Turchia, Erdogan e il senso del potere

Netta affermazione elettorale del presidente, che può governare da solo, come ha sempre voluto

di Valentina D’Amico, da Dyarbakir

Erdogan ha vinto. L’Akp ottiene il 49,6% dei consensi, con 315 seggi parlamentari su 550. Gliene mancano 15 per poter modificare la costituzione e trasformare la Turchia in una repubblica presidenziale, ma è indubbio che si tratti di un grande risultato per il presidente che riconquista la maggioranza assoluta dopo averla persa alle elezioni del 7 giugno. Il premier Ahmet Davutoglu ha definito i risultati del voto “una vittoria per la democraziazia e per il popolo”.

Il partito socialdemocratico Chp ottiene il 25,4% dei consensi con 134 seggi, i Lupi grigi dell’Mhp ottengono il 12% con 41 seggi. L’Hdp, il partito democratico dei popoli, ha rischiato di non superare la soglia di sbarramento del 10% fermandosi al 10,4%, quando a giugno aveva ottenuto il 13%.

Un risultato che il partito filo curdo assolutamente non prevedeva, sicuro che la dura repressione contro ogni forma di opposizione scatenata in tutto il paese dal governo di Erdogan dopo la sconfitta di giugno, non avrebbe potuto far altro che suscitare consapevolezza anche nei turchi. La strategia del terrore è riuscita invece nell’intento di consolidare il partito e il potere del presidente.

La giornata nel Kurdistan turco era partita con entusiasmo. In tutta la provincia di Diyarbakir, capitale curda, l’affluenza è stata altissima sin dalle prime ore del mattino e nei seggi tutto si è svolto in un clima di tranquillità tranne che in qualche distretto.

A Dicle un’intera delegazione composta da due osservatori italiani e due giornalisti taiwanesi, sono stati bloccati davanti al seggio dai militari che hanno controllato i documenti e minacciato di portarli in caserma. Alla fine solo il loro accompagnatore e traduttore curdo è stato arrestato e poi liberato dopo poche ore grazie all’intervento di rappresentanti dell’Hdp.

A Lice l’esplosione di una mina su una strada di accesso dalle campagne è stata presidiata per ore dalle forze dell’ordine ritardando il passaggio degli elettori partiti dai villaggi vicini.

Per il resto della provincia di Dyiarbakir, fuori dai seggi uno, due blindati ospitavano poliziotti sonnecchianti, alcuni si limitavano ad osservare accanto agli ingressi e già alle 11 del mattino la percentuale dei votanti era oltre il 50%. Nel distretto di Azro che conterebbe circa 17mila votanti, nel seggio numero 1037 di una scuola secondaria femminile su 185 votanti avevano votato in 111.

A Silvan, la città che in ottobre è stata costretta ad un coprifuoco di tre giorni dopo duri scontri tra Pkk e forze di polizia che hanno lasciato sul campo circa 17 militanti e 3 poliziotti, alle 13 alcuni seggi avevano chiuso i battenti avendo raggiunto il 100% dei votanti.

Zuhal Tekinen, cosindaca di Silvan era certa della vittoria. “Il 7 giugno qui abbiamo registrato l’80% dei consensi – ha detto – oggi ci aspettiamo molto di più”. Davut Yesilmen, volontario di Diyarbakir, a Silvan per accompagnareuna delle tante delegazioni di osservatori ha spiegato che “questa volta sono venute a votare anche persone che lavorano fuori e sentono la responsabilità e la necessità del voto”. Ed è davvero la sensazione che si ha girando per i seggi e parlando con gli elettori è quella di una probabile grande affermazione dell’Hdp in questi territori.

Sadiya, una ragazza di 19 anni, due grandi occhi color nocciola disegnati dall’eyeliner, le labbra laccate di rosso, è vestita a festa, con la gonna nera che la copre fino alle caviglie, la giacca bianca che le disegna i fianchi, il capo coperto da un velo bianco che contrasta con il nero corvino dei capelli, a cornice di un viso di bambina, pulito, dolce. Ha voluto a tutti i costi mettere, anche lei, oggi il timbro sulla scheda elettorale.

Arriva al seggio di Hazro, nella provinciandi Diyarbakir accompagnata dagli attivisti del Bdp, il partito filo curdo impegnato a livello locale, costola dell’Hdp, che la scortano per proteggerla dalla famiglia del suo ex marito che non le perdona il divorzio. “Mi sono sposata a 15 anni e ho una figlia di 3 – racconta – in passato qui molte donne subivano violenze continue da parte del marito, oggi molto meno. L’Hdp e le altre organizzazioni filocurde lavorano per favorire la parità tra uomo e donna. Oggi io ho trovato il coraggio di reagire e grazie ad un’associazione di difesa dei diritti delle donne sto cercando lavoro”.

Alla chiusura ufficiale dei seggi, alle 16, è a Silvan insieme a decine di uomini e donne attivisti, a seguire i risultati degli spogli inviati in tempo reale dai rappresentanti elettorali nei vari seggi e prontamente sintetizzati e proiettai dal computer portatile di un militante sul muro bianco e della sede del Bdp. E i primi risultati sono confortanti.
Tornando a Diyarbakir l’interprete felice dice “grande festa ci sarà stasera per le strade di Diyarbakir” e, entrando in città, incrociamo qualche auto strombazzante, foderata di manifesti e bandiere col simbolo dell’Hdp.

I risultati degli spogli che arrivano lesti in serata confermano l’alta affluenza alle urne in tutta la Turchia, l’87,2% dei 54 milioni di elettori. Sugli schermi delle televisioni però le cifre relative ai voti suscitano questa volta incredulità, desolazione. L’Hdp non solo non aumenta i consensi nel suo territorio, ma addirittura non riesce neanche a confermare l’80% ottenuto nella precedente tornata.
A parte qualche scaramuccia davanti alla sede del partito, la città per stasera tace.