Congo

Un libro di David Van Reybrouck,
un capolavoro di giornalismo narrativo

di Christian Elia

Respirate a fondo, come prima di un’immersione. Ne avrete bisogno. Perché David Van Reybrouck vi porterà nel cuore dell’Africa nera, senza fare sconti, senza cercare scorciatoie. Il viaggio sarà lungo, denso, a tratti soffocante, subito prima di regalarvi un capogiro, come una giostra al luna park.

Congo, Feltrinelli editore, è una sorta di compendio di tutto quello che gli esperti (o presunti tali) del mercato vi avrebbero presentato come un suicidio commerciale. Congo, invece, è un successo editoriale. Perché ci sono storie, e ci sono narratori, che sanno infilarsi nelle fessure delle mode, con ostinazione.

L’idea è quella, come spiega l’autore, di raccontare – dopo un incontro casuale e rivelatore – la storia di un Paese. L’incontro è quello con un centenario, che sulla pelle e negli occhi porta i segni di cento anni di relazioni tra l’Africa e l’Europa, che si rispecchiano negli occhi di un giornalista belga e di un congolese che ha camminato quel secolo.

Dieci viaggi, anni di lavoro. Il tempo lento, di lavoro, per approfondire. Il tempo lento, di lettura, per incuriosirsi e per capire meglio, che a regalare certezze ci pensano già in tanti. Ma guardare il colonialismo attraverso gli occhi del colonizzatore e del colonizzato, offre un labirinto di specchi affascinante.

Un labirinto che è realizzato tutto attorno alla realtà, dove mai si cede all’invenzione, perché qui sta il cuore del giornalismo narrativo. La realtà resta sempre più poetica di qualsiasi fantasia. Le storie sono lì, per chi ha il coraggio di cercarle e la sensibilità di vederle.

Ed ecco che la storia di un paese intero è raccontata attraverso le vite di predicatori al seguito delle truppe d’occupazione, di congolesi che combattono le nostre guerre, di orchestre jazz e di avventurieri, di donne che si ribellano e di società stravolte per sempre.

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Perché coloro che si sentivano superiori hanno dovuto scrivere una storia che partisse dal presupposto che le terre altrui occupate fossero senza storia, senza legami, senza vita. Non è mai stato così, e Van Reybrouck – senza mai cedere alla retorica – ti porta per mano nel cuore della giungla, fino a vedere che esistevano civiltà molto più antiche di quella che si proclamava civilizzatrice, ma che faceva dei neri l’attrazione di uno zoo umano a Londra o a Bruxelles.

Il cammino continua fino a oggi, ma le dinamiche sembrano sempre le stesse, perché sono gli interessi di un monarca belga prima o di una compagnia diamantifera oggi a dettare e imporre, spesso a fucilate, il tempo della vita a coloro che sono nati qui. E che si sono contaminati, al punto di diventare differenti tanto quanto sono cambiati alcuni che li ‘civilizzavano’.

E’ il Congo, ma potrebbe essere qualsiasi regione che ha conosciuto il colonialismo, è il Belgio, ma potrebbe essere qualsiasi potenza colonizzatrice. Questo è il segno di un grande lavoro di giornalismo narrativo.
Van Reybrouck si muove tra i suoi appunti come un regista sul set, zoom avanti, zoom indietro, piano sequenza. Piccole storie intervallano grandi numeri, aneddoti gustosi (chi di voi sapeva che il Congo Brazzaville si chiama così in memoria dell’avventuriero italiano Pietro Savorgnan di Brazzà?) e grandi fatti di cronaca camminano insieme. Lenti. Fino al cuore dell’Africa nera e della storia che leggerete.