Occhio non vede

Cronache dalle visioni negate della città, sperimentiazioni tra giornalismo e teatro

di Gabriella Ballarini
foto di scena di Simone Boiocchi

Occhio non vede.
Così abbiamo intitolato questo atto, questo passaggio. L’occhio che non vede e va oltre, l’occhio che non indaga e si nasconde.
Teatro degli incontri ha deciso di vivere la città nascosta che nascosta non è, ha indagato l’immagine pubblica che diventa pubblica rinnegazione dell’ovvio.

In un rincorrersi di grottesca e poetica parola parlata e danzata e di cecità vera e immaginata i 40 attori e attrici hanno riempito la Cattedrale dello spazio Fabbrica del Vapore di Milano dalle 18.00 alle 23.30 di un sabato di Dicembre dell’anno ormai passato.

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L’apertura è stata affidata alla messa in scena di un quadro di Bruegel dal titolo: “La parabola dei ciechi” con una poesia scritta da Gigi Gherzi:

Sono sei ciechi. Sono tutti in fila.
Il primo cieco della fila cerca di guidare altri ciechi.
Ogni tanto cadono, si fanno male.
Poi si rialzano e ricominciano ad andare.

Il primo è cieco. Se gli chiedi come mai è cieco,
nasconde gli occhi e non dice niente.
Il secondo è cieco. Gli occhi glieli hanno strappati.
Il terzo è cieco. I suoi occhi sono diventati opachi.
Lui dice: per troppo dolore. Lui dice: non ho avuto più voglia di guardare.

Sono sei ciechi. Sono tutti in fila.
Il primo cieco della fila cerca di guidare altri ciechi.
Ogni tanto cadono, si fanno male.
Poi si rialzano e ricominciano ad andare.

Il quarto cieco: i piccoli muscoli degli occhi,
a forza di non voler vedere, si sono atrofizzati.
Il quinto è cieco dalla nascita.
Il sesto è cieco. Colpa di una malattia infettiva
Che c’è in giro. Se ti contagia, non vedi più.

Sono tutti ciechi.
Ognuno pensa di essere un po’ meno cieco dell’altro.
Per questo prende la guida del gruppo
E tira, tira.
Fino alla prossima caduta.

Il pubblico è stato accolto da questo mondo bizzarro di cecità e preso per mano dagli attori, un po’ bizzarri, un po’ come me e come te.

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Uomini e donne agonizzanti, uomini e donne finalmente liberi di dirsi disorientati. E in questo disordine è arrivato anche Q Code Mag con una parte dedicata al giornalismo. Il dibattito è nato proprio sulle pagine di questo giornale, interrogando il pubblico, interrogando lettori e giornalisti. Quello che è venuto fuori? Altre domande ancora, forse ancora più confusione, forse.

Ma il progetto “City of Prometheus” è ancora aperto e andrà avanti nei prossimi mesi, aperto anche a voi che state leggendo queste parole, Teatro degli Incontri vive di incontri, quindi siete benvenuti se vorrete venirci a trovare a Milano dalla metà di Gennaio. Continua il progetto con gli adolescenti a Bergamo e a Milano e anche la vita dentro il residence sociale Aldo dice 26 x 1 di Sesto San Giovanni.

Incontrarsi significa interrogarsi, come il signore che guarda le vetrine interpretato da Nicola o la giovane donna che fa acquisti usando “the wall” urlata da Caterina o come Moreno che ride e sorride alla sua cecità. Poi c’è Adriana che cammina in Viale Monza come un’estranea guardatrice di passanti dalla finestra, oppure Ilaria, che si mette in coda e si tappa gli occhi.
Ad un certo punto, mentre tutti i ciechi erano fermi in un grido, si sentono queste parole:

Io faccio fatica per fare tutto, fatica a vestirmi, Donzel,
fatica a mangiare, fatica a dormire e per fare l’amore,
fatica a guardare la brina a febbraio
come fosse la prima fiorita erba d’aprile,
fatica a dimenticare che di noi resterà
un levarsi nel buio senza fatica
un posarsi nel buio,
col niente davanti, senza aver niente dietro.

Pierluigi Cappello

Le visioni dalla città nascosta continuano.
Vi racconteremo ancora, sulle pagine di Q Code Magazine.