La sindrome di Mary Poppins

Storie di donne che hanno scelto di non restare incatenate

di Angelo Boccato

Nel palazzo della mente, per parafrasare un concetto dalla eccelente serie BBC Sherlock con Benedict Cumberbatch e Martin Freeman, quando si pensa a Londra si presentano simboli e figure come i cupcakes, il Big Bang, la bombetta, Dylan Dog, Groucho e Craven Road (questi ultimi per gli appassionati e appassionate di fumetti) e ovviamente Mary Poppins.

Da questo punto di vista, risulta ideale leggere proprio a Londra La sindrome di Mary Poppins (Ed.Pendragon), di Luisa Barbieri, che in effetti suona molto bene anche come The Mary Poppins syndrome.

Luisa Barbieri, laureata in Medicina e Chirurgia all’Universita di Bologna, ha focalizzato fin da giovanissima il suo approccio medico allo studio e alla analisi dei disturbi di relazione (DCA), lavorando per anni presso l’ Ospedale Maggiore di Bologna. Barbieri si allontana poi dalla struttura pubblica negli anni, per inserire in una cornice diversa i disturbi di relazione e continuare in seguito il suo lavoro nel contesto della associazione medica NADiR fondata nel 2001 (Nuova Associazione Disturbi di Relazione).

Nel 2005 il gruppo NADiRinforma, in collaborazione con la web tv Arcoiris, sviluppa un progetto di informazione dal basso e tale progetto mi ha dato la occasione di conoscere Luisa e imparare da lei tanto su come approcciarsi al mondo del giornalismo.

Mary Poppins, la tata, la nanny, si trova all’interno di ogni donna, come una matrioska e si declina in varie accezioni, dalla comprensione, al supporto, la accoglienza e il sacrificio, in un mondo ‘maschio’ dove troppo spesso la concezione di donna forte viene associata a figure come Margaret Thatcher o assume l’odiosa definizione di “donna con le palle”.

Anna Rosa, Valeria, Marta sono tre delle quindici donne coraggiose del libro, incontrate da Barbieri come pazienti nel corso degli anni, che non hanno scelto di arrendersi, tre donne forti con una tata interiore; le loro non sono storie solo italiane, potrebbero chiamarsi Mary Margareth, Emma e Sally e vivere a Londra, New York o Melbourne.

Mentre la lettura di queste storie scorre in forma di romanzo agilmente, le storie narrate sono intense, variando dalla paura di divenire donna, la anoressia, lo sforzo per divenire madre o la sfida per l’amore, quando la natura transessuale finisce per rappresentare un problema per una delle protagoniste. Nel presentare queste storie, Barbieri riesce ad usare una lente delicata, ma acuta, capace di incidere in modo lieve e gentile.

L’ascolto, la apertura sono chiavi in un processo complesso e spesso pieno di dolori, a volte inaccettabili, a volte mai sopiti.
Mogli, madri e figlie che vivono e si sacrificano, finendo spesso a vivere in funzione altrui, sono anche questo le quindici donne del libro.

La sindrome di Mary Poppins colpisce al cuore e rappresenta un affresco del mondo femminile in cui la magica Mary Poppins finisce per rimanere incatenata a terra, senza poter svolazzare nel fumo di Londra….ma ad un certo punto si riesce, con fatica e lotta a spiccare il volo.
Una lettura al femminile, capace di aprire gli occhi anche allo sguardo maschile, sui dolori relazionali.