L’irreversibilità di un grilletto

Quale il confine tra legittima difesa e reato, quando sia possibile usare un’arma, legittimamente detenuta, senza incorrere in conseguenze giudiziarie e quando no.

di Flavia Zarba
giurista e giornalista.

“Le bombolette spray a base di peperoncino rientrano nella nozione di armi comuni da sparo se la sostanza urticante è mescolata con altre sostanze infiammabili, corrosive, tossiche, cancerogene o aggressivi chimici”.

Così si era pronunciata La Corte di Cassazione con riferimento ad una pistola contenente una sostanza irritante naturale a base di peperoncino, all’indomani dell’uscita del decreto del Ministero dell’Interno n. 103 del 2011.

Sono ormai passati quattro anni da quella pronuncia e la percentuale di persone che, in borsa o in macchina, in tasca o in casa detiene armi o “quasi-armi” legalizzate e di libera vendita è sempre più alta e in tanti continuano a chiedersi quale sia il confine tra legittima difesa e reato, quando sia possibile usare un’arma, legittimamente detenuta, senza incorrere in conseguenze giudiziarie e quando no.
Ad elencare le caratteristiche che qualificano un’arma come “legale” é il Decreto Ministeriale recante “disposizioni in materia di sicurezza pubblica» che,in particolare, all’articolo 3, comma 32, regolamenta le caratteristiche tecniche degli strumenti di autodifesa”

In sintesi, le “pistole al peperoncino” devono contenere esclusivamente una miscela a base di Oleoresin Capsicum (sostanza derivata dal peperoncino) in dose non superiore a 20 ml e devono avere un getto non superiore ai tre metri.

Pochi, essenziali, requisiti di legalitá per uno strumento di “autodifesa”. La questione si complica nel caso in cui ad essere legale sia la detenzione di una pistola vera e propria, qualificata in termini tecnici come “arma da fuoco”.

L’articolo 52 del codice penale prevede a tal proposito una “causa di giustificazione” che prende il nome di “legittima difesa” volta a rendende “non punibile” chi abbia commesso un fatto “per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.

Un linguaggio oscuro, comprensibile solo dagli addetti ai lavori, volto a scriminare solo chi abbia premuto il grilletto per estrema necessità di difesa non avendo potuto evitare lo scontro fuggendo.

Il un pericolo da cui ci si difende dunque deve essere presente o incombente, non futuro o già esaurito e la difesa stessa dev’essere proporzionata. Ma come si misura la proporzione nell’attimo del panico più assoluto? è evidente la difficoltà di stabilire la proporzione tra azione e difesa con un bilancino.

È solo dei giorni scorsi uno degli esempi più eclatanti, quando, un signore di 65 anni svegliato dai rumori, ha preso la sua pistola (regolarmente detenuta), si è alzato e si è trovato davanti nel buio una sagoma che gli veniva incontro puntandogli qualcosa addosso, probabilmente una torcia. Allora ha sparato un colpo.

Si è trovato dinnanzi ad una scelta, ad un bivio, senza margine di lucidità. Ma sarà sufficiente per scriminarlo dall’ipotesi di omicidio?

Nessuno, con un minimo di senno, avrà dubbi nel ritenere, che ove si debba scegliere tra la tutela del bene “vita-incolumità fisica” e quello del “patrimonio” sia più rilevante il primo.

Eppure, proprio nel 2006 è stata introdotto una modifica normativa che continua a far discutere, stabilendo che, nei casi di violazione di domicilio, (o nei luoghi di esercizio dell’attività professionale) sussiste “per legge” il rapporto di proporzione se taluno si introduca abusivamente in quel luogo “privato”.

Ma il rischio di trovarsi, anche in questo caso, “dalla parte del torto” per aver sottovalutato “la proporzione”, a seguito di uno scontro fisico, è tutt’altro che remoto.

Una tale previsione legislativa ha infatti mantenuto saldi i rigidi requisiti dell’attualità dell’offesa e della inevitabilità dell’uso delle armi” senza tenere conto della complessitá del dimostrare di averlo fatto nel rispetto di norme scritte a tavolino.

In altri termini, anche se la legge prevede una tutela più garantista nel caso in cui si agisca dentro le mura domestiche, non è mai facile dimostrare l’esistenza di requisiti della causa di giustificazione che possano rendere legittimo uno sparo, apparentemente, illegittimo.

Una riflessione che fa parlare e interpretare senza alcuna cura degli inquietandi dati mondiali.

Innumerevoli sono gli esempi, anche molto recenti, di stragi causati dalla facilità di accesso ad armi da fuoco, eppure ognuno di questi tragici eventi, nonostante il grande impatto mediatico nel breve termine, finiscono inesorabilmente nel dimenticatoio, fino alla prossima strage.

E forse, per capire l’essenzialitá di tale rigore legislativo e la rilevanza di una regolamentazione nei minimi termini, basterebbe soffermarsi un attimo di più sul come un giovane di soli 26 anni, riesca agevolmemte ad entrare in una classe e a sparare all’impazzata. Forse basterebbe questo per dissuadere e dissuadersi dall’acquisto di un’arma perchè stabilire “la proporzionalitá” dell’uso non sempre è reversibile.
Senza considerare che c’è sempre il peperoncino…