Chiapas, festival di resistenza

Primo Festival Mondiale delle Resistenze e delle Ribellioni Contro il Capitalismo convocato dall’EZLN e dal Consiglio Nazionale Indigeno (CNI)
Le montagne di San Francisco Xochicuautla, che aspettano la neve e il Natale in silenzio, guardano benevole le migliaia di persone che si sono arrampicate fin quassù, senza farsi troppe domande.

Ignorano cosa sia la Francia, dove sia Nantes e che la costruzione di un nuovo grande grigio aeroporto stia per distruggere centinaia di ettari di terreni agricoli. Nulla sanno le montagne cariche di rugiada gelata, di Palestina, muri, armi al fosforo e compagnie transnazionali.

Non sanno nulla le montagne di Xochicuautla della tribù Yaqui del deserto nord , dell’acqua rubata, della Valle di Susa e dei No Tav,di canali artificiali, autostrade a sei corsie, miniere a cielo aperto, discariche eco sostenibili, mega viadotti, pozzi di petrolio,uranio militarizzazione e progresso. Non ne sanno nulla.

Solo sono montagne, parlano Nahuatl e non è facile spiegare.

In occasione del Primo Festival Mondiale delle Resistenze e delle Ribellioni Contro il Capitalismo convocato dall’ Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale(EZLN) e dal Consiglio Nazionale Indigeno (CNI), più di 2000 attivisti messicani, 500 internazionali da 48 paesi del mondo e centinaia e centinaia di rappresentanti di comunità indigene del Messico hanno attraversato il paese, partendo da questi monti, condividendo assieme all’EZLN la rabbia e il dolore per la situazione in cui versano i territori di tutto il pianeta.

Le montagne di Xochicuautla, minacciate dalla prossima costruzione di un’autostrada che ha già spazzato via intere comunità indigene, sono state le prime spettatrici di questo meraviglioso caos ordinato, di questo incontro fra tutta la gente di sotto, di questa festa de “los de abajo” del pianeta.

L’EZLN e il CNI hanno invitato tutti i popoli del mondo a incontrarsi qui in Messico e viaggiare assieme 15 giorni fino all’estremo sud della confederazione, per conoscere le storie e le pratiche di lotta dei popoli originari del paese e delle organizzazioni di tutto il pianeta che riconoscono nel movimento zapatista un referente politico.

Ancora una volta sono L’EZLN e le comunità indigene del Chiapas, a fare un passo in avanti verso l’unità di tutti i movimenti anticapitalisti del pianeta.

L’invito, formalizzato nel Caracol della Realidad prima dell’assassinio del maestro zapatista Galeano lo scorso giugno, è quello di camminare assieme ed iniziare un percorso comune con tutti coloro che lottano contro il neoliberismo e le grandi opere, che concepiscono il cambiamento fuori da partiti politici, dal basso e a partire da pratiche di lotta.

I camion arrancano,buffi, fra il deserto e i vulcani.

I peperoncini , verdi rossi, neri arancioni, si spezzano fra le mani di capi tribù, studenti, maestri, ragazze e ragazzi dei centri-sociali europei, campesinos e intellettuali, dando sapore ai sogni di ognuno.

Assieme attraversiamo un paese lacerato dalla violenza e i sequestri di Stato e dalla depredazione continua delle risorse da parte delle compagnie transnazionali, condividendo riso e fagioli e le storie di chi a questo paese e a questo sistema economico ha deciso di non arrendersi.

Dalle pendici della montagne di Lerma, ai miasmi, i canali aztechi e le straordinarie bellezze della città più grande del mondo, Città del Messico,fino alle lagune tropicali dello stato di Campeche abitate di scimmie e coccodrilli, al freddo pungente del Caracol zapatista di Oventik in terra Tzotzil, e al cielo terso dell’altipliano di San Cristobal de Las Casas.

“Preguntando caminando” ( “domandando, camminando”), come dicono gli zapatisti.

Insieme. Senza fretta ma senza fermarsi.

Piano piano l’inglese della gente di Ferguson si mescola al portoghese dei Sem Terra brasiliani, il Tzeltal dei chiapanechi della zona nord del Chiapas al coreano degli anarchici di Seul, al greco degli antifascisti greci e al Mixteco delle comunità in resistenza di Oaxaca fino a confondere persino le nostre paure e a trasformarle in Comunità.

Il sapone corre di mano in mano quando ci laviamo nel fiume.

Piango nella pioggia calda di Monclova ascoltando la voce dei padri e delle madri dei 43 studenti desaparecidos di Ayotzinapa, a cui L’EZLN ha ceduto il proprio posto durante la carovana per permettergli di gridare al paese e al mondo il proprio dolore, la propria rabbia e per incontrare altre rabbie, altri dolori ,altri padri, madri e sorelle. Come nelle parole del Subcomandante Moises :

“(. .) Poi è arrivato il vostro dolore e la vostra rabbia. Poi ci avete insegnato che era ed è il nostro stesso dolore, che era ed è la nostra stessa rabbia. Per questo vi abbiamo chiesto di prendere il nostro posto in questi giorni durante il Primo Festival Mondiale delle Resistenze e delle Ribellioni contro il Capitalismo. Non solo desideriamo che si raggiunga il nobile obiettivo del ritorno in vita di chi oggi ancora manca. Ma continueremo ad appoggiarvi con le nostre piccole forze. Noi zapatisti siamo sicuri che i vostri assenti, che poi sono anche nostri, quando saranno di nuovo presenti non si meraviglieranno più di tanto del perché i loro nomi hanno assunto diverse lingue e geografie. (. .)”

Ripeto in più occasioni, assieme alle comunità indigene del CNI e a tanti, tantissimi popoli del mondo,a voce bassa, i 7 principi con cui si governa EZLN .

E’ nell’affermazione di un “NO” netto a un sistema economico che sta distruggendo il pianeta che queste parole si spingono più in la delle congiunture elettorali, più in la delle alleanze e dei calcoli, toccando le corde di un “buon senso” diventato da 21 anni a questa parte, azione liberatrice.

1) Servire non servirsi
2) Rappresentare e non soppiantare
3) Costruire e non distruggere
4) Obbedire e non comandare
5) Proporre e non imporre
6) Convincere e non sconfiggere
7) Abbassarsi e non alzarsi

Ballo fino al mattino nella pioggia e nel freddo dell’altopiano chiapaneco con i miliziani e le miliziani dell’EZLN festeggiando il 21 anniversario dell’insurrezione zapatista e un nuovo anno di dignità.

Seduti sul campo di basket del Caracol di Oventik ascolto ancora una volta le parole delle famiglie dei 43 e per mezzo del Subcomandante Insurgente Moises, la voce dell EZLN, un’esercito di sognatori nato per cancellare ogni esercito, che ha voluto abbracciare uno ad uno i familiari dei 43 studenti della Normale Rurale di Ayotzinapa, e che nel silenzio di migliaia di sguardi, nell’oscurità della notte delle montagne del sud-est messicano accende tante piccole luci:

“ (. .) Il nostro sguardo non guarda solo vicino. Non guarda solo all’oggi e nemmeno solo al nostro territorio. Guardiamo lontano nei calendari e nelle geografie, così la pensiamo. Sempre di più ci unisce il dolore ma anche la rabbia. Perché adesso, e anche da un po’ di tempo, vediamo che in tanti angoli del mondo si accendono luci. Luci di ribellione e resistenza. A volte piccole come la nostra. A volte grandi. A volte flebili. A volte sono un fulmine che si spegne rapidamente. A volte continuano e continuano senza spegnersi nella memoria. In queste luci si avvicina il domani che sarà molto diverso.(. .) “
Allora, li, fra la pioggia e la stanchezza, il caffè si è trasforma in dolore da bere assieme senza paura di mandarlo giu. E il freddo e le montagne e le tende e le autostrade e i passamontagna non ci sono più.

Solo la notte si vede. Circondata da tante piccole luci buffe che vanno e che vengono. Come le lucciole.

Però di tanti colori.



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