Tzvetan Todorov e lo spirito dell’illuminismo

Il filosofo franco-bulgaro, ospite dell’edizione 2015 del festival di Mantova, ha presentato l’attualità della filosofia dei lumi, dei suoi rischi e dei suoi lasciti

di Francesca Rolandi

Come avrebbe dipinto Francisco Goya i carri armati sovietici alle porte di Budapest? E’ lecito chiederselo alla fine dell’affascinante intervento del filosofo bulgaro – ma dal 1963 francese d’adozione – Tzvetan Todorov al festival di Mantova del 2015. Todorov ha accompagnato la platea alla ricerca de “Lo spirito dell’illuminismo”, tema centrale nonché titolo della lezione, dimostrandone l’estrema attualità.

L’illuminismo infatti non getterebbe le radici in una determinata epoca, ma rappresenterebbe un’attitudine critica al reale e al politico, una sorta di scintilla che però necessita di ossigeno per avviare la fiamma. In ambito storico l’accensione dei lumi alla fine nel XVIII secolo fu conseguenza sia di una tradizione sviluppatasi nei secoli precedenti, sia di una congiuntura in cui l’uomo, come individuo, iniziava a liberarsi dall’ideologia del potere e della religione.

Sebbene non sia esistito un pensiero unico dell’Illuminismo, l’età dei lumi avanzò su due linee incontrovertibili: da una parte pose un limite al potere, ricordando come il fine di ogni azione dovrebbe essere il bene degli uomini e non assecondare un ordine divino o la volontà di un monarca; dall’altra permise il diffondersi del concetto di universalità della specie umana, costituita da individui caratterizzati dalla stessa dignità.

Un portato fondamentale, senza il quale sarebbero inimmaginabili le società democratiche. Che tuttavia non nascondeva dei lati bui, che Todorov identifica con le “ombre dei lumi” dipinte da Goya.

Il pittore spagnolo aveva conosciuto e abbracciato il pensiero illuminista, ma, posto di fronte all’invasione delle armate napoleoniche che portavano a fil di baionetta quelle stesse idee, si sentì combattuto tra patriottismo e fascinazione per le riforme. Il mondo dell’inconscio, che si era già fatto strada in precedenti sue opere, riapparse in una serie di litografie che captarono l’atmosfera del tempo.

Goya criticò l’impiego di mezzi violenti per raggiungere obbiettivi ammirevoli rappresentando plasticamente le possibilità di strumentalizzazione di un’ideologia. Con l’illuminismo l’uomo aveva occupato lo spazio prima riservato a Dio, e aveva iniziato a pensare di poter creare con la forza un paradiso terrestre. Così erano iniziate le epoche delle guerre rivoluzionarie, con le quali eserciti e guerriglieri, nell’intento di creare un mondo migliore, avevano portato desolazione e saccheggi.

Un messaggio di estrema attualità riferibile anche al colonialismo del XIX secolo (con la sua promessa di progresso secondo un modello unico), al comunismo del XX secolo (con la sua fiducia in un futuro radioso), all’integralismo umanitario di oggi (che ha portato guerre in difesa dei diritti umani). Che cosa allora ha lasciato l’illuminismo? Potremmo dire, con le parole di Todorov, che il modo migliore per parlarne è criticarlo, allenandoci a creare dibattito, problematizzare e affrontare le sfide in maniera dialettica.