Memoria breve

Noi stessi siamo stranieri in terra altrui, eppure non mostriamo nessun tipo di solidarietà verso coloro che vivono quei disagi e difficoltà a noi storicamente noti

di Susanna Allegra Azzaro

“Non conoscendo ancora molto bene neppure noi stessi, non sentivamo il bisogno di proteggerci dalle influenze straniere, perché queste non potevano che arricchirci e renderci più esigenti in rapporto ai nostri individuali mezzi d’espressione”.
Così si esprimeva Henri Matisse nel 1952 a proposito dell’interesse esploso nei primi anni del Novecento per l’oriente e il continente africano, la cui influenza è ben evidente non solo nelle opere dell’artista francese ma anche in quelle del suo noto collega spagnolo Pablo Picasso.

Nelle creazioni di quest’ultimo i volti di donna vengono sostituiti con maschere africane ed è proprio con Les demoiselles d’Avignon, opera simbolo di quell’epoca, che nascerà il fenomeno Cubismo. In Matisse invece l’influenza nordafricana si concretizzerà soprattutto nelle geometrie vivaci degli arabeschi e soprattutto nell’utilizzo generoso dei colori.

Quando mi sono imbattuta nella suddetta frase di Matisse avevo da poco finito di leggere un paio di quotidiani online e apprendevo che l’Italia è il paese più razzista d’Europa secondo i sondaggi del Pew Tesearch Center, ovvero l’ostilità verso le minoranze etniche e religiose nello stivale è superiore rispetto agli altri paesi interessati dall’indagine.
In un altro momento storico le parole del pittore francese chissà non avrebbero attirato più di tanto la mia attenzione ma oggi, vista l’ondata di chiusura verso ciò che arriva da fuori i confini nazionali, le trovo quanto mai importanti.

Non credo che gli italiani abbiano una memoria corta come molti sostengono, ma solo alquanto selettiva, efficace tanto nel cancellare quegli aspetti scomodi del nostro passato quanto nel ricordare solo ciò che ci fa comodo.

Facile pavoneggiarsi col Risorgimento, un po’ meno parlare di quell’Italia dei migranti affamati che si riversarono in massa in paesi dove avrebbero potuto aspirare a una vita migliore. Furono circa 29 milioni gli italiani che dal 1896 al 1973 abbandonarono la propria terra dando vita al più grande esodo della storia moderna e l’emigrazione continua tuttora ad essere parte integrante della nostra storia. Nel solo 2014 circa 82 mila persone sono emigrate all’estero e solo il 30% di questi possedeva una laurea; non solo fuga di cervelli dunque ma soprattutto di manodopera da impiegare nei settori più disparati.
Noi stessi siamo stranieri in terra altrui, eccome non mostriamo nessun tipo di solidarietà verso coloro che vivono quei disagi e difficoltà a noi storicamente noti. Il greco a tale proposito ci ha donato una parola meravigliosa che temo sia caduta ormai in disuso: empatia.
Prima di guardare dall’alto della nostra italianità il resto del mondo ricordiamoci che l’Italia stessa non è altro che un paese inventato a tavolino, un crogiolo di culture e lingue diverse che amalgamandosi tra di loro hanno reso la nostra identità ancora più variopinta e unica.

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