Quelli che vanno quelli che restano

Modi, movimenti, espressioni, distinguono chi va da chi resta. Osservare un microfenomeno, come è  l’imbarcarsi sui battelli veneziani, riportandolo ad una dimensione più universale e in qualche modo astorica, riconducendo il caso specifico a più ampie generalizzazioni.*

 di Alessandra Puigserver

All’interno dello spazio urbano gli individui interagiscono attivamente e in modo continuativo sia con gli oggetti che li circondano, sia con le leggi e dinamiche proprie della città. I comportamenti, gli stati d’animo e le azioni sono il risultato, e anche la conseguenza, delle situazioni che ci si prospettano davanti ogni giorno: esse rappresentano uno scenario ben specifico, differente per ogni contesto cittadino.

La domanda da porre è se l’analisi di fenomeni che si riscontrano in situazioni particolari, spesso “uniche”, possa portare all’elaborazione di  concetti universali, rappresentativi non della situazione in sé, ma proiettati su un piano diverso, più generale.

Mariateresa Sartori, nel suo video “Quelli che vanno quelli che restano”, attraverso le riprese fatte sui battelli a Venezia, nelle ore di punta, intraprende un’indagine che va proprio in questa direzione: l’universalizzazione dell’esperienza mediante lo studio diretto delle dinamiche umane in situazioni ben precise e particolari.

 

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