Un’odissea trasformata in una tournée

Il viaggio verso l’Europa della rock band siriana Khebez Dawle

di Francesca Rolandi

Quando si parla di profughi in quanto numeri, come succede ormai quotidianamente, è facile perdere di vista la loro complessità e appiattirli a una dimensione unica, quella di chi fugge dalla guerra, che automaticamente crea una distanza artificiale tra costoro e la società di accoglienza. Servono perciò storie che raccontino come chi arriva alle porte dell’Europa non sia solo un profugo, ma abbia avuto una vita precedente: come insegnante, panettiere, giornalista, impiegato. Oppure musicista indie rock.

Nulla riesce a illustrare tutto ciò meglio della storia della band siriana Khebez Dawle, nata nel fulcro della guerra, nel 2013. Due dei suoi membri, Anas Magrebi e Basar Darvis avevano già alle spalle un progetto musicale comune che si era interrotto tragicamente con la morte del batterista della band, ucciso dalla polizia governativa dopo aver preso parte ad alcune delle prime manifestazioni.

Dalla Damasco a ferro e fuoco hanno raggiunto il Libano, vi hanno registrato un album, hanno tenuto i primi concerti e ad agosto si sono messi in viaggio come migliaia di altri, verso l’Europa attraverso la Turchia. Non sono gli unici brandelli della scena siriana ad attraversare a piedi l’Europa, ma loro stessi hanno ricordato i colleghi MaBRaD e The Last Postman. La musica è stato il filo conduttore del loro cammino a tappe verso l’agognata Germania: hanno cercato di vendere cd sulle spiagge di Lesbos, hanno canticchiato durante il viaggio, hanno fatto ascoltare le loro canzoni su Youtube alla polizia croata che cercava di attestare la loro identità.

La loro storia sarebbe probabilmente finita sepolta sotto molte altre, se qualcuno non li avesse messi nelle condizioni di suonare. E questo è successo in Croazia, un paese dove molte persone hanno ancora ben chiaro quanto la musica possa essere un emblema della volontà di sopravvivere alla guerra e ai nazionalismi.

I Khebez Dawle – un nome che indica il pane calmierato dal governo – hanno così suonato a Kutina, dove si trova un centro per i richiedenti asilo, davanti a centinaia di profughi e di locali, e a Zagabria presso il club Močvara, tempio della scena rock croata. Hanno usato degli strumenti a prestito, mentre i loro sono stati venduti ancora in Siria per assicurarsi il cammino verso la salvezza. La loro tournée come il loro viaggio stanno proseguendo in Austria, tra nuove date e inviti che stanno arrivando da tutta l’Europa.

La band, che unisce sonorità post-rock, psichedeliche e sonorità della tradizione araba, hanno all’attivo un album, al cui centro ci sono eventi cruciali, narrati attraverso la figura di un giovane siriano che partecipa alla primavera araba nel suo paese. È possibile acquistarlo e supportare i loro futuri progetti dal sito