Cupe vampe

La strage di Parigi deve chiamare tutti a risposte nuove e coraggiose, nessuna violenza ci metterà al sicuro

di Christian Elia

“Di colpo si fa notte, s’incunea crudo il freddo, la città trema, livida trema”. Parigi, a dieci mesi dall’assalto alla sede di Charlie Hebdo, è di nuovo insanguinata. Le cupe vampe che ci attorniano, però, non schiariscono la notte. Una notte fonda, dove non si distinguono le figure che si muovono nell’ombra.

Ma si sente bene il loro rumore. Il loro sguaiato verso. Oggi il quotidiano Libero titola: “Bastardi islamici”. Ed è un modo di cambiare senso, perché i bastardi hanno reso il mondo migliore. Come ogni meticciato. Lo sanno anche loro, ma serve a confondere, a smarrire gli innocenti nella notte. Perché lo sciacallo non lo vedi, ma senti il suo ululare.

E gli sciacalli sono gli stessi. Sono quelli che nel 2001 hanno dichiarato atto di guerra la strage di New York, sono quelli che hanno inventato le armi di distruzione di massa in Iraq, sono quelli che hanno chiamato ‘umanitarie’ le guerre e ‘clandestini’ gli esseri umani. Anche oggi chiameranno alle armi, che loro non porteranno mai, perché in guerra ci mandano gli altri e loro fanno affari.

Sono i manager dietro i 54 miliardi di euro di armi italiane vendute nel mondo, e che qualcuno userà, sono i costruttori di muri, pronti a muoversi come il cane di Pavlov per festeggiare la caduta di quello di Berlino. Sono i politici che non aspettano neanche di capire cosa è accaduto per berciare di frontiere chiuse e bombardamenti, sono i giornalisti che si prestano a tutto questo, rilanciando campagne di odio e cultura del sospetto per tutti ‘gli altri’.

Dopo quindici anni di guerra al terrore, il mondo è profondamente più insicuro. I paesi falliti, in mano a bande di sciacalli, sono sempre di più. La violenza contro gli inermi dilaga ai quattro angoli della terra, diventando l’unica soluzione per un numero sempre maggiore di persone.

Ogni giorno perdiamo un pezzo di anima. A cominciare dal fatto che siamo ormai anestetizzati dall’idea che una vita non vale un’altra, a seconda della latitudine dove si nasce. E si muore. Dallo Yemen alla Palestina, dalla Siria alla Libia, dall’Ucraina all’Iraq, passando per l’Africa massacrata. Nessuno cambia la sua foto facebook, nessuno s’indigna, nessuno si mobilita.

Questa è già una grande vittoria per gli sciacalli. Perché possono, non smentiti, latrare che per i privilegiati del mondo, non hanno alcun valore le vite altrui. E se un drone, sbagliando cento volte, becca uno dei cattivi, va bene. E si fottano i 99 innocenti.

Il nostro nemico sono gli sciacalli. Quelli che sono pronti, per un interesse strategico, a dire che al-Sisi è un partner affidabile, quelli che sono pronti a riaprire l’ambasciata di Assad in Italia. Perché ogni volta che, nella notte, ci fidiamo degli sciacalli, ci perdiamo sempre di più.

Ogni profugo in fuga, ogni migrante è un nostro alleato contro gli sciacalli. Ogni siriano, egiziano, libico e iracheno che chiede libertà è un nostro alleato. Perché i diritti, per tutti, sono l’unico vero modo di fare luce. Perché nessuno potrà ululare nascosto, se viene smascherato.

Ma abbiamo accettato che venissero create distanze sempre più grandi, proprio tra le vittime. Che non si capiscono più, che si temono, che si guardano in cagnesco. Senza capire di essere prede degli sciacalli. Si allontanano, si sfaldano, rendendo agli sciacalli più facile l’assalto.

Ogni sfruttato, ogni escluso, sempre più, rischia di diventare un assassino. Ogni disperato, può essere preda dei venditori di paradisi, se non riesce a vedere un’alternativa. Siamo pronti a farlo? Siamo pronti a rinunciare a pezzi del troppo, per fermare gli sciacalli? Difficile dirlo. Perché se oggi si dovesse fare qualcosa, bisognerebbe chiudere domani stesso le relazioni diplomatiche con l’Arabia Saudita. E non firmare nessun accordo con l’Iran fino a quando non ritira le truppe dalla Siria.

Non ricevere al-Sisi come uno statista, non vendere l’anima a ogni diavolo che ha uno straccio di giacimento da offrirci. E chiudere Guantanamo, e fare giustizia per tutte le stragi di innocenti in giro per il mondo. Quelle che ogni giorno hanno ingrassato, negli ultimi quindici anni, le file degli sgherri manovrati come automi dagli sciacalli. Perché di geopolitica si muore come di terrorismo.

Fino ad allora vivremo nell’illusione della sicurezza, che non c’è stata mai e non ci sarà, bombardamenti o meno, frontiere chiuse o aperte, società militarizzate o meno. Perché più avremo paura di guardare chi si muove nella notte, più gli sciacalli avranno gioco facile.