Fu tortura. Una sentenza europea conferma la verità storica

(ANSA) – STRASBURGO, 7 APR – Quanto compiuto dalle forze dell’ordine italiane nell’irruzione alla Diaz il 21 luglio 2001 “deve essere qualificato come tortura”. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo che ha condannato l’Italia non solo per quanto fatto ad uno dei manifestanti, ma anche perché non ha una legislazione adeguata a punire il reato di tortura.

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Fu tortura e dobbiamo vergognarci perché non abbiamo un reato apposito.

La Corte europea dei Diritti Umani certifica. Come troppo spesso accade la verità giudiziaria – almeno quella europea, perché in Italia è negata in assenza di reato da contestare – arriva lentamente a sovrapporsi a una verità storica che fu chiara fin dai primi istanti. Una lentezza esasperante, che in ogni caso fa felici gli amanti del diritto e della verità perché costituirà precedente e perché scrive in maniera chiara una sentenza che ha un significato profondamente politico.

Non è un eccesso declinare questa sentenza e dire che gli agenti dei vari corpi di polizia che commisero le violenze fisiche o psicologiche torturarono e che tutta la catena di comando fino alle responsabilità politiche dei ministri dell’Interno e Difesa, presidenza del Consiglio dei Ministri furono responsabili delle torture commesse, non fosse altro per comportamenti omissivi, nel migliore dei casi e a essere ingenui, cosa che non siamo.

Nel marzo 2014 il Senato della Repubblica ha votato un testo per istituire il reato di tortura che dovrebbe essere compreso nell’articolo 613, con un articolo 613 bis che prevede aggravanti se a commettere il reato è un pubblico ufficiale. Un disegno di legge che ha provocato alcune critiche (leggi qui). Qui sotto, invece, riportiamo il testo che ora dovrà passare dalla Camera dei deputati, prima di diventare legge dello Stato.


Quando sarà, e se il testo rimarrà integro senza emendamenti o amputazioni, sarà il caso di festeggiare.

Oggi, la soddisfazione di veder riconosciuto un fatto reale e storico, a 14 anni di distanza dal G8 genovese, non può che lasciare aperta ancora una ferita personale per chi subì quelle violenze e non si è ancora, non riesce a rappacificarsi con un Paese incapace di giustizia e per chi politicamente ha sempre chiesto a gran voce una commissione di inchiesta che fu negata a partire dai banchi dei partiti cosiddetti progressisti, sull’altare delle trattative politiche del momento.

Il passaggio giusto e doveroso che prevedeva un ripensamento della gestione dell’ordine pubblico e una severità esemplare per l’abuso di potere in divisa sono rimasti così lettera morta.

La tendenza – la sentenza è della Corte europea – di un abuso di potere per legge nel Continente è sancito dalle attuazioni della polizia e dalle leggi che vengono promulgate anche in paesi a noi vicini, come la Ley Mordaza in Spagna, dove se filmi un manifestante picchiato da un poliziotto finisci in galera tu e il manifestante. L’hanno chiamata la legge per la sicurezza della cittadinanza, chissà con quali imbecilli sorrisetti al momento di vergare titolo e norme liberticide.

Che Genova 2001 sia stata un laboratorio repressivo è cosa ormai consegnata alla storia e nel compiacerci ogniqualvolta un piccolo pezzo di quella storia riesce ad andare a incasellarsi nella giusta posizione, rimangono aperti tanti interrogativi che riguardano il nostro paese, così come questa comunità europea che sa essere coesa solo nella difesa dal ‘diverso’ o in nome del capitale.

Fin quando avremo corpi di polizia vestiti alla robocop, protetti dalla legge, capaci di impunità, coperti dalla politica in nome di una complicità di sistema, armati con gas vietati dalle convenzioni internazionali, manganelli e spray urticanti, pistole elettriche in arrivo e palle di gomma da sparare a piacimento il punto non sarà solo quello di avere finalmente un reato che contesti la tortura, che dia modo di processare per tortura. Ma sarà quello che punta il dito verso chi promuove e copre le torture legate all’abuso di potere delle divise invasate a reprimere proteste o a sentirsi immuni di fronte al singolo.

Il reato di tortura sarebbe un grandissimo passo in avanti, così come un’azione politica di prevenzione e di revisione delle procedure per evitare, una volta scritto nel nostro Codice penale, che sia contestato.