro candidato.
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