Pericolo social network

I mezzi tecnici che ci connettono al mondo in ogni istante nascondono anche delle insidie

di Flavia Zarba, tratto da IRPI

Facebook,Twitter, Instagram, Wechat, Whatsapp, solo per citare i più noti, hanno ormai preso il sopravvento nel mondo della socializzazione e comunicazione sostituendo tutte le tradizionali forme come incontri o telefonate. Lo sanno pure i più piccoli, creare un profilo virtuale è semplice: basta un nickname, un’email, una data di nascita e una foto profilo! Altrettanto facile è però incorrere in abusi perché spesso il social si usa imprudentemente.

Quali sono i principali abusi commessi in Italia?
Abusi sessuali, truffe informatiche fatte con falsi profili , estorsioni a sfondo sessuale, furto d’identità, bullismo mediatico, diffamazione e persino, tra i casi più recenti, l’apologia di fascismo, l’istigazione alla violenza e le truffe commerciali sono gli illeciti più diffusi in Italia via web.

Ogni quanto si verificano ipotesi di illeciti?
A ben vedere i dati sono sconcertanti. Nel 2014 la polizia postale e delle telecomunicazioni ha raccolto in Italia oltre 80mila denunce relative a truffe online: 10mila di queste riguardavano crimini informatici ai danni di sistemi di home banking. Parliamo dunque di oltre 300 denunce al giorno, una ogni 5 minuti.

Come individuare il pericolo per potersi premunire?
Occorrerà, come prima cosa, usare il buonsenso specie se, ad essere coinvolti sono i minori, sempre più spesso vittime di abusi sessuali sul web. A tal proposito qualche indicazione sul particolare fenomeno denominato Sexting (sex + texting), cioè l’invio di messaggi, foto o video sessualmente espliciti via cellulare è stata offerta da Save the Children Italia Onlus. Non è raro che nell’intenzione del ragazzo o della ragazza, questi comportamenti possano essere strumentali all’ottenimento di piccoli vantaggi personali (ad esempio, ricariche telefoniche in cambio di immagini ‘osè’), ma non è altrettanto raro che questo gioco venga, alla resa dei conti, condotto da un adulto potenzialmente abusante.

Secondo i dati raccolti da questa ricerca, il 34% degli intervistati, dunque 1 ragazzo su 3, dichiara di aver ricevuto messaggi con riferimenti al sesso mentre è tra i 14 e i 15 anni che la maggior parte dei ragazzi maschi e femmine – il 54% del campione – diventano “attivi” inviando il loro primo messaggio “hard”, invio che non imbarazza ma, anzi, vede in azione anche il 36% degli intervistati fra i 10 e i 14 anni. Il divertimento è tra le principali ragioni alla base dello scambio di immagini/video a sfondo sessuale (per il 44% degli intervistati); per il 40% rappresenta un modo per riuscire a vincere la propria timidezza ma più in generale è la voglia e il bisogno di esibizione e di mostrarsi competenti in materia sessuale ad alimentare questo tipo di comportamento

Quali sono i connotati tipici del delinquente virtuale?
Spesso l’adescatore mente sulla propria identità per creare un primo approccio. A questa prima fase segue, il più delle volte, l’invio di immagini trasgressive progressivamente più “forti”, con l’intento di abituare e normalizzare la sessualità tra i due sconosciuti finché si passa alla fase conclusiva dell’incontro off-line. E, ove la vittima si rifiuti, spesso la relazione “sentimentale” può tramutarsi in stalking con minacce di diffondere porzioni di conversazioni, immagini osè e confidenze.

Il Centro Nazionale per il Contrasto della Pedopornografia sulla Rete Internet – C.N.C.P.O. – presso il Servizio della Polizia Postale e delle Comunicazioni, organo centrale del Ministero dell’Interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi delle telecomunicazioni ha il peculiare compito di attivare tutte le funzioni idonee alle attività di filtraggio della Rete dalla presenza di siti pedopornografici, raccogliendo le segnalazioni provenienti da più parti: dagli organi di polizia anche stranieri, da soggetti pubblici e privati, dai gestori di servizi in Rete. La verifica delle informazioni ricevute e la conduzione delle attività istituzionali di monitoraggio della Rete consentono di stilare una black-list dei siti a contenuto pedopornografico, che viene condivisa con i vari fornitori di connettività italiani al fine di far attivare sistemi di filtraggio per la protezione della navigazione degli utenti. In sostanza, non è possibile accedere ad un sito contenuto nella black-list.

Anche insultare su Facebook è reato.
Si sa che Facebook spesso diventa luogo privilegiato per gli sfoghi eppure, proprio quella frase, pubblicata impulsivamente sul social network, può costare caro.
Le accuse attraverso Facebook possono infatti integrare il reato di diffamazione aggravata. L’articolo 595 del codice penale prevede infatti che:

Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a lire un milione. La gravità della condotta è data dalla diffusione incontrollata dei social e in particolare di Facebook che consente contemporaneamente la comunicazione istantanea con un numero indeterminato di persone.

Ci sono “istruzioni per l’uso” dei social?

“Molte volte le persone non sono state educate all’uso dei diversi canali sociali e dunque non hanno una minima idea del tono di voce, della cosiddetta netiquette o del tipo di contenuti da pubblicare. Spesso si abusa di questi canali virtuali che vengono usati impropriamente solo per apparire cercando di riscuotere gradimento” ha raccontato ad Huffington Post, Kevin Degano, Social media manager ed esperto di content curation.

L’esempio più palese è quello di scattarsi un selfie. Certo, può avere un tornaconto positivo, aiutando a promuovere l’autostima ma se l’abitudine sfugge di mano lo scatto e il post finisce per diventare un problema per sé quanto per gli altri. È quanto emerso da una ricerca condotta in Regno Unito. Tempestare i social network di fotografie spesso rovina i rapporti con gli altri contatti perché esporsi continuamente viene interpretato (anche inconsciamente) come segno di superficialità ed egocentrismo.

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