Gerusalemme, i giorni della rabbia

Gerusalemme: al-Aqsa, appello dell’Onu per ritorno alla calma

tratto da NenaNews

Continuano i blitz dell’esercito israeliano nei quartieri palestinesi, con arresti e scontri. Almeno 5mila poliziotti sono stati schierati in Città Vecchia e sono stati chiusi gli accessi al sito. Netanyahu rassicura Ban Ki-moon, ma le provocazioni arrivano anche dai membri del suo governo

Dopo tre giorni di scontri tra palestinesi e forze di sicurezza israeliane sulla Spianata delle Moschee, il Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite ha lanciato un appello alla calma. Ma a Gerusalemme sono continuati i blitz dell’esercito israeliano nei quartieri palestinesi, con arresti e scontri. Almeno 5mila poliziotti sono stati schierati in Città Vecchia e sono stati chiusi gli accessi al sito. Stamattina giovani palestinesi si sono riuniti all’esterno del sito per la preghiera del mattino, dopo che gli è stato impedito di entrare.

Ieri, alla vigilia del “venerdì della rabbia” proclamato da Hamas, l’Onu ha esortato al mantenimento dello status quo sul sito sacro ai musulmani e agli ebrei (gli ebrei possono visitarlo, ma non pregarci, per evitare tensioni), e il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha assicurato al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che queste sono le intenzioni del suo governo. Il primo ministro però ha una maggioranza risicata in Parlamento, composta da nazionalisti e religiosi.

Non ci credono però i palestinesi, tra i quali è forte il sospetto che Israele stia cercando di cambiare le regole e, per alcuni, l’intenzione è quella di occupare il sito che, dopo l’annessione illegale di Gerusalemme est nel 1967, è sotto la custodia della Giordania. Israele però ne regola l’accesso, impedendo spesso a determinate “categorie” di palestinesi l’ingresso, per “ragioni di sicurezza”.

E in questi giorni in cui gli ebrei festeggiano il loro nuovo anno, l’arrivo di un numero sempre maggiore di visitatori, in molti casi incitati a recarsi sulla Spianata delle Moschee dalle campagne dei gruppi ebraici più estremisti, che premono per l’occupazione del sito, ha innalzato la tensione.

Il timore dei palestinesi è che con l’approssimarsi di altre festività ebraiche si intensifichi l’arrivo di “turisti”. Una provocazione continua, dicono, che è causa degli scontri che da sempre si verificano sulla Spianata, luogo focale del conflitto israelo-palestinese. È da qui che nel Duemila Ariel Sharon lanciò la sua provocazione ai palestinesi con una passeggiata che fu la causa scatenante dell’Intifada.

Le rassicurazioni di Netanyahu non convincono i palestinesi, ai quali è sempre più spesso sbarrato l’accesso alla Spianata. Secondo le regole in vigore, i musulmani hanno il diritto di entrare e pregare nel sito, mentre gli ebrei possono entrarvi per alcune ore cinque giorni alla settimana, ma non possono pregare. Ma la libertà di accesso accordata in teoria ai palestinesi non si verifica nella pratica: gli israeliani applicano una serie di restrizioni (per età, per sesso) all’accesso e nel 2014 sono arrivati a chiudere completamente il sito. Per non parlare delle continue provocazioni, con passeggiate e incursioni che hanno scatenato scontri e che arrivano anche dai membri del governo di Tel Aviv.

Domenica tra i “turisti” ebrei sulla Spianata c’era anche il ministro dell’Agricoltura Uri Ariel, un falco dell’esecutivo che si è espresso in favore della costruzione sul sito di un terzo tempio ebraico.