Algeria, fine di un’epoca

Salta il capo dell’intelligence, cambia tutto o non cambia niente

di Christian Elia

Il 13 settembre scorso, ad Algeri, si è chiusa un’epoca. Il generale Mohammed Mediene, noto da sempre come Toufik, è stato rimosso dal suo incarico di capo dei servizi segreti algerini. Un reame, il suo, durato 25 anni. Toufik, inoltre, era l’ultimo papavero tra quei militari che nel 1991 (detti janvieristes, dal 11 gennaio 1992, data ufficiale del golpe) presero il potere per impedire l’elezione del Fronte Islamico di Salvezza (Fis), vincitore delle elezioni.

Accadde quel che è noto: il secondo turno di quelle elezioni non si tenne mai, le prime davvero libere dopo l’indipendenza dalla Francia, e ne seguì una sanguinosa guerra civile che uccise non meno di 150mila algerini e si prolungò, a fasi alterne, fino alla fine degli anni Novanta.

Classe 1939, Toufik è anche detto Rab Edzair, Dio d’Algeria, per il suo enorme potere, dovuto alla sua posizione, che gli ha sempre permesso di tenere in pugno i notabili del Paese, dei quali conosceva i vizi privati e gli affari loschi. L’incarico di capo del famigerato Département du Renseignement et de la Sécurité (DRS) lo ottiene nel novembre 1990, alla vigilia dell’esplosione del Paese.

Il ruolo dei servizi segreti, in quel conflitto, è stato al centro di molti misteri. Un ufficiale dell’esercito algerino, Habib Souaidia, dopo essere fuggito in Francia, diede alle stampe un libro chiave, La sporca guerra, nella quale denunciava le manipolazioni e gli orrori dei quali si sono macchiati i vertici politico – militari algerini durante il conflitto (in accordo con i servizi francesi), fino ad arrivare a stragi imputate agli islamisti, in realtà commesse dai militari.

Toufik è sempre risultato una figura ombra, di lui si fatica anche a trovare una foto pubblica, ma per molti è stato il vero cervello della strategia della tensione che ha insanguinato il Paese, prima di affidare il governo – nel 1999 – ad Abdelaziz Bouteflika, che governa ancora, nonostante condizioni di salute che ormai lo pongono in un ruolo più che altro rappresentativo.

La rimozione di Toufik, infatti, pare decisa al di là di Bouteflika, in linea con coloro che hanno sempre pensato che, alla fine, i militari non abbiano mai smesso di governare davvero. Che il vento stesse cambiando, era apparso chiaro quando, in estate, Amar Saadani è stato nominato segretario generale del partito/Stato del Fronte di Liberazione Nazionale.

Saadani, rimosso nel 2007 dalla carica di presidente del Parlamento, per uno scandalo che non sembrava estraneo agli ambienti del DRS, ha subito affondato il colpo contro il suo vecchio giustiziere, umiliando pubblicamente Toufik, rimuovendolo da alcuni incarichi. Secondo alcuni è il prezzo che viene fatto pagare alla vecchia guardia, in particolare dopo lo scandalo delle tangenti per 200 milioni di euro versate dall’Eni a intermediari algerini. Per un clan, c’è Toufik dietro la fuga di notizie ai giornali e alle magistrature straniere. Ed ecco che il processo di delegittimazione dell’ex eminenza grigia algerina inizia e termina con la rimozione il 13 settembre scorso. Perché?

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Una delle rare immagini di Mohammed Mediene ‘Toufik’

Come ha scritto El Watan, “l’allontanamento di Toufik segna la fine di un periodo pieno di conflitti e di lotte intestine per il potere”. Perché da tempo, ormai, considerate le condizioni di salute di Bouteflika, si muovono i pezzi sulla scacchiera del potere futuro in Algeria. El Watan, vicino comunque al potere politico, lancia un messaggio interessante in questo senso: “Il DRS come lo conosciamo oggi scomparirà e ci saranno altri cambiamenti, tanto importanti quanto necessari”.

La situazione in Algeria necessita di interventi comunque urgenti. L’instabilità di tutti i vicini, Mali, Tunisia e Libia, comporta una lucidità necessaria nella gestione della situazione internazionale, l’economia (anche grazie al crollo del prezzo del petrolio) è sulla soglia del dramma. Basti pensare che, come raccontava questa settimana Bloomberg Businessweek, dopo decenni, il governo è intervenuto per bloccare l’economia informale, fissando il 2016 come data ultima per mettersi in regola.

I cambiavalute, i venditori fai da te e tutto il resto, secondo le stime del governo, muovono un’economia sommersa pari a 40 miliardi di dollari all’anno. Che adesso servono alle casse dello Stato, il quale per anni ha governato con il sistema delle prebende da spartire per fini elettorali. In un Paese dove il salario minimo legale è di circa 180 euro al mese, e dove solo un quarto della popolazione ha un vero lavoro, la situazione è esplosiva.

Nel 2011 c’era stato un germoglio di primavera araba, durata poco, ma che ottenne comunque la rimozione dello Stato d’Emergenza che durava dalla guerra civile e che permetteva un controllo totale della società. Anche negli ultimi tempi, in varie zone del paese, si sono registrate tensioni e insofferenza. Ecco che il governo sa che è tempo di fare qualcosa.

Resta da capire se siamo davanti a un’operazione Gattopardo, che porta i militari a dover affrontare un cambio generazionale necessario, visto il tramonto anagrafico della generazione dei ‘partigiani’ emersa dalla guerra di liberazione dalla Francia, aprendo alla società civile, o come è possibile si prepara il terreno a una nuova leadership, che però resti saldamente ancorata alla gestione del potere politico ed economico del Paese in continuità con il passato.