Beyond The Arab Uprisings

A Venezia la XII conferenza di SeSaMo, per un bilancio delle regione MENA

Il 16 e 17 gennaio si è tenuto a Venezia, nella cornice di Ca’ Foscari e Ca’ Dolfin, la XII edizione della conferenza annuale di SeSaMo, la Società per li Studi sul Medio Oriente. Un’occasione di guardare alla regione MENA, quella del Medio Oriente e del Nord Africa, con un’attenzione ai temi, alle dinamiche e alla situazione attuale di una parte del pianeta che sempre di più occupa un ruolo centrale negli equilibri globali.

Una centralità che, troppo spesso, sui media italiani non si riesce a cogliere, salvo occasioni drammatiche, affrontate con le spesse e fuorvianti lenti dei problemi interni. Una semplificazione che spesso, invece di chiarire e spiegare, produce una macchina del pregiudizio molto pericolosa.

A Venezia si sono dati appuntamento ricercatori ed esperti da differenti realtà internazionali. Un convegno di livello, per il quale congratularsi con gli organizzatori e con il presidente di SeSaMo, professor Matteo Legrenzi, che ha dato appuntamento per la prossima edizione che si terrà l’anno prossimo a Catania. Un appuntamento nel quale si spera di confermare il livello di questa edizione, sperando che si riescano a ridurre i costi di partecipazione che hanno rappresentato un ostacolo per i tanti validi ricercatori precari italiani.

A dare inizio ai lavori prima il professor Eugene Rogan, con un quadro storico che ha reso benissimo l’idea che cento anni dopo l’accordo segreto Sykes – Picot, con il quale la Gran Bretagna e la Francia si spartivano le rispettive sfere d’influenza nel Medio Oriente dopo la Prima Guerra mondiale, si vive una attuale fase liquida di mutamento, che non è mai sconnessa da quello che è accaduto, o è stato fatto accadere, nella regione.

I panel hanno offerto un quadro di assoluto interesse, spaziando in tutti gli angoli della regione, dal
Marocco all’Iran. Passando per il dibattito sulle dinamiche economiche nella regione, quelle urbanistiche, quelle di genere, quelle politiche e giovanili. Fino all’analisi dei processi elettorali, che pur tra mille contraddizioni e irresolutezze, sono partiti.

L’aspetto della migrazione, poi, ha avuto un’interessante prospettiva, guardando a questa dimensione fuori da una presunta e ormai fuorviante logica dell’emergenza, per arrivare a una lettura matura dei
cambiamenti avvenuti in Egitto e altrove.

Il racconto delle ‘primavere arabe’ in Occidente e il racconto interno alle società arabe e islamiche dei mutamenti degli ultimi anni offrono uno spaccato interessante, che deve anche far riflettere su quanta strada dobbiamo ancora fare per liberarci definitivamente del retaggio di un certo orientalismo nel discorso pubblico sulla regione MENA. Anche perché quel che accade al di là del Mediterraneo, ci riguarda tutti.

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