Polis Arte: i sensori di Santander

Per QCT, il racconto di un’esperienza tra Venezia e Santander

di Elena Mazzi

Ero stata costretta ad attraversare il quartiere di San Marco in pieno, calli che non percorro mai solitamente. Così, esasperata da quella folla, stretta tra muri, acqua e corpi, vagavo con la mente verso il mio prossimo viaggio. A breve sarei infatti partita per Santander, città a nord della Spagna, sulla costa dei Paesi Baschi, dove sole e nuvole si alternano con una velocità disarmante e il mare è una lingua lunga di terra che a tratti sembra infinita. Capo indiscusso della città, da poco defunto, il signor Botin, che con il suo ‘Banco Santander’ detiene il potere. Non a caso il cartello d’ingresso alla città, ‘Bienvenidos a Santander’, è di fatto il logo bancario, nonché della Fondazione creata in seguito, che supporta e investe in ricerca scientifica, sviluppo territoriale, cultura, arte e sport.

Ogni estate la Fondazione organizza un workshop estivo per giovani artisti internazionali, invitando un artista affermato a trattare una tematica ben precisa. Quest’anno sarebbe stato Carlos Garaicoa, artista cubano classe 1963, che avrebbe condotto un workshop sul tema “Arte e politica: una finzione nella realtà.”

Santander si è rivelata una città atipica per essere in Spagna; una sorta di Nizza del nord. Dopo le prime passeggiate compiute in tarda mattinata per scoprire la città, io e il resto di giovani artisti internazionali selezionati – una decina in tutto – riuscivamo a spendere rari pomeriggi in spiaggia dove, unica coraggiosa, mi tuffavo in acqua. Ogni tanto mi seguiva  Amir, artista israeliano con cui avevo legato molto.

Di sera, unico momento libero per noi, ci ritrovavamo nelle salette comuni del campus universitario dove alloggiavamo, a confrontarci sulle rispettive pratiche artistiche e a parlare della guerra che stava colpendo la sua città, e di come lui si sentisse a riguardo: un artista israeliano filo-palestinese non aveva vita facile, e lui da anni si era trasferito a Berlino per fuggire da tutto e tutti. Le giornate avevano un ritmo strutturato, anche se non in maniera categorica; ci si ritrovava a Villa Iris in mattinata, luogo deputato al nostro operare.

 

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