Cafè Jerusalem

Al Teatro Stabile di Genova, dal 18 al 22 marzo, lo spettacolo teatrale di Paola Caridi, con i Radiodervish e Carla Peirolero


Prodotto dal Teatro Stabile di Genova, Cafè Jerusalem è diretto da Pino Petruzzelli, che è anche interprete, accanto a Carla Peirolero e ai Radiodervish, autori dei testi e delle musiche dal vivo: Nabil Salameh (canto, buzuki e percussioni), Michele Lobaccaro (chitarra, basso) e Alessandro Pipino (tastiere, fisarmonica).

tratto da InvisibleArabs

Quanto può essere invisibile una città agli occhi del mondo? E quanto può esserlo Gerusalemme, l’archetipo della città? Sembrano – e forse sono – domande paradossali. Come può un corpo vivo, fisicamente esteso, imponente com’è una città, essere invisibile al nostro sguardo? Ancor più sconcertante è che sia ignota la città par excellence, la più narrata, la più vista nei telegiornali, la più adorata da chi ha fede. Gerusalemme invisibile. Sì, succede. Accade quando nascosti sono i suoi abitanti, le sue storie quotidiane, i passi sulle strade, la pioggia sulla pietra antica della Città Vecchia.

Cafè Jerusalem nasce da questo paradosso. La città raccontata e mitizzata ben più di altre è anche quella meno visibile, nelle sue dimensioni e nelle sue giornate. Al contrario, la sua realtà nascosta, difficile, e spesso crudele, è proprio il tessuto di relazioni e conflitti di cui ho fatto parte integrante, nei miei dieci anni di vita a Gerusalemme, e di lavoro come giornalista e scrittrice. È l’umanità dolente, gli sguardi, i ritmi religiosi e prosaici, indecifrabili ai più.

Ne avevo scritto, certo. E tanto. Ne ho scritto molto anche in un libro, Gerusalemme senza Dio (Feltrinelli 2013) da cui Cafè Jerusalem prende più di qualche spunto. Neanche un libro, però, è riuscito a sanare una necessità, quasi un dovere: rendere carne gli sguardi e le vite degli altri. Le vite dei gerosolimitani, distillate nei ricordi anche dolorosi, sempre intensi, di un decennio fatto di giorni e giorni e suoni e ritmi e canti e sirene.

Il testo teatrale sublima questa necessità. E lo fa partendo dalla nostalgia. La mia nostalgia di Gerusalemme è tutta, o quasi, nei suoni. Nel ritmo antico del giorno di Gerusalemme, che inizia prima dell’alba con l’adhan, la chiamata alla preghiera musulmana. Un canto dolce, che prelude all’ingresso – potente e abbacinante – della luce del sole. La luce che conclude la notte, cioè la tregua a Gerusalemme, e mostra la città nel suo tran tran di quotidianità difficile, spaccature, conflitti.

Cafè Jerusalem va dunque oltre il mito della città. Ed entra nei suoi suoni. È per questo che il progetto teatrale nasce con i Radiodervish, che assieme a me più volte hanno vissuto e ascoltato la città, nei loro frequenti viaggi a Gerusalemme. I suoni – e dunque la musica e i brani dei Radiodervish, band culto nel panorama della world music italiana – sono nella trama del testo teatrale. Nabil ben Salameh, Michele Lobaccaro e Alessandro Pipino sono lì, sulla scena. Filo ineludibile per tessere l’intreccio, perché la spola possa entrare e uscire dal telaio e comporre la storia di Nura, gerosolimitana, palestinese, cristiana, e di Moshe, gerosolimitano, israeliano, israeliano, ebreo.

Nura ricorda. Ricorda una storia sopita, prima di metterla in valigia e di lasciare una Gerusalemme, la sua, che non c’è più. Ricorda soprattutto le parole non dette, l’afasia che stringe la città e i suoi abitanti in un cappio. Le parole che non furono dette, le parole per conoscersi, sono quelle tra Nura e Moshe, ma anche tra il giovane palestinese Musa e la ragazza-soldato israeliana che gli chiede i documenti. In un passaggio di testimone tra le generazioni che tramanda la sofferenza, e rinvia a data da destinarsi la soluzione del conflitto. Perché poco è stato detto, e dunque poco si è chiesto al proprio nemico, per sapere chi è, quali sono i suoi sogni, cosa rivendica.

Manifesto_Cafè Jerusalem

Quando ho pensato a Nura, alla sua dolente serenità, ho subito raccordato il suo volto con quello di Carla Peirolero. L’avevo vista in Madri Clandestine, un altro progetto del suo multicolore Suq, laboratorio culturale del dialogo, oggi ancor più necessario, di cui Genova dovrebbe andare ancor più fiera. Carla aveva nelle Madri Clandestine, e ha in Cafè Jerusalem, quella empatia non affettata, quella saldezza che volevo far emergere dal volto e dalla voce di Nura. E Carla conosce anche lei Gerusalemme, e da Gerusalemme è stata anche lei colpita. Come Pino Petruzzelli, non solo regista di un progetto così singolare che ha sposato con gioia, ma Moshe-Musa, l’uno e il suo antagonista, il vecchio gerosolimitano che ha visto tutte le recenti guerre, e il giovane gerosolimitano che non sa come comporre rabbia e richiesta di diritti inalienabili.

Come nei mosaici bizantini che la ritraggono, Gerusalemme è ancora oggi una città-fortezza. Nascosta al mondo dai suoi muri, fisici prima ancora che mentali. Oltre quei muri, c’è una città complessa, ricca di persone, di facce, di storie che sono spesso annullate dalla semplice cronaca che tutto appiattisce. La realtà, però, non può essere dimenticata solo perché la cronaca non ne parla. Dimenticare la realtà significa ritrovarla poi, un giorno, nella cronaca di sangue, senza saperne le ragioni e la storia.

Il mio regalo alla Gerusalemme di cui ho fatto parte è darle corpo, lacrime, suono, voce, perché su un palcoscenico si possa illuminare la vita e la dignità delle persone, di ognuno dei cittadini. Il mio dovere verso gli invisibili.

Per Cafè Jerusalem (in scena al Duse da mercoledì 18 a domenica 22 marzo 2015) sono validi gli abbonamenti Libero e Giovani, oltre che le consuete agevolazioni per studenti e gruppi organizzati in collaborazione con l’Ufficio Rapporti con il Pubblico.
Info: 010/5342300 www.teatrostabilegenova.it info@teatrostabilegenova.it www.genovateatro.it
orari: feriali ore 20,30 – domenica ore 16 – lunedì riposo
prezzi: 25,00 euro (1° settore), 17,00 euro (2° settore)
Prenotazioni a partire da martedì 10 marzo

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