In Fabula/La bisaccia

Una rubrica per non dimenticare il valore del patrimonio narrativo mondiale, tra fantasia e attualità

di Alice Bellini

«Ogni immagine esteriore corrisponde un’immagine interiore che evoca in noi una realtà molto più vera e profonda di quella vissuta dai nostri sensi. Questo è certamente il senso dei simboli, dei miti e delle leggende: ci aiutano ad andare al di là, a guardare oltre il visibile.
Questo è anche il valore di quel capitale di favole e di racconti che uno mette da parte da bambino e a cui ricorre nei momenti duri della vita, quando cerca una bussola o una consolazione. Di questi miti eterni, capaci di far strada all’anima, in Occidente ne abbiamo sempre meno».
Tiziano Terzani

La bisaccia

Un giorno, Giove chiamò a sé tutti gli animali. “Vengano a me tutti coloro che sono scontenti e, senza remore, mi raccontino dei loro malumori, così che io possa capirli e vedere di porvi rimedio”.

Il babbuino si dichiarò particolarmente contento della sua vita. Sostenne che nessuno avrebbe potuto essere più contento di lui. “Dopotutto, così bello e così intelligente come sono, che motivo avrei d’esser scontento?”. Ciononostante, affermò di porvare una gran pena per il suo vicino orso. “Pare così stupido, poveretto. Un bestione materiale, rozzo: un disadattato. Persino i pittori si rifiutano di dipingerlo nei loro quadri”.

Al che l’orso, sentendosi chiamato in causa senza ragione, cominciò a protestare. “Come osi parlare male di me, vecchio scimmione? Hai un aspetto ridicolo, puzzi e la tua risata è insopportabile. E poi, se proprio vogliamo trovare un animale rozzo, grosso, ingombrante e per niente gentile, quello è sicuramente l’elefante, non di certo io!”.

Barrì di rabbia l’elefante, che d’improvviso si sentì anche lui attaccato senza motivo e, avanzando irritato verso gli altri due, gliene disse quattro sul loro aspetto, ricordandogli, oltretutto, che la balena, tutta schiena e senza nemmeno una zampa per camminare, era messa molto peggio di lui.

E così facendo, tutti gli animali si recriminarono a vicenda i loro difetti, finché anche la formica non ne ebbe a che dire sul moscerino.

Giove, soddisfatto, li azzittì tutti facendosi una grossa, ma amara risata.
“Tutti pronti a dir male degli altri, ma ad esser peggio di una talpa cieca quando si tratta di vedere i vostri, di difetti”.
Così, diede a tutti una bisaccia ricolma delle pecche di ciascuno. Tutti, ricevendola, rimasero sorpresi di quanto fosse pesante rispetto a quello che s’aspettavano.

“Ogni bisaccia avrà esattamente lo stesso peso per ciascuno di voi e la balena farà la stessa fatica a portarla, che la formica. E la prossima volta che avrete da puntare il dito contro un vostro compagno, il peso della presunzione dentro la vostra bisaccia si farà talmente insopportabile che dovrete per forza ricordarvi di quanto voi non siate da meno”.