Colonna destra 2015 / Gabriele Battaglia

LA COLONNA DESTRA DEI SITI MAINSTREAM ITALIANI È IL TRIONFO DEI CLICK E LA MORTE DEL CONTENUTO IN RETE. DAI CASTORI CHE BALLANO ALLE ANATOMIE DEI CORPI ESIBITI IN FINTI SERVIZI RUBATI

Q Code Mag affronta la sonnolenza postprandiale che caratterizza alcune date clou di queste feste, o il senso dilatato delle giornate natalizie e di inizio anno, con una carrellata di consigli fra lettura, video, cinema, facezie o spunti per svuotare la scatola cranica. O riempirla di contenuti di quel bellissimo concetto dei nostri avi, che veneravano l’otium come occasione di crescita personale

di Gabriele Battaglia

Mentre Ursula veniva fatta fuori, io incontravo i suoi angeli della morte. E avevano la faccia da bambini. Ursula era la corrispondente a Pechino di Novelle Observateur. È stata espulsa dalla Cina per un articolo da lei scritto il 18 novembre, subito dopo gli attentati di Parigi.

Nel pezzo, sosteneva che la solidarietà espressa in quei giorni dalla leadership cinese alla Francia fosse molto poco spontanea: serviva a Pechino per inserire nella lotta globale al terrorismo anche i propri problemi in Xinjiang, la regione più occidentale del Paese, dove un conflitto sotto traccia tra uiguri – turcofoni e musulmani – e Cinesi Han provoca centinaia di morti da anni.

Ursula distingueva tra gli attentati premeditati a freddo dalla cellula jihadista di Parigi e le esplosioni di violenza che periodicamente lasciano morti e feriti sul terreno cinese, per lei frutto di oppressione e discriminazione.

Materia controversa. In Cina, non solo a livello ufficiale, è diffusa l’idea che l’Occidente applichi due pesi e due misure quando si parla di “terrorismo” [parola che, nel caso ve ne fregasse qualcosa, lo scrivente non utilizza MAI, sulla falsariga del buon, vecchio maestro Bob Fisk].

Ma tesi che più o meno ogni corrispondente straniero in Cina ha sostenuto a turno negli ultimi anni, questa volta sono valse a Ursula una campagna denigratoria sul nazionalista Global Times – e poi anche su China Daily – e quindi il mancato rinnovo della tessera da giornalista, che fa scattare in automatico la negazione del visto.

Quella di Ursula è la prima espulsione dal caso Melissa Chan del 2012 e – per quanto mi risulta – l’unica motivata esplicitamente con il contenuto di un articolo. Nelle ultime settimane ha incontrato per tre volte i suoi”angeli custodi” del ministero degli Esteri cinese, che le hanno chiesto di esprimere scuse formali “per la sua offesa al popolo cinese” e di prendere le distanze dalle organizzazioni internazionali che durante le ultime settimane hanno denunciato il suo caso (silenzio, invece, dal governo francese). Ursula non ha ceduto e si è messa a fare le valigie.

Bene, proprio in quei giorni, anche io incontravo i miei due “angeli custodi”. E probabilmente sono gli stessi di Ursula. L’ho chiesto io, li ho cercati: loro sanno che faccia ho, volevo vederli in faccia pure io.

I giornalisti stranieri in Cina sono “seguiti” da uno o più funzionari dell’International Press Center (IPC) – un’agenzia del ministero degli Esteri – che sanno tutto di loro. Sono suddivisi per Paese o area geografica, secondo criteri imperscrutabili.

Per esempio, ce ne sono due per l’Europa, ma Germania e Gran Bretagna ne hanno uno a testa, separatamente. Probabilmente un trattamento di riguardo che fotografa realisticamente i rapporti di forza nel Vecchio Continente. Ho recuperato i contatti, ho spedito loro un sms e mi hanno risposto subito, dandomi appuntamento in un Costa Coffee di fianco al ministero.

Sono arrivato in anticipo, ho aspettato cinque minuti e, quando sono comparsi guardandomi sorridenti da lontano, mi sono trovato davanti una “lei” e un “lui”, giovanissimi, gentili, premurosi. Hanno pagato il caffè e mi hanno omaggiato di un libro. Questo: http://www.amazon.com/XI-JINPING-GOVERNANCE-English-Version/dp/7119090577

Ci sono capitoli tipo “Socialismo secondo caratteristiche cinesi” e “Stato di diritto”, ognuno è una raccolta di discorsi del presidente Xi sull’argomento. Poi mi hanno anche regalato l’edizione 2015, appena appena pubblicata, dei “China facts”: dati e riassunti schematici di tutto ciò che c’è da sapere sulla Cina, dai numeri sulla crescita alle relazioni internazionali.

Con i miei due angeli ho conversato amabilmente per un’ora, un po’ in cinese e un po’ in inglese. Mi hanno raccontato le loro vite di funzionari-ragazzi, il fatto di sentirsi fortunati perché possono viaggiare all’estero, la convinzione che la Cina sia ancora un Paese in via di sviluppo e che “ci vorranno cent’anni” perché compia la sua grande transizione.

Mi hanno detto: “Noi abbiamo scelto di stare nel sistema, ma vediamo quante pressioni hanno i nostri capi. Quanto sono stressati. Non vogliamo diventare come loro, preferiamo fermarci un attimo prima”.