Colonna destra: Cora Ranci

La colonna destra dei siti mainstream italiani è il trionfo dei click e la morte del contenuto in rete. Dai castori che ballano alle anatomie dei corpi esibiti in finti servizi rubati.
Q Code Mag affronta la sonnolenza postprandiale che caratterizza alcune date clou di queste feste, o il senso dilatato delle giornate natalizie e di inizio anno, con una carrellata di consigli fra lettura, video, cinema, facezie o spunti per svuotare la scatola cranica. O riempirla di contenuti di quel bellissimo concetto dei nostri avi, che veneravano l’otium come occasione di crescita personale.

 

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Voglio dedicare la colonna destra di quest’anno a due storie di uomini che si sono spinti oltre il limite della natura documentando le loro imprese. Due uomini profondamente diversi tra loro, ma ugualmente alla ricerca di qualcosa che pensavano di trovare lontano dal mondo civilizzato, dove pure erano nati e cresciuti. In mezzo alla natura più selvaggia, dove l’uomo non è che un essere indifeso costretto a chiamare a raccolta tutte le risorse interiori per sopravvivere.

Ascoltando le loro storie viene da chiedersi: cosa ha spinto questi uomini nei boschi pieni di orsi e sulle cime himalayane, dove la morte si annida dietro ogni angolo? Personalmente, mi spaventa l’attrazione che provo per quella che una parte di me vorrebbe liquidare come una forma di folle perversione. Eppure va a finire così, che il giudizio lascia il posto alla fascinazione.

E quando accade che quella stessa fascinazione colpisce un regista come Werner Herzog, ecco che ci ritroviamo una perla come Grizzly man (2005), il film documentario che narra la storia di Timothy Treadwell, un uomo che a un certo punto della sua vita ha cominciato a passare le sue estati in Alaska, in quello che lui chiamava il santuario degli orsi Grizzly.

 

 

Il documentario è eccezionale perché composto in larga parte da riprese effettuate dallo stesso Treadwell, probabilmente inconsapevole di essere non solo un amante degli orsi ma anche un talento cinematografico. Deve essere stato questo a colpire Herzog. Treadwell porta la cinepresa a pochi centimetri dal muso di giganteschi orsi grizzly, fissa il cavalletto sul fiume dove nuota insieme a loro. In alcuni momenti inquadra se stesso e ci parla come se fossimo dei confessori. E pian piano, in un montaggio preciso e accurato, Herzog ci mostra la personalità di Treadwell, senza giudicarlo ma cercando di comprenderne lo spirito. Le immagini sono quelle della natura incontaminata dell’Alaska e della vita selvaggia degli orsi. Ma il vero oggetto dell’indagine è la natura dell’uomo.

Gli orsi, per Treadwell, furono una ragione di vita, e anche di morte. Il suo rifiuto per la civiltà, fatta di regole insopportabili, di incomprensione e di crudeltà, spinse Treadwell sempre più dentro il mondo degli orsi, fino a trovare la morte per mano loro. Ma per fortuna non tutte le storie finiscono male. Il pensiero corre alla storia di Walter Bonatti, esploratore, scalatore, fotografo, giornalista. Bonatti divenne famoso nel 1954 per la sua partecipazione alla celebre scalata italiana del K2. Ma il suo mondo non si esauriva con l’alpinismo, un ambiente segnato da competizioni invidiose. Nella seconda metà degli anni ’60, Bonatti decise di accogliere la proposta fattagli dalla rivista Epoca e iniziò a esplorare il mondo, da solo, con una macchina fotografica, come una sorta di inviato, come si diceva allora, “nelle terre selvagge”.

Il Palazzo della Ragione, a Milano, ha allestito una mostra con molti scatti realizzati da Bonatti durante i suoi viaggi. In molti lo vediamo, di spalle, a contemplare la natura. Oppure arrampicarsi in luoghi impervi, fondendosi col panorama. Bonatti fu uno dei primi a usare una tecnica ad autoscatto telecomandata da lontano che gli permise di immortalarsi pur viaggiando da solo. Proponiamo qui una gallery con alcune delle fotografie esposte alla mostra milanese. Per chi fosse incuriosito, però, l’invito è a sfogliare questo e-book scaricabile gratuitamente dal sito dell’archivio di Epoca, un po’ come si sfogliano i vecchi atlanti umani degli anni ’70. È una raccolta rilegata di reportage ricca di fotografie.

Treadwell e Bonatti sono due personaggi profondamente diversi ma accomunati da una spinta alla ricerca di qualcosa che pensavano di poter trovare nella natura. Hanno esposto le loro vite al pericolo per avvicinarsi a una verità che forse gli sfuggiva continuamente, o che forse avevano trovato. Questo non lo sapremo mai. Le loro testimonianze, fatte di splendide immagini, ci catapultano in una dimensione arcaica, dove domina la poesia.

 

 

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