I numeri (quelli veri) dell’immigrazione

Ecco quali sono le cifre dell’immigrazione. O, perlomeno, quelle di cui pochi parlano.

di Lucia Lanzini

Parlare di immigrazione è ormai equivalente a parlare di numeri. Cifre che cambiano a seconda di chi le pronuncia, utilizzate prevalentemente a fini elettorali. Dati che allarmano, ripetuti unitamente a frasi propagandistiche. Il tutto con il drammatico effetto di materializzare un fenomeno, probabilmente il più tragico di questo periodo, che riguarda – non dimentichiamo – persone in primo luogo.

Non è questa la sede per ripetere le famigerate cifre di cui i politici si riempiono la bocca.

Si può parlare di numeri quando si parla di immigrazione, ma da chi vive quotidianamente questo dramma, le cifre in questione sono ben diverse.

148.65.106

Ovvero i numeri di sbarco di una delle tante famiglie accolte a Milano. Vengono scritti su un braccialetto di plastica dal quale non si separano, quasi li rassicurasse. Il primo è quello della madre, gli altri dei figli. Sembra quasi di vederli mentre vengono salvati e trasportati a riva. E sembra quasi di vedere la paura dipinta sui loro volti perché separati l’uno dall’altro, senza sapere che ne sarà di loro.

45

Il numero di ospiti accolti nella struttura nel cuore della notte, senza preavviso. Persone affamate, in viaggio da chissà quando, alle quali bisogna dare subito un pasto, da lavarsi e da cambiarsi. Per dare loro la dignità che meritano, per non far dimenticare che sono umani.

5

I componenti di una famiglia siriana media. Mamma, papà e bambini. Nuclei famigliari ormai rari per noi italiani.

2

I componenti, invece, di una famiglia eritrea. Mamma con bambino. Di solito, si tratta di neonati, che le donne tengono legati a sé sulla schiena, con un’abilità e sicurezza invidiabili.

20

Sono gli anni di Q., una giovane donna nigeriana che ha partorito da poco in Italia. Una ragazza alta, snella, coi capelli lunghi fino a metà schiena. Splendida quanto fragile. Fragilità che manifesta quando sussurra dolcemente “Bless you” alla sua piccola creatura quando starnutisce.

1

Il mese che O. ha trascorso in Libia, proveniente dal Camerun. Un lasso di tempo sufficiente per essere violentata e per portare, ora, in grembo il frutto di tale atrocità.

1995

L’anno di nascita medio delle donne già mamme al centro. In Italia, invece, nemmeno chi si avvicina ai trent’anni può progettare di avere un figlio.

 

Ecco quali sono le cifre dell’immigrazione. O, perlomeno, quelle di cui pochi parlano.

Senza contare, poi, tutti quegli aspetti non quantificabili.

Come le notti in bianco di chi ha deciso di dedicare anima e corpo nei progetti di accoglienza. O come il numero di telefonate che si ricevono e si effettuano al centro durante la giornata. La rabbia che si prova nei confronti di chi, vigliaccamente, chiama da numero privato per dire che “ci dovremmo vergognare” per quello che facciamo, o verso chi cavalca l’onda di questo fenomeno solo e unicamente per accaparrarsi voti.

La stanchezza, che si accumula, giorno dopo giorno, fisica e mentale, per cercare di far funzionare tutto e per dare il massimo a chi ha bisogno.

È altrettanto incalcolabile, però, la soddisfazione che si prova. Soddisfazione per aver dato un letto su cui dormire, da mangiare e da vestirsi. Ma soprattutto tempo, quello necessario, per organizzare l’ultimo viaggio verso la meta prescelta.

Soddisfazione, per l’abbraccio di A., una donna di mezza età siriana, arrivata da sola, senza soldi né contatti, che l’altro giorno è riuscita a partire e ci ha salutato, commossa.

Ecco le vere cifre sull’immigrazione.