Montagna: Femminile Plurale

Otto montanare contemporanee raccontate in e-book

di Sandro Bozzolo

 

Facebook segnala un libro acquistabile in versione e-book: “Montagna: Femminile Plurale”. Il titolo mi incuriosisce e decido di chiedere informazioni a una dei due autori (come fare a prescindere dal maschilismo insito nella lingua italiana, almeno in questo caso?) su questo lavoro scritto a quattro mani, che allunga l’occhio su uno degli aspetti più significativi nella plurisecolare relazione tra essere umano e montagna: la presenza femminile. La “montagna” che fa da sfondo sono le Alpi Liguri e le Marittime. Il dialogo a cascata generato dalle mail, come spesso accade, prende direzioni imbizzarrite e Irene mi aggiorna sugli ultimi avvenimenti. “Ne ho combinata una delle mie: mi sono iscritta per scherzo a una gara podistica a sorteggio (‘ma figurati se mi estraggono, su migliaia di domande’) ed è uscito il mio numero. Ah, quando si dice la fortuna: 330 km e 24.000 m di dislivello”.

Il libro quindi diventa subito reale. Sono passati solo trent’anni da quando Nuto Revelli pubblicò L’anello forte, che gettava luce sulle drammatiche condizioni in cui le donne di montagna avevano vissuto per secoli. Sono passati solo trent’anni ma è cambiata la montagna ed è cambiata la condizione femminile in generale. Le biografie raccolte da Irene Borgna e Giacomo Pettenati raccontano prima di tutto scelte di vita definite in prima persona. Eppure, in un ambiente segnato dalle caratteristiche… dell’ambiente stesso, l’intero progetto nasce da una constatazione di fatto: “le donne sono sempre state protagoniste della vita in montagna. Quando gli uomini, durante l’inverno, lasciavano la borgata per i lavori stagionali, erano loro a mandare avanti la baracca e a far superare la stagione alle decine di bambini e anziani rimasti in montagna”. Cosa significa quindi “montanara”, oggi? “È una definizione che comprende tante cose diverse, ma soprattutto il fare le cose con le mani”, dice una delle donne intervistate.

Il libro, che è una ricerca ma anche un racconto e forse un diario, segue due approcci diametralmente opposti. Da un lato il modus operandi del cittadino, che si arrampica su per strade capaci di incuriosire con l’obiettivo dichiarato di fare l’en-plein. Quattro storie in un giorno, quattro scelte esistenziali da condensare in poche pagine, per poi fuggire verso l’incontro con la coautrice.

Che però in montagna ci vive, e ha inseguito i suoi personaggi femminili con il passo lento delle stagioni. E in effetti la narrazione segue il ritmo alternato di una vicenda cinematografica, due movimenti paralleli che si apprestano a incontrarsi partendo da lontano.

Al centro, un’umanità al femminile variegata e competente, emblema di una montagna che sa rinnovarsi e offrire opportunità al coraggio creativo. C’è Katia, campionessa di scialpinismo ed ex impiegata di banca, oggi gestrice di un rifugio alpino. C’è Anna, che fa la bergera in Alta Valle Tanaro e chiama le pecore come gli antichi faraoni egizi per aiutare suo figlio con i compiti di storia antica. C’è Patrizia e c’è Patricia, la prima tessitrice di una rete di coordinamento tra nuove e vecchie montanare (http://donnedimontagna.net), la seconda artigiana e artista vetraia a Chiusa Pesio. C’è Romina, la feltraia della Valle Stura, che espone le proprie opere nelle sfilate di mezza Europa. E poi ci sono Francesca, “ricercatrice dei due mondi”, che studia il lupo sulle Alpi Marittime. Roberta, che con sua figlia coltiva fiori ed erbe officinali nonostante i cinghiali e i cacciatori di cinghiali. E Michela, colonna portante di una Casa Alpina che coinvolge un’intera comunità.

irene borgna copertina

La costante di queste storie sta nella loro genesi: in un’ipotetica rappresentazione grafica, il cammino che le ha portate in montagna apparirebbe simile al movimento di una lepre, che con sicurezza si avventura in direzioni azzardate per poi tornare sui suoi passi e modificare radicalmente velocità e traiettoria. Le storie raccolte testimoniano la necessità di inventarsi un lavoro, di crearsi uno spazio. Perché in fondo “l’importante non è saper stare al proprio posto, ma conquistarsi un posto che sia il proprio”. E inevitabilmente la dimensione giusta arriva dopo tentativi caparbi e sogni avventati. Per tutte, montagna ha significato un ambiente spigoloso, che costringe a prendere le misure calibrando con attenzione ogni movimento. “L’assenza di un sentiero battuto renderà il percorso ancora più interessante”, all’ombra di una montagna che pare selezionare con cura e attenzione le sue donne.

E alla fine il viaggio si compie, la metanarrazione si completa. Il geografo cittadino raggiunge la montanara postmoderna, che si difende dalla precarietà contemporanea correndo in salita tra un lavoro a contratto e i vetri che si ghiacciano dall’interno. Nella sua testimonianza, forse, la storia delle storie: donne in montagna che sembrano rendere ordinario quel che invece è straordinario, femminili plurali di parole ancora da inventare.

“Montagna: Femminile Plurale”, pubblicato da Zandegù e disponibile nei formati .epub, .pdf e .mobi.