Maledetti fotografi: Massimo Sestini

Enrico Ratto intervista Massimo Sestini, pubblicato da Maledetti Fotografi

 

Massimo, la parola chiave del tuo lavoro è esserci, prima di tutto devi arrivare sul posto.

Sì, fondamentale è esserci. Il successo o l’insuccesso del mio lavoro di fotoreporter derivano prima di tutto da come il servizio è stato progettato, da come riesco ad arrivare sul posto. Da qui, inizio poi a fare scelte su come scattare, come realizzare la fotografia.

Trent’anni di lavoro ti hanno insegnato che le cose possono cambiare all’ultimo momento, sai che la possibilità di ottenere la fotografia c’è sempre fino all’ultimo.

Mai dire mai. Ho imparato che spesso e volentieri all’ultimo minuto tutto cambia o potrebbe cambiare. Quando sono sul posto, parte quindi un calcolo delle probabilità, so che mi tuffo in una situazione in cui anche se tutto volge al peggio e sembra impossibile, non devo mai diventare pessimista. Altrimenti rischio di stare a casa. Non bisogna mai pensare se e ma prima di fare una cosa, prima devi andare. Contrariamente ad altri tipi di giornalismo, fare fotografia significa portare la tua presenza fisica in quel posto. Quindi stare in ufficio e pensare che non ci siano possibilità di realizzare il servizio, non è possibile. Bisogna alzarsi, correre, arrivare e guardare.

Questo deve fare i conti l’attività imprenditoriale, con costi e ricavi.

In realtà per me l’attività imprenditoriale non esiste. Io sono un fotogiornalista, non un imprenditore. Ho vissuto per trent’anni di fotogiornalismo, e tutt’ora i giornali sono i miei committenti principali. La mia agenzia è strutturata per andare avanti da sola, il lato imprenditorale non ce l’ho, ho organizzato la mia struttura in modo che possa andare avanti anche senza di me.

 

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