Iran y volveran

Impressioni e riflessioni su di un paese che “conquista il cuore”

di Susanna Azzaro

Per una serie di circostanze sfavorevoli, le mie impressioni iniziali sull’Iran sono state tutt’altro che entusiasmanti. Teheran e i suoi impersonali edifici da Europa dell’est prima della caduta del muro non invogliano di certo a esplorare la città più del tempo necessario; la decadenza urbana tipica delle città mediorientali è amplificata nella capitale dell’Iran, visibilmente provata da un rigidissimo embargo cominciato negli anni ’80 il cui epilogo potrebbe diventare realtà a breve.

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Non subisco il fascino dei grandi agglomerati urbani, a questi preferisco l’umanità dei piccoli centri o la quiete della natura, e anche per questo i miei commenti su Teheran vanno presi con le pinze. La capitale iraniana è pur sempre il centro culturale del Paese, il luogo dove tutto sembra avvenire, una città che dà l’impressione di essere molto di più di quello che appare. Ci ho messo un po’, lo confesso, a entrare in contatto con l’Iran. Tutto mi sembrava già visto e conosciuto, la solita accozzaglia mediorientale, bellezza e bruttezza che vanno a braccetto e occhi scrutanti difficili da interpretare.

Solo una volta arrivata a Isfahan, città incantevole a circa 400 km da Teheran, ho cominciato a intuire un qualcosa di cui a Yazd ero già fermamente convinta: l’Iran è un paese assolutamente diverso dall’altro Medio Oriente, quello da me visitato e vissuto a più riprese e in grado di provocare tanto odio quanto amore per il genere umano.

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Qui è impossibile provare un qualsiasi tipo di avversità per le persone, il senso di colpa ti attanaglia ogni qualvolta la mentalità da occidentale prende il sopravvento e ti fa dubitare della genuina disponibilità degli sconosciuti.

Devono averlo intuito il mio stupore e, lontani dal cadere in vittimismi inutili, mi ripetevano come un mantra che non sono cattive persone come molti vogliono far credere e, in questo senso, non ho mai percepito nessun tipo di astio nei confronti del mondo occidentale.

Al contrario, per i giovani occidente è sinonimo di libertà, una terra a cui ambire più che da odiare. Non nascondono la contentezza per l’approccio distensivo di Rohani gli iraniani e non risparmiano commenti taglienti su Ahmadinejad del cui ritorno nella vita politica si sta vociferando in questi giorni.

Godono di un sistema di welfare piuttosto efficace e, se c’è chi si lamenta per il taglio dei sussidi statali di 16 dollari mensili destinati alle persone più bisognose, c’è anche chi ha deciso di rinunciarci spontaneamente a seguito dei convincenti appelli di Rohani.

Ma il tasso di disoccupazione giovanile rimane pari al 25 per cento e il salario medio si aggira intorno ai 400 dollari mensili, troppo poco per non far cascare sempre più giovani nel chimerico sogno dell’occidente.

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Non sapevo cosa aspettarmi esattamente dall’Iran. Nei mesi che hanno preceduto il mio viaggio numerosi sono stati i commenti che oscillavano tra il perplesso e il contrariato, per fortuna ben controbilanciati da quelli molto positivi di chi mi aveva lodato l’ineguagliabile ospitalità iraniana. E meritatamente, mi sento di poter aggiungere.

L’Iran non è solo un paese popolato da gente mite e gentile, ma è anche estremamente sicuro per una viaggiatrice solitaria visto il grande senso di protezione degli iraniani nei confronti degli ospiti stranieri.

Non si contano i the e i passaggi offerti, le foto e gli abbracci con le numerose donne sorprese di vedermi in paesi di poche anime dove di stranieri se ne vedono ancora raramente.

Sarei ipocrita se dicessi che non ho penato per le rigide regole legate all’abbigliamento femminile, soprattutto quando le temperature sfioravano con nonchalance i 40 gradi e avrei voluto liberarmi dell’ingombrante hijab sulla testa, ma lungi da me innescare una qualsiasi controversia sui costumi locali in questa sede.

L’Iran conquista talmente il cuore di chi lo visita
da far passare il resto in secondo piano.