Diario di un referendum: OXI

Come è stata trattata la cronaca sulla corsa pre-voto dai mass media? L’Europa divisa in due posizioni politiche

di Bruno Giorgini

Comincia la domenica di passione: il referendum in Grecia, sì o no ai diktat dell’oligarchia politica, finanziaria, tecnocratica europea (troika ecc..). Chi vincerà.
Tifo per la vittoria del NO, OXI. Ma il tifo non basta. A fronte sparano coi cannoni della paura i potenti oligarchi, accompagnati dai cantori dell’establishment grandi oracoli di catastrofi.
Dalla rassegna stampa su Radio 3 tenuta da una onesta giornalista del Messaggero scelgo i giornali. Il Manifesto, La Repubblica, la Stampa. Escludo il Corriere perché Federico Fubini scrivendo da Atene ha esagerato nella sua faziosità quasi delirante, e perché i suoi togati osservatori sono, se possibile, ancor peggio. Il Sole 24 ore manco a parlarne.

Molti noti e notissimi economisti, premi Nobel eccetera si sono schierati per il NO, eppure la notizia nei giornali italiani, e sugli altri media, in genere diventa piccola piccola o scompare.

La Repubblica oltre a cronache un po’ meno becere, ha il pregio di pubblicare in largo il NO di Krugman assieme a quello di Sennet, sociologo urbano insigne che dice: “voterei sicuramente per il NO. Non è più tollerabile essere comandati da un potere illegittimo. Meglio poveri che sudditi”.

Su La Stampa Mario Deaglio scrive: “il Fondo Monetario che fa il duro con la Grecia, ma ha prestato senza fiatare all’Ucraina 17.5 miliardi di dollari (che probabilmente non rivedrà più)” Più chiaro di così: la battaglia è interamente politica.

Il Manifesto chiaramente schierato racconta il piano “segreto di Nea Democratia” la destra, per fare vincere il sì. Niente di sconvolgente, ma la riprova, ennesima, che in causa non è il debito, ma la politica e che le cosidette riforme altro non sono che uno strumento di comando delle oligarchie sulle classi subalterne – direbbe Gramsci.
Sempre dalla stessa fonte nei giorni precedenti abbiamo appreso due cose non secondarie, di cui tra i media cartacei solo Il Manifesto c’informa (e i social network nonché alcuni magazine on line). La prima che si è avviato un movimento di solidarietà con il popolo greco e per il NO, OXI, di ricercatori, studiosi, docenti universitari con un appello che si può firmare in rete.
In quest’ambito scorro alcune prese di posizione significative.

Il medico: L’Europa è in mano alle banche, ma oggi almeno i greci possono dire la loro. Sono vicino al popolo che soffre e voterei un secco No” (Gino Strada di Emergency)

Lo scrittore. “Voterei No. Premono per il Sì i vertici europei e le banche: ecco quindi una buona ragione per dire No e sfiduciare tutti e due” (Erri De Luca)

Lo scienziato. “Voterei No. Ricordando che in diversi Paesi l’usura e anche lo strozzare le famiglie che non pagano i debiti sono considerati reato” (Carlo Rovelli)

La seconda cosa molto importante che ci dice il Manifesto, non a caso oscurata dai media dell’establishment, recita: La Germania non è monolitica, in Parlamento i deputati verdi (8.4%) e della Linke (8.6%), non due o tre ma 127, hanno vivacemente protestato, nel paese organizzando anche molte e varie manifestazioni contro la Merkel e il governo di coalizione tra CDU, i democristiani, e SPD, i socialdemocratici.
Rimanendo in Germania i social network segnalano una trasmissione su 2 DFTV, DIE ANSTALT sul debito. La vedo in streaming, insomma sullo schermo del calcolatore. È in tedesco, ma con sottotitoli in italiano.

Si discute, oibò, del debito tedesco verso la Grecia, dopo la seconda guerra mondiale. Il bilancio in vite umane viene enunciato in 300.000 morti per fame, 60.000 ebrei uccisi, deportati e morti in campo di sterminio, 10.000 civili assassinati. La quantificazione parla di una somma dovuta alla Grecia per danni di guerra pari a 330 miliardi di euro.

Ma, si sa, la Germania fu esonerata dal pagamento nel quadro dell’accordo di Londra del 1953. Sì ma non per sempre. Quando fosse venuto il tempo della riunificazione, il debito andava pagato. Il che non è accaduto. Il tutto può sembrare piuttosto accademico finché non irrompe in scena uno dei sopravvissuti al massacro di Distomo, un paesino su cui nel 1944 piombarono le SS trucidando 218 persone, quasi tutte donne vecchi e bambini, di cui molte e molti furono orrendamente torturate/i, gli uomini stavano nei campi. L’anziano uomo, dopo aver raccontato come riuscì a fuggire dalla finestra della sua casa in fiamme assieme alla sorellina, disegna la sua via crucis per ottenere un risarcimento ma ecco la Germania democratica ergersi contro le vittime fino a ottenere un verdetto che la esentava poiché la strage fu “catalogata come iniziativa nella cornice di un atto bellico”.

Riassumendo: lo stato tedesco post seconda guerra mondiale ha pagato in tutto ai greci 115 milioni di marchi per crimini di guerra e connesse distruzioni!
Diciamola in lingua dotta: Merkel e gli altri oligarchi tedeschi hanno la faccia come il culo, ma fin quando potranno durare usando debito e austerità come manganelli per ridurre all’ordine e alla subordinazione i popoli d’Europa.
Certamente si stanno guadagnando l’odio delle genti e distruggendo l’unione europea.

Per consolarmi dall’intossicazione pangermanica rileggo il discorso di Pericle agli ateniesi. Siamo nel 461 a.C e là si scolpisce la democrazia. Anche quella che si afferma oggi col referendum.
Citiamo alcuni brani.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia (..)
Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private. (..) E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.
Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
Qui ad Atene noi facciamo così.

Ripenso al referendum che voleva fare George Papandreou nel 2011 sulle imposizioni della troika. Sarebbe stata buona politica, ma non ne ebbe il coraggio. Le sirene della catastrofe attivate dall’oligarchia europea lo assordarono e, impaurito, si ritirò. Adesso senza vergogna si sbraccia a dire che se vincessero i NO, OXI, sarebbe un disastro, lui che la Grecia ha portato all’attuale disastro. Con la cura della troika approvata dai governi greci prima di Tsipras, la ricchezza annua prodotta (PIL) è diminuita del 25% per cento – del 6 per cento nel solo 2011 – rispetto ai primi anni Duemila e il debito pubblico greco (oggi 330 miliardi di euro) è aumentato fin oltre il 174% del PIL. La spesa pubblica è stata tagliata del 25% (106 miliardi di euro), e i salari sono stati ridotti di oltre il 20% mentre la disoccupazione globale si aggira attorno al 27.5% e quella giovanile arriva al 57%. Tralasciando qui lo sprofondo della sanità e delle pensioni, talchè si può a buon diritto parlare per la Grecia, paese europeo per giunta nell’eurozona, di emergenza umanitaria. Benvenuti in Eurolandia.

 

Andreas Papandreou

Andreas Papandreou

Ho conosciuto di striscio Papandreou padre, Andreas, al tempo dei colonnelli quando durante un suo giro in Italia cercava aiuti e solidarietà per la resistenza contro la dittatura. Voleva avviare un progetto di radio clandestina che, correndo lungo l’Adriatico da Rimini a Bari, trasmettesse in Grecia. Qualcosa facemmo, poi arrivò l’insurrezione degli studenti del Politecnico, il regime dei colonnelli cadde e della radio non seppi più niente.

Adesso sono le sette, le 19, del 5 luglio 2015 e non mi resta che aspettare.

Inganno il tempo cercando in rete anticipazioni, saltabeccando da un canale TV all’altro, da una radio all’altra, telefonando a amici e antichi compagni di stravizi rivoluzionari. Così scopro che il NO vien dato in vantaggio ovunque. Speriamo che questi dati vengano confermati. Addirittura Radio Popolare, riprendendo il Guardian, afferma che il NO sarebbe in vantaggio di 8 – 10 punti.
Sul sito ufficiale del Ministero degli Interni greco si trova che col 20% delle schede scrutinate, il NO è al 60%.
Per tenermi al riparo da delusioni mi dico che comunque vada è comunque già andata bene averlo potuto fare questo referendum. Intanto in rete compare la facciata del Ministero tedesco delle Finanze illuminata da una grande scritta OXI! Die Linke, come a dire, non tutti i tedeschi sono Merkel.

Alle otto e mezzo si profila una splendida vittoria, oltre le previsioni, della democrazia, il governo del popolo, sulla oligarchia, il governo di pochi. La prima così netta in Europa.

Vittoria in una battaglia, sapendo che la guerra sarà lunga. In Grecia i cittadini festeggiano nelle strade, e si riempie piazza Syntagma che è stata nel corso di questi anni il motore politico di massa che ha portato a questa vittoria. Vittoria contro la dittatura del debito, diventata una sorta di forca caudina per chiudere la bocca al dissenso, e contro l’austerità. Una vittoria della democrazia greca in primis, una vittoria del governo di Tsipras e di Syriza in secundis, una vittoria dovuta anche al modo in cui Varoufakis ha condotto le trattative. Una speranza di vittoria per la sinistra tutta in Europa, a cominciare dalle elezioni spagnole lì a due passi.

Sconfitta è certo la Merkel, e la destra che lei guida. Il primo secco reale schiaffo che riceve. A cascata tutti gli altri oligarchi, la direttrice del FMI, il Presidente della CEE, quello dell’Eurogruppo, il nostro Draghi della BCE e qualcuno devo averlo dimenticato, masticano amaro. Sconfitta anche la socialdemocrazia, SPD in testa che ha auspicato, e operato per, la caduta di Tsipras, ma pure il PS francese e Hollande. Insomma tutto l’establishment ha ricevuto un colpo. Tanto più che si era in ogni settore impegnato in modo molto duro e senza esclusione di colpi contro Tsipras e il suo governo, dai media allineati nelle menzogne e nello spargere paura, ai tecnici, esperti, economisti a predire “scientificamente” catastrofi, i finanzieri e i banchieri a minacciare sfracelli sui mercati, fino ai sedicenti saggi a dare consigli di moderazione. Per non dire dell’ingerenza praticata al limite dell’oscenità dalle istituzioni europee tutte allineate come tanti soldatini al seguito di Merkel e gli altri oligarchi.

Molto importante è anche che questa sconfitta dell’oligarchia politica – finanziaria e tecnocratica europea, che la rivolta contro la troika di un intero popolo tramite referendum democratico, sia avvenuta su indicazione di un governo di sinistra, sia pure con al suo interno una forza nazionalista di minoranza, e non invece per l’assedio di forze di destra come il FN francese o la Lega italiana.

Domani si può prevedere una reazione furiosa e stizzita dell’oligarchia. Quanto e fin dove è difficile dire. Ma la ripresa delle trattative mi pare inevitabile. E per quanto riguarda noi tifosi di Tsipras, è arrivato il momento di scendere in campo. La partita si è riaperta per un’altra Europa e per un’altra Italia. Cominciamo a giocarla.

Ore 21.11. Sembra ormai stabile il 60% circa di NO, OXI, contro il 40% di sì. Venti punti di differenza. Clamorosa smentita dei sondaggi che ancora stamane davano un testa a testa. Nemmeno il peggiore degli statistici può commettere un errore così marchiano. Quindi usando il rasoio di Occam, secondo cui la spiegazione più semplice è quasi sempre quella vera, i sondaggi erano truccati. Il che è gravissimo dal punto di vista “scientifico”, ma dice anche la durezza dello scontro in atto, ripeto senza esclusione di colpi. Sappiamolo.

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