Sud Sudan: nuovo cessate il fuoco

Perché questa volta l’accordo tra Kiir e Machar, forse, potrebbe reggere

tratto da

Buongiorno Africa

Il Sud Sudan ha un nuovo cessate il fuoco. I due leader che da quindici mesi si combattono in questo grande Paese che è la più giovane nazione del mondo, hanno firmato una intesa per la cessazione delle ostilità. È il settimo cessate il fuoco firmato da Salva Kiir e Riek Machar nell’arco di un anno. Gli altri sono stati violati nel giro di qualche ora e sono divenuti immediatamente carta straccia. Inutile dire che i due leader si sono accusati a vicenda di essere stati i primi a violare l’intesa. Questa forse ha qualche chances in più. Innanzi tutto perché si esce da queste trattative con delle cariche assegnate: Salva Kiir sarà il presidente e Riek Machar il vice presidente.

Non c’è niente di nuovo, i due ricoprivano già queste cariche ma il fatto che l’intesa preveda il ritorno al passato è già qualcosa. La mediazione infatti è difficile perché è impossibile offrire a Salva Kiir e Riek Machar qualcosa di più di ciò che avevano già.

E se si invertisse la posizione degli elementi, cioè se si facesse diventare presidente Machar e Salva Kiir il suo vice si avrebbe l’impressione che il primo abbia vinto clamorosamente. Se si facesse un presidente e un co-presidente si avrebbe la stessa impressione.

Il fatto di lasciare tutto come era, dunque è un passo avanti. Piccolo, insignificante ma qualcosa in più che gli altri cessate il fuoco non avevano. A deporre per il pessimismo c’è invece il fatto che sia Salva Kiir che Machar abbiano voluto sottolineare, immediatamente dopo la firma, che si tratta di un accordo parziale che non ha risolto i problemi di fondo. Sembrerebbe, insomma, che tutti e due abbiano voluto mettere le mani avanti.

Ma quali sono i problemi di fondo? Naturalmente il potere. Entrambi non vogliono dividerlo ed entrambi hanno dietro le loro etnie – Salva Kiir i Dinka e Machar i Nuer – che non vogliono una vittoria parziale dopo che per quindici mesi sono stati lanciati gli uni contro gli altri.

In gioco c’è una posta alla quale nessuno vuole rinunciare: il controllo dei ricchi giacimenti di greggio.

Dal punto di vista dei numeri la guerra civile sudsudanese ha ormai raggiunto i livelli di quando la guerra era condotta contro il nord: decine di migliaia i morti e quasi un milione e mezzo di profughi sparsi per il Paese e anche oltre frontiera. Insomma una catastrofe umanitaria.

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