Maledetti fotografi: Francesco Cito

Intervista di Enrico Ratto, Maledetti Fotografi

Francesco Cito, qualche anno fa a Perpignan Don McCullin ha detto noi reporter di guerra abbiamo fallito, non siamo riusciti a cambiare niente.

Non è vero. Forse è così nel presente, ma nel passato il fotogiornalismo ha avuto una sua forte valenza. La strage di Mỹ Lai in Vietnam è stata conosciuta dall’opinione pubblica americana grazie al lavoro dei fotogiornalisti. Eugene Smith, con il suo lavoro su Minamata, ha portato alla luce i versamenti inquinanti nelle acque di quei territori. Ci sono decine di esempi.
Probabilmente il fotogiornalismo è diventato ininfluente oggi perché i media hanno smesso di fare informazione, soprattutto una certa carta stampata.
Non ci sono più i contenitori, ma i fotogiornalisti continuano ad esserci, solo che fotografano storie che non trovano poi spazio sui giornali.

Manca il committente?

Chi ha fallito è l’editoria, non il fotogiornalismo.

L’editoria in generale o l’editoria italiana?

L’editoria italiana non ha mai avuto voce in capitolo in termini internazionali. In Italia la figura del fotografo non è mai stata considerata, quando andavo in giro con un giornalista, il più delle volte io ero il suo fotografo, e, non il collega fotogiornalista.

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