Questo non è uno scontro tra civiltà

Questa è una storia vera. E inizia la mattina del 9 gennaio 2015, quando ricevo una telefonata da un caro amico, che è una persona intelligente e attenta, una persona che stimo e che in questo articolo chiameremo “Fabio”.

Fabio è ovviamente molto scosso dai recenti fatti di Parigi, ma è soprattutto preoccupato per altro. Con profonda sincerità, Fabio mi confida che in queste ore ha sentito parlare Matteo Salvini, il segretario federale della Lega Nord, e che alcune cose che ha detto Salvini gli sono suonate condivisibili, persino giuste. Con un certo livello di allarme, ma anche di coraggio intellettuale, mi domanda se sta diventando razzista.

Gli rispondo -ovviamente- che non so cosa rispondergli. Poi però mi metto a riflettere. Non tanto su dove sbaglia Matteo Salvini, che mi è evidente come la neve che si scioglie al sole d’aprile, ma su come fare per spiegarlo a Fabio, in modo chiaro e semplice, senza ricorrere alle categorie della politica e dell’ideologia, ché su quelle anche le minime divergenze rischiano sempre di divaricarsi in modo osceno e insanabile.

 
La situazione, in buona sostanza, è la seguente.

C’è una regione del mondo, bellissima e aspra, piena di contrasti anche solo geografici, che si affaccia sul Mar Mediterraneo. Le persone che abitano questo luogo hanno una cultura millenaria che è il risultato di guerre, occupazioni e saccheggi ma anche di una meravigliosa fioritura di civiltà, arti e bellezza.

Gli uomini della popolazione locale hanno in prevalenza occhi neri, baffi e barbe e, tradizionalmente, la loro tendenza verso le donne è di tenerle ai margini delle loro attività, se non addirittura vessarle, umiliarle, assoggettarle a una mentalità maschilista che, per tradizione e ignoranza, in questa regione è ancora ahimè diffusa.
Le cose stanno cambiando, certamente e per fortuna, ma quello che raccontano i giornali purtroppo sono ancora troppo spesso cronache di violenze e omicidi nei confronti di ragazze e donne, e di comunità che irragionevolmente si stringono attorno ai loro aguzzini.

Non aiuta il fatto che in questa regione sia onnipresente, anzi schiacciante, la fede in una religione monoteistica, fortemente radicata nella cultura e nelle tradizioni del luogo e attorno alla quale da secoli ruota tutta la vita non solo religiosa, ma anche sociale e culturale, delle comunità locali.

Questa religione monoteistica sarebbe in realtà promotrice di un messaggio universale di pace, di convivenza e integrazione, di cultura, di senso della comunità, di rispetto, ma -come accade sempre e ovunque con tutte le religioni- si presta anche (anche, non sempre, si badi) alle interpretazioni più personali, estremiste, integraliste. Insomma, questa fede viene spesso travisata o -ed è il nostro caso- usata in modo strumentale per ottenere altro.

E infatti in questa regione, ma anche in altre dove sono diffuse la stessa cultura e tradizione religiosa, si è spesso imposto un gruppo, dapprima ristretto e poi via via sempre più numeroso, di persone che hanno sapientemente unito il retaggio religioso e culturale a una spietata e cieca sete di potere.

Ne è nata una forma potentissima di violenza, che da un lato è profondamente radicata nei dogmi, nei divieti e nei rituali della religione monoteistica locale e dall’altro opera in un modo feroce e sanguinario che contraddice e anzi calpesta quotidianamente quegli stessi dogmi e divieti.

Questo gruppo di violenti vuole il potere, il controllo e la ricchezza. Per ottenerli recluta i propri militanti tra le fasce più povere e ignoranti della popolazione e poi li usa per minacciare, picchiare, bruciare, torturare, ferire, mutilare, uccidere, mettere bombe, colpire la popolazione civile, seminare il terrore, alimentare la paura, generare dipendenza. Tutto questo avviene in nome del dio in cui credono anche le loro vittime. In un certo senso, la religione funge da ammortizzatore psicologico per tutta questa violenza. Non a caso, il richiamo esplicito a quel dio è nel nome stesso che si sono dati alcuni di questi gruppi di assassini.

Coloro che hanno cercato -e tuttora cercano- di fermarli, criticarli o semplicemente irriderli vengono zittiti per sempre: registi, scrittori, uomini di cultura, sacerdoti cattolici, dissidenti, giornalisti, fotoreporter, politici, uomini di legge, rappresentanti della società civile, moderati, membri delle forze dell’ordine locali, soldati di stanza. La lista delle vittime è lunghissima e copre tutte le classi sociali, le professioni, le provenienze. La lista delle vittime fa paura per quanto è lunga e variegata.

Fino a un certo punto tutta la violenza di questo gruppo di assassini si è sviluppata solo nella regione del mondo di cui sto parlando. Poi, quando quella regione è stata finalmente conquistata e assoggettata, il gruppo di assassini ha dirottato la propria sete di potere, controllo e ricchezza altrove: ha scelto di andare all’arrembaggio del mondo intero.

E così anche negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Spagna, in Germania, in Francia sono iniziate le minacce, gli attentati, le torture, le mutilazioni, gli omicidi, il terrore, la paura.

Ora questi assassini sono ovunque, infiltrati e perfettamente nascosti nelle maglie delle comunità in cui vivono. Potrebbero essere i nostri vicini, gli ambulanti del mercato settimanale sotto casa, gli addetti alle pulizie delle nostre aziende, i muratori che stanno ristrutturando i nostri appartamenti.

 

E arriviamo così a Salvini.

La sua posizione è piuttosto chiara: questo gruppo di assassini è una minaccia per l’Europa e per l’Italia, e fin qui, sinceramente, non dice nulla di diverso da tutti gli altri esponenti di tutti i partiti politici di tutti i paesi del mondo. Salvini però fa un passo ulteriore: chiede che tutte le persone provenienti da questa regione vengano controllate, schedate, rimandate “a casa loro”, che sia loro impedito di erigere luoghi di culto, perché per Salvini la loro provenienza geografica e -a corollario- la loro fede monoteistica sono elementi già sufficienti per sospettare concretamente che siano anche potenziali assassini, un pericolo reale per la nostra società e la nostra libertà.

Bene, cosa rispondo al mio amico Fabio, potenzialmente seducibile da Salvini?

Gli rispondo semplicemente che Salvini (oltre a essere uno sciacallo che per propaganda cavalca un’onda fatta, non di mare, ma di sangue) sbaglia perché pone la questione sullo scontro tra civiltà.

Il pericolo dell’equazione di Salvini è che, se la accettiamo, anche timidamente, anche con tutti i distinguo di cui siamo capaci, da oggi inizieremo a guardare in modo diverso le persone che provengono da quella regione del mondo e che professano quella fede monoteistica. Non avremo paura solo degli assassini che uccidono, ma di tutti quelli che -come loro- hanno quel particolare modo di parlare, quei tratti somatici (i capelli neri, i baffi, le barbe), quella località sul passaporto, quella fede. Sospetteremo dei nostri vicini, degli ambulanti del mercato settimanale sotto casa, degli addetti alle pulizie delle nostre aziende, dei muratori che stanno ristrutturando i nostri appartamenti. Ma anche degli avvocati, dei consulenti editoriali, degli architetti, dei giornalisti, dei musicisti, dei facchini, dei traduttori, dei pizzaioli, dei viticoltori, degli intellettuali, dei capitani d’industria.

E come dimostro –in modo semplice e lineare- tutto questo al mio amico Fabio?

Lo dimostro rivelandogli che la regione del mondo, aspra e bellissima, di cui ho parlato in questo mio articolo è la Campania.

E che la religione monoteistica travisata strumentalmente è il Cattolicesimo.

E che il gruppo di assassini assetato di potere e infiltrato in tutto il mondo, che combina fede cieca e spietatezza, è la Camorra.

E chiedendo a Fabio se, ora che lo sa, guarderà in modo diverso i suoi amici di Napoli, di Salerno, di Benevento, di Caserta. Se diffiderà dei loro comportamenti e della loro amicizia solo perché nella loro terra di origine, aspra e bellissima, un gruppo di assassini ha usato sistematicamente e programmaticamente una propria versione perversa e disonesta di Dio, della Madonna e dei santi per ispirare, giustificare e benedire i propri atti scellerati di assalto al potere, saccheggio, distruzione, terrore e morte.

Se mi risponderà di sì, che avrà paura dei napoletani perché li sente tutti come potenziali camorristi, cioè terroristi, non avrò problemi a catalogarlo, non solo come razzista, ma anche come perfetto leghista. E allora buona fortuna, a lui e a Salvini.

Ma siccome Fabio è campano, se anche solo per un istante si è sentito incuriosito o urtato oppure offeso dal paradosso di questo articolo, probabilmente ora intuisce come possono sentirsi oggi i musulmani di tutto il mondo.

E lascerà Salvini alla sua triste, sfigatissima perché unicellulare, ma non per questo poco pericolosa, visione delle cose del mondo.

 

Sosteneteci. Come? Cliccate qui!

associati 1



Lascia un commento