Senza paura: #Dimissioni

Cittadino somaro, impara la nobile arte del tweet che in meno di 140 caratteri riesce a stravolgere il senso della democrazia delegata.

Il corto circuito è totale oggi di fronte alla decisione del presidente del Consiglio Matteo Renzi di mettere la fiducia sull’Italicum, che brutto nome, cioè la riforma della legge elettorale che nasce da una lunga trattativa con Silvio Berlusconi.

Come si vota la proposta di riforma di un sistema elettorale bocciato dalle nostre stesse istituzioni, dichiarato illegale, con la certezza di essere stati chiamati, in recenti passati, a comizi falsati dai calcoli meschini di chi si cuce le regole addosso nella speranza di trarne il miglior profitto?

Mettendo la fiducia, esautorando cioè il Parlamento dall’unico compito fondamentale che è quello di poter valutare e criticare ed emendare fino ad arrivare a un voto che abbia un esito.

La fiducia è la mannaia di chi in nome del ‘basta rinvii’ impone la propria legge, si prende le sue responsabilità.

Nello strabordare della personalità del Capo, come veniva chiamato lo stesso ex cav. e come ben si addice anche a questa edizione molto contemporanea del culto della personalità e della propaganda 3.0, restiamo rapiti, nel senso di sequestrati, dalla dabbenaggine del mainstream che ci ammannisce ogni giorno il cinguettio del Premier che premier non è, perché in Italia non c’è – ancora – un premierato, ma presidente del Consiglio.

Renzi ride, Renzi sbadiglia, Renzi sulla San Giusto, Renzi parla dallo streaming in diretta da più posti nello stesso giorno, Renzi si fa i selfie e noi li dobbiamo vedere, Renzi si fa il Pd come gli piace, Renzi si fa l’Italia come gli va e nel nome della modernità e del progresso marciamo compatti verso un grumo di potere senza più identità né comunanza di ideali di una storia passata importante e una visione ancora non dichiarata, ma dimostrata di organizzazione trasversale, Nazione, che cerca solo maggioranze capaci di doppia cifra nel segreto dell’urna.

Eravamo liquidi, ci spiegava Bauman, siamo evaporati in un sistema di individualismi destrutturati dall’omicidio della bellezza nelle architetture di vite possibili che ci han lasciato in dote dopo il banchetto opulento di banche e fondi speculativi. La morte della politica, dell’impegno civile, del compromettersi per una idea.

La sostituzione dei dieci commissari Pd avversi all’Italicum, alcuni giorni fa, è stato uno sfregio che un partito normale non avrebbe liquidato così come è avvenuto, i militanti non l’avrebbero permesso, forse, un tempo.

Abituati agli atti di forza imposti, al potere di una classe dominante così distante dalla nostra realtà, alle regole del palazzo che nulla hanno a che spartire con quelle delle nostre strade, ci scandalizziamo senza agire.

L’uomo solo al comando non prova vergogna, ma rivendica. Non ha paura e non ha – dovrebbe – vergogna nell’ andare a modificare la legge che regola la nostra singola capacità di incidere nella vita politica, l’unica possibilità, quella di esprimere un voto e delegare qualcuno perché amministri la cosa pubblica per noi, nel nostro interesse.

Una pagina brutta, non che si prospettasse chi sa quale panorama visto il piglio di chi vuole plasmare la vita politica di un Paese a sua immagine e somiglianza, liquidando in un tweet la questione.

Con la ‘porcata’ o meno si torni a votare. Non è questione di strategie politiche, ma di dire che è ora di finirla con il leaderismo dal volto tranquillizzante e finto di una democrazia calpestata.

Dalla riforma del lavoro al Piano Casa, al Piano scuola a tutte queste sigle vuote che vivono lo spazio effimero della propaganda di un marketing volgare.

Dopo anni di rinvii anche noi prendiamoci le nostre responsabilità di fronte al Paese.

Senza paura. #Dimissioni

 

 

 

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