Scuola precaria

di Antonio Marafioti

I sindacati bloccano gli scrutini, il Partito Democratico si spacca e la Commissione Affari costituzionali boccia il disegno di legge di Renzi. L’iter della riforma scolastica si complica. Ne parliamo con una delle “cattive maestre”

“Sarà il primo blocco scrutini dal 1990, uno sciopero al quale abbiamo deciso di partecipare perché è necessario attraversare qualsiasi tipo di mobilitazione contro il ddl scuola proposto da Renzi-Giannini”.
Elisabetta Careri, 38 anni, insegnante precaria, quest’anno ha lavorato all’Istituto Comprensivo di viale dei consoli a Roma, è una delle quattro “cattive maestre” della prima ora, una di quelle insegnanti che hanno spiegato in un video virale girato sui social network e ripreso dalla gran parte degli organi di stampa, perché la riforma della Buona Scuola è inaccettabile.
Una risposta dal basso al governo guidato da Matteo Renzi al quale, questa volta, non è bastato presentarsi solo davanti alle telecamere e recitare a memoria un nuovo copione su una nuova riforma del suo esecutivo. A livello mediatico il presidente del consiglio era già stato sconfitto da sé stesso dopo aver erroneamente scritto “umanista” invece che “umanistica” nella sua ormai celebre arringa televisiva davanti alla lavagna.

Due giorni fa una nuova batosta in Commissione Affari Costituzionali al Senato dove il disegno di legge è uscito sconfitto in seguito a un pareggio (10 voti contrari e 10 favorevoli) ottenuto solo grazie alla votazione, fuori prassi, della presidente dell’assemblea, Anna Finocchiaro.

Contemporaneamente le “cattive” hanno lanciato in rete un nuovo video, aderendo allo sciopero degli scrutini indetto da quasi tutte le sigle sindacali e incitando i colleghi a incrociare le braccia. “La riforma continua a marciare nonostante l’intero mondo della scuola stia manifestando dissenso attraverso varie pratiche – dice Careri. Noi abbiamo sentito il bisogno di rispondere al video di Renzi alla lavagna, un video offensivo e pieno di retorica. Inaspettatamente la nostra risposta ha ottenuto migliaia di visualizzazioni e colleghi da tutta Italia ci hanno ringraziato, mandando segnali si sostegno e supporto. Le “cattive maestre” non sono solo le quattro docenti che hanno deciso di apparire nel video, al nuovo messaggio hanno voluto partecipare più persone. Durante questa settimana di sciopero abbiamo lanciato degli hashtag su twitter provando a mappare le adesioni, i principali organi di stampa sembrano poco interessati dalla notizia”.

La partecipazione è stata alta in tutte le scuole, dalla Lombardia alla Sicilia, raggiungendo un blocco delle valutazioni finali che, in alcune città, ha toccato il 95% del totale delle classi.

E il lato politico? Il punto è chiaro. “Siamo un gruppo di docenti indipendenti che si oppone alla riforma – continua Careri – chiediamo che venga ritirato un disegno di legge che persegue un progetto ormai cominciato più di dieci anni fa e che mira a trasformare definitivamente la scuola pubblica in un’azienda. Non crediamo che il ddl sia emendabile e non accettiamo il ricatto del governo che usa le assunzioni come moneta di scambio per far passare una riforma che nessuno vuole”.
Su questo punto sorgono le divergenze con i sindacati, Flc Cgil, Cisl e Uil scuola, Snals, ANIEF e Gilda, che pur sostenendo la protesta e le cause degli insegnanti, si dicono più favorevoli a una soluzione che parta da vari emendamenti al disegno di legge.

I precari, invece, vedono solo una soluzione possibile, ovvero “lo stralcio del decreto assunzioni dal disegno di legge e il rifinanziamento dell’istruzione pubblica”.

La partita, per ora, è stata rimandata di due settimane. È questo il tempo chiesto dallo stesso presidente del Consiglio nel corso della direzione nazionale del Partito Democratico. La frattura all’interno della formazione di maggioranza ha convinto Renzi a prender tempo per “discutere in ogni circolo del Pd”, perché, ha sostenuto, “non siamo riusciti a coinvolgere il mondo della scuola”. Questione rinviata, dunque, con un nodo di costituzionalità da risolvere, i rappresentanti della scuola e dei sindacati all’opposizione e un premier deciso ad andare fino in fondo a costo di “spaccare definitivamente il partito”. Renzi ha assicurato ai suoi di avere numeri per approvare le riforme e che la Buona Scuola “la facciamo per i ragazzi e non per assumere 200mila persone”. Resta ora da capire se l’inquilino di palazzo Chigi deciderà di ignorare i segnali di opposizione provenienti dalla minoranza del suo partito e le proteste di precari della scuola e sindacati, ovvero cercherà di aggiustare il tiro per evitare che la riforma della scuola diventi, come molti già annunciano, la sua Waterloo.

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