Il teorema di Nash e l’ideologia liberista

di Bruno Giorgini

Inizia oggi una serie di articoli dedicati alla Scienza dei Cittadini

John Nash matematico ha molto lavorato sulle teoria dei giochi e sulle equazioni alle derivate parziali, è diventato una leggenda presso il grande pubblico anche per effetto del film “A Beautiful Mind”, nella sua vita ha incontrato la sofferenza psichica diagnosticata come schizofrenia paranoide, che lo ha afflitto per decenni, fin quando nel 1994 non è stato insignito del Premio Nobel per l’Economia.
Recentemente anche le sue ricerche sulle equazioni differenziali non lineari e sulle varietà algebriche sono state riconosciute come fondamentali facendogli vincere il Premio Abel per il 2015.

John Nash è morto assieme alla moglie pochi giorni fa in un incidente stradale all’età di 87 anni.

Se la schizofrenia segna la sua vita, leggiamo cosa scrive Nash quando finalmente la frattura della sua psiche sembra ricomporsi. Tuttavia questo non è solo motivo di gioia, come accade a una persona che torna ad essere in piena forma dopo un periodo di incapacità fisica. Un aspetto del problema è che la razionalità del pensiero pone dei limiti alla concezione che la persona stessa ha delle sue relazioni con il cosmo – e spiega – Per esempio, una persona che non aderisce alle teorie di Zarathustra potrebbe pensare a lui come a un pazzo che ha trascinato milioni di ingenui a seguire il culto rituale dell’adorazione del fuoco. Ma senza la sua “follia” Zarathustra sarebbe stato solamente uno tra i milioni o miliardi di esseri umani che hanno vissuto e che sono stati poi dimenticati. Dove è evidente una concezione dell’essere umano che va oltre il dominio della razionalità per accedere a altre forme di sapere, strettamente imparentate con “la follia”, e qui come non ricordare Giorgio Colli laddove scrive lapidario: La follia è la matrice della sapienza.
Questo per dare la percezione della complessità del pensiero di Nash e del suo tentativo di esplorare la mente umana oltre le colonne d’Ercole della ragione comunemente intesa, camminando in territori dove lo spirito può perdersi.
Il ritorno a casa, sempre comunque incerto, fu per Nash lungo circa trentanni (1959- 1990 date simboliche con diversi periodi di lucidità intercalati da più o meno lunghi geyser di follia) durante i quali vagò tra Parigi dove era fuggito per diventare cittadino del mondo, gli ospedali psichiatrici dove di tanto in tanto veniva ricoverato (il primo ricovero ufficiale di 50 giorni è del 1959), i viali del campus di Princeton aggirandosi come un fantasma spesso in preda a vari e diversi deliri, dall’onnipotenza alla depressione, dal furore religioso al dogma di un ordine cosmico razionale assoluto.

Fin da quando arriva a Princeton per il dottorato nel 1948, tutti sono d’accordo a considerarlo un genio – Princeton dove stanno Einstein, von Neumann, Gödel tanto per dire tre scienziati tra i più grandi lungo qualche secolo.

Un genio eppure la sua tesi di dottorato non gli assicura un posto stabile nel mondo accademico di quella università. Allora nel 1951 emigra al MIT (Massachusetts Institute of Technology) dove si prospetta una miglior carriera, ma la sofferenza psichica insorge interrompendo il percorso. Nel mentre “La teoria dei giochi di Nash era considerata un’arma segreta nell’ambito di una guerra nucleare di cervelli contro l’Unione Sovietica. Speriamo che la teoria dei giochi funzioni, proprio come nel 1942 abbiamo sperato che avrebbe funzionato la bomba atomica, dichiarò all’epoca un ufficiale del Pentagono alla rivista Fortune.” (John Nash – Giochi non cooperativi e altri scritti – a cura di Harold W. Kuhn e Sylvia Nasar – Zanichelli 2004). L’epoca sono proprio gli anni ’50 quando Nash – prima di “impazzire”o forse “impazzendo” durante e a causa di – collaborò per un certo tempo con la RAND, una commissione supersegreta per la guerra fredda.

Comunque a livello accademico Nash abbandona il MIT per tornare a Pricenton dove accede a borse di studio e posti precari come uno studente, di genio ma pur sempre uno studente, a vita. Invece con una capriola del destino nel 1994 arriva il Nobel.

Cosa è accaduto perchè infine il suo genio venga riconosciuto. Perchè il Nobel in Economia e non la medaglia Fields – l’equivalente del Nobel per i matematici, datosi che non esiste un Premio Nobel per la Matematica. Inoltre il Nobel per un risultato raggiunto e enunciato nelle 27 pagine della sua tesi di dottorato scritta tra il 1948 e il 1950, ovvero quarantanni prima; la stessa tesi – giova ripeterlo – che non gli era valsa un lavoro di ricercatore e/o insegnante a Princeton.

Nell’abstract della tesi titolata NON-COOPERATIVE GAMES, giochi non cooperativi, Nash così riassume il risultato principale: The main mathematical result is the proof of the existence in any game of at least one equilibrium point (il risultato matematico più significativo è la prova dell’esistenza di almeno un punto di equilibrio)…As an illustration of the possibilities for application a treatment of a simple three-men poker model is included. (Come esempio di possibili applicazioni si tratta un semplice modello del poker con tre giocatori). Vediamolo un po’ più in esteso. Nel poker ciascuno gioca per sè, puntando a guadagnare il più possibile – gioco non cooperativo dove la strategia è inevitabilmente selfish, egoistica.

Le regole del gioco sono trasparenti, le stesse per tutti, e note a ciascun giocatore. Non si può barare ma si può bluffare. Il numero dei giocatori a un tavolo è fissato ab initio e non cambia nel corso della stessa partita.

Possiamo enunciare il teorema dell’equilibrio selfish dimostrato da Nash così: in un gioco non cooperativo basato su m regole trasparenti, cui partecipano n individui che praticano strategie selfish, e rimanendo costanti n e m nel corso della partita, esiste almeno un punto d’equilibrio. Detto in altri termini, se ciascuno dei giocatori opera coerentemente per il proprio interesse e si gioca abbastanza a lungo, si arriverà prima o poi a una situazione un cui tutti ci guadagnano, e nessuno sarà tentato di rovesciare il tavolo.

Il risultato diventa socialmente interessante se si applica all’economia, e in particolare all’economia di mercato. Per meglio dire: non se si applica , ma se si assume come base “scientifica”per il funzionamento dei mercati, le Borse e più in generale Il Mercato Globale, l’ipostasi che presiede all’economia capitalistica sull’intero pianeta. In altra forma possiamo dire: il teorema di Nash viene assunto come atto di fondazione sedicente scientifica del pensiero liberal liberista unico se non totalitario, intrecciato col dominio mondiale dei mercati, in specie finanziari. Dominio che produce: enormi diseguaglianze sociali, un sistema di guerre puntaggiate, la terza guerra mondiale a pezzetti di cui ha parlato il Papa, l’asfissia della democrazia, delle libertà, dei diritti sociali, politici, civili nonchè distruzione sistematica delle risorse e dell’habitat naturale. Nella concezione selfish, si tratta di eventi “naturali” prima o poi destinati ad andare all’equilibrio, con un vantaggio per tutti. Insomma sfruttamento, diseguaglianze, guerre, mercato degli schiavi, cambiamento climatico sarebbero null’altro che fenomeni contenuti all’interno del lindo teorema di Nash che rimette comunque le cose a posto.
Possiamo porre il teorema a vari livelli. Uno metafisico: se al gioco non cooperativo del mercato partecipano tutti gli esseri umani del globo, prima o poi ciascun umano ne avrà un beneficio.
Il secondo, più pragamatico, restringendosi ai mercati finanziari generalmente intesi: chi partecipa al gioco selfish del mercato prima o poi ne avrà un guadagno.
Infine il terzo livello attinente le Borse, e si ripete la storia.
In nessuno dei tre livelli c’è bisogno di norme e/o azioni dettate dallo Stato, dalle Istituzioni Pubbliche, dalla Comunità e/o società degli umani che definiscano limiti e regole del funzionamento dei Mercati e dell’accumulazione di capitali (per esempio politiche fiscali volte a tassare i patrimoni, aborrite dai liberisti), in funzione di un Bene Comune comunque definito, perchè il bene comune non esiste.
Nello schema selfish del gioco non cooperativo i mercati si autoregolano tendendo comunque a soluzioni d’equilibrio, equilibrate (da cui se fate attenzione nasce l’equità, snervata e castrante dizione che ha sostituito l’eguaglianza).
In nessuno dei tre livelli vale la pena ribaltare il tavolo, tantomeno provarci. Sarebbe come opporsi a un terremoto o a uno tsunami. Una cosa da matti.
Tanto più che dopo il terremoto c’è un mucchio di macerie da riparare, speculazioni edilizie della ricostruzione da attuare, capitali da guadagnare, persino le pompe funebri s’arricchiscono. Per le guerre è lo stesso.
Dopo il teorema di Nash e sulla sua scia sono nati, cresciuti e diffusi miriadi di modelli economatematici e algoritmici, alcuni disastrosi per abissale stupidità e rovinose conseguenze, altri puramente di rapina. Come sempre ogni ideologia si porta dietro parecchio ciarpame.

Ideologia perchè il teorema di Nash non è applicabile a nessuno dei tre livelli che prima dicevo. In nessuno di questi il numero dei giocatori rimane costante, in nessuno le regole del gioco sono del tutto trasparenti e neppure rimangono inalterate in corso d’opera, in nessuno è impossibile barare, anzi viceversa il baro è soggiacente ogni istituzione finanziaria e di mercato, le fondamenta che non si vedono perché interrate, ma necessarie perché il palazzo stia in piedi, possa operare e ingrandirsi fino a occupare tutto lo spazio-tempo disponibile, prosperando.
Non è un caso che Nash non estenda il suo teorema oltre il gioco del poker a tre. Fin qui vale il teorema, dopo nasce, si costruisce e propaganda l’ideologia, cioè come Marx insegna: la falsa coscienza. Così, nel nome della teoria dei giochi applicata alla economia, a metà degli anni ’80 del secolo scorso, manipoli di esperti della teoria si sparsero nel mondo specie anglosassone predicando e “convincendo” i governi a mettere all’asta i beni pubblici, privatizzando quasi tutto, dalle concessioni per le estrazioni del petrolio alle bande per la telefonia cellulare e le ICT, Information Communication Technologies, dai mercati dell’energia elettrica e fossile fino ai metodi per risparmiare sui medici ospedalieri. Una follia assai più gravosa per le genti della schizofrenia di Nash. Una follia che esplode dopo il Premio Nobel a Nash, sembrando e volendosi razionale nonché giusta sulla base del suo teorema.
In realtà la decisione della privatizzazioni fino all’abolizione dei beni comuni e collettivi fu tutta interamente politica, dovuta alla fine dell’Urss e al fallimento del comunismo incarnato, nonché della socialdemocrazia. Ma tant’è, sotto mentite spoglie l’ideologia liberista si affermò, cosìcchè in una vera e propria epidemia di demenza, persino media nati nel cuore della sinistra critica da noi cominciarono a comunicare i bollettini di borsa nei loro giornali radio o stampati.

Nella concezione classica di Smith, Ricardo, Marx, Sraffa eccetera l’economia è sempre economia politica nonché scienza sociale e storica, insomma ha sempre a che fare con gli esseri umani e le loro traversie, conflitti, liberi arbitrii e libere volontà.

In questa dimensione polifonica essa si dimostra troppo permeata di dubbi, troppo critica, troppo legata alla biodiversità sociale, per supportare l’egemonia – la dittatura, questo significa la parola greca “eghemonia” – del capitalismo globale, in specie nella sua variante finanziaria, che deve affermare il mercato come paradigma unico, motore dell’accumulazione e ordinatore sociale.
Per capire la potenza dell’ideologia fondata sulla teoria dei giochi leggiamo Mayerson, uno dei suoi più attivi propagandisti e venditori, premio Nobel per l’economia nel 2007. Prima di Nash, la teoria dei prezzi era l’unica metodologia generale disponibile per la scienza dell’economia. La potenza concettuale della teoria dei prezzi permetteva agli economisti di operare come consulenti molto apprezzati nell’applicazione pratica della politica a un livello al quale non si erano mai avvicinati i docenti di altre scienze sociali.(..)Accettando la teoria dei giochi non cooperativi (ovvero le strategie selfish, egoistiche ndr) come metodologia analitica fondamentale, accanto alla teoria dei prezzi, l’analisi economica è tornata all’ampiezza che caratterizzava gli antichi filosofi greci interessati al sociale, che coniarono il termine economia. E squillano le trombe delle magnifiche sorti e progressive dell’egoismo individuale e sociale, che a dispetto del teorema di Nash ha portato all’attuale crisi economico sociale.
Inoltre il predominio in campo accademico e teorico del pensiero selfish ha recentemente trovato un primo oppositore di rango in Piketty, e un testo di riferimento nel libro Le capital du XXI siecle.

Tutt’altra storia vale per i giochi cooperativi come il tresette o il bridge quando si gioca in coppia o il football dove competono due squadre da undici giocatori ciascuna, e ogni squadra funziona secondo una logica cooperativa dove si innestano le qualità individuali, ma nemmeno Maradona e/o Messi si possono permettere di giocare secondo una strategia puramente selfish. Forse sta tornando il tempo in cui si riaprirà il confronto tra sistemi e giochi non cooperativi basati sull’egoismo, e sistemi dove le strategie altro non possono che essere cooperative per il bene comune.

Concludiamo con le parole di un poeta, W.H. Auden: La Scienza come l’Arte, è divertimento, un trastullarsi con la verità e nessun gioco dovrebbe mai pretendere di annientare l’enigma dal pesante coperchio: cosa è la Buona Vita.

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