Voci e volti dal Suq delle culture

Parole e immagini dalla Fabbrica del Vapore di Milano
dove, fino a domenica 4 ottobre, si terranno «percorsi creativi, workshop artistici e un grande bazar dei popoli».
Un progetto di cui Q Code Mag è media partner

di Paolo Riva

Scrittori appena scesi dal palco e semplici visitatori, cuochi marocchini e studentesse italiane, organizzatori di lunga data e commercianti giunti per l’occasione. Le impressioni e i pensieri di chi popola il Suq delle culture.

 

Pap Khouma, scrittore e giornalista

«Spesso, a Milano, alcuni politici usano il termine Suq con un’accezione dispregiativa. “Questo quartiere è diventato un suq”, dicono, quando qualcosa non li aggrada. Vuol dire che non conoscono il reale significato di questa parola. Il Suq è un crogiuolo di culture, un luogo necessario, dal quale non si ha voglia di uscire. Proprio come questo: era ora che a Milano ci fosse un’iniziativa così! Oggi sono stato qui per discutere di cooperazione e comunicazione. Comunicare la cooperazione nel modo giusto significa spiegare, senza vergogna, alle persone che beneficiano di certi aiuti che quei fondi non saranno per sempre, che dovranno imparare a camminare da soli».

Una foto pubblicata da Paolo Riva (@rivaz85) in data:

 

Gulzar, commerciante di tessuti

«Vengo dall’India, dal Kashmir per esattezza. Mi capita spesso di venire in Italia per vendere i miei tessuti e sono arrivato qui grazie ad un’amica che conosceva già la manifestazione a Genova. Ho portato sciarpe di seta e di lana. Le produciamo insieme a mio padre e mio fratello. Loro acquistano il tessuto e poi realizzano le fantasie che sono esposte qui e che io porto in giro. La prossima tappa, terminato il Suq, sarà Marsiglia».

Una foto pubblicata da Paolo Riva (@rivaz85) in data:

 

Noemi e Caterina, studentesse

«Siamo venute qui perché abbiamo sentito Moni Ovadia presentare l’iniziativa. Non conoscevamo il Suq di Genova, ma all’ingresso ci hanno raccontato la storia della manifestazione e la sua filosofia. E ora ci stiamo molto divertendo, soprattutto con il cibo e lo shopping. Abbiamo comprato parecchie cose: degli asciugamani turchi, una rosa di Gerico (una pianta n.d.r.), delle borse thailandesi, il sapone di Aleppo… E la cosa più bella è che praticamente con tutti i produttori abbiamo potuto chiacchierare e scoprire nuove informazioni a proposito dei nostri acquisti. Poi, abbiamo anche discusso con una signora di raccolta differenziata, visto che qui sono molto attrezzati in questo ambito. A lei sembrava difficile farla, a noi non pare poi così tanto…»

Una foto pubblicata da Paolo Riva (@rivaz85) in data:

 

 

Mohamed, responsabile dello stand gastronomico marocchino

«Vivo a Genova e partecipo al Suq da oltre quindici anni, dagli inizi. Mi ricordo ancora quando facevamo il nostro festival in un piccolo spazio… la mia famiglia, insieme a quella di mio fratello, è stata una delle prima ad essere coinvolte da Carla (Peirolero, ideatrice e direttrice artistica di Suq, nella foto sotto n.d.r). Qui abbiamo il the marocchino, dei dolci tipici della nostra terra, i falafel… Suq? Sinceramente non so quando abbiano deciso di chiamare il progetto con questo nome. Di certo so che le architetture, l’ambiente, il contesto che ogni volta viene allestito ricorda davvero i mercati del centro delle città del mio paese. Ed è un bell’effetto».

Una foto pubblicata da Paolo Riva (@rivaz85) in data: